MONTEFORTE- “Stavamo io e Costantino Giordano e abbiamo consegnato settantamila euro in contanti a Nicola Galdieri, come era stato stabilito nell’incontro con Aprile Armando e lo stesso Galdieri qualche tempo prima. Avremmo poi dovuto pagare duemila euro in contanti ogni mese. Praticamente ogni mese, dagli incassi del ristorante, venivano versati in contanti duemila euro a Costantino Giordano che li consegnava a Galdieri. In tutto dovevamo versare 120mila euro a Galdieri affinche’ Aprile non partecipasse all’asta per il ristorante. Ad un certo punto siamo andati per vie legali ed è stato sospeso il pagamento. Quando ci siamo divisi, Giordano ha fatto scrivere dai suoi legali. In quella circostanza, dato che non c’era la possibilità di pagare in contanti chiesi che fossero fatturate le somme. Quelle emesse dalla società Ni.re che non aveva però mai avuto realmente rapporti con la società che gestiva il ristorante”. Gennaro Pascale, socio di fatto (perché le quote della Monteforte Srls erano intestate a sua moglie) rispondendo alle domande del pm antimafia Anna Frasca ha confermato in aula, davanti al Collegio presieduto dal giudice Sonia Matarazzo le accuse nei confronti del suo ex socio, l’ex sindaco di Monteforte Irpino Costantino Giordano e nei confronti di Nicola Galdieri, Armando Aprile e Renato Freda. Il processo è quello nato dalle dichiarazioni di Livia Forte e condotto dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino. Il processo per l’asta del ristorante Pagliarone è quello a carico di Galdieri Nicola, difeso dagli avvocati Gaetano Aufiero e Claudio Davino, Aprile Armando Pompeo, difeso dagli avvocati Alberico Villani e Roberto Saccomanno, Freda Renato, difeso di fiducia dagli avvocati Patrizio Dello Russo e Ferdinando Letizia, Costantino Giordano, difeso dagli avvocati Rocco Antonio Briganti e Gerardo Di Martino che rispondono a vario titolo di di estorsione aggravata dal metodo mafioso e riciclaggio nei confronti degli stessi. Come si ricorderà il sindaco di Monteforte Irpino Costantino Giordano, e’ accusato di aver concorso insieme al presunto boss del Nuovo Clan Partenio Nicola Galdieri all’imposizione di una quota di 120 mila euro per consentire che l’asta fosse aggiudicata dalla Monteforte Srls.
RIGETTATE LE QUESTIONI DELLA DIFESA
Gennaro Pascale andava sentito come persona offesa e teste o come indagato in procedimento connesso? E’ la questione simile a quella del processo Aste Ok posta dalla difesa, in particolare dal penalista Gaetano Aufiero: “Premesso che la questione che sto per affrontare davanti al Tribunale è stata sollevata in istruttoria preliminare per testimoniarla sarà allegato il verbale, evidentemente non afferisce al mezzo di prova di Pascale Gennaro ma alle modalità della testimonianza. La questione già sollevata dinanzi al processo Aste Ok, afferisce alle modalità della testimonianza che non potrebbe essere assunto come testimone, non come persona informata sui fatti ma persona iscritta nel registro degli indagati. La questione è stata sollevata nel processo che ha riguardato le aste presso il Tribunale, per come devono essere esaminate le presunte persone offese. La questione è molto semplice. Testimoni che, pur avendo dichiarato un’attività concorsuale nella turbativa d asta in virtù del fatto che, avendo subito un’azione estorsiva erano vittime e non concorrenti. L’esecutato benché concorrente dunque era vittima. In questo processo parliamo di una vicenda apparentemente analoga ma diametralmente diversa. Nello specifico non abbiamo di fronte un soggetto che perde la casa ma abbiamo degli imprenditori che hanno investito dei soldi nell’attività si ristorazione e hanno poi scoperto che l’immobile era all’asta e quindi hanno versato dei soldi per aggiudicarsela. La stessa medesima condotta di Giordano Costantino che è stato invece indagato nonostante una condotta analoga a quella di Pascale e Chiumiento. Al di là di quelle che sono state le valutazioni del pubblico ministero, devo richiamare la giurisprudenza delle Sezioni Unite che non consente che il pubblico ministero decida chi iscrivere e chi meno per conservare una fonte dichiarativa. Il Tribunale una valutazione deve pure farla, perché a mio avviso ha una potere di sindacare la scelta del pubblico ministero”. Questione su cui e’ intervenuto anche il penalista Gerardo Di Martino: “Segnalando oltre a quello che ha già dedotto dal collega Aufiero, nel momento in cui il teste inizierà a parlare degli accordi e di quanto avvenuto dovrete applicare l’articolo 63, per cui già in questa sede già valutare una escussione ex 210″..
Per la pm antimafia Anna Frasca, sollecitata anche dalla presidente Sonia Matarazzo a rappresentare: come mai il pm non abbia mai indagato queste persone” la risposta alle tesi della difesa e’ stata chiara: “Le sue dichiarazioni (riferite al teste Pascale) non sono state ritenute autoindinzianti, perché diamo nell ipotesi in cui una persona aderisce alla richiesta dalla lettida dei verbali e dalle dichiarazioni rese e dai video non si ravvisavano elementi autoindizianti”. L’ avvocato Roberto Saccomanno, difensore di Aprile ha segnalato come: “dinanzi allo stesso tribunale a proposito delle modalità con cui vanno sentiti i testimoni come questi. In particolare vi richiamo il Tribunale di Avellino ha ascoltati quegli imputati come testi. In realta’ all esito ci si è resi conto che effettivamente gli esecutati e non i testimoni erano quei soggetti che andavano sentiti come indagati in procedimento connesso”. E l’avvocato Di Martino ha integrato le sue osservazioni aggiungendo che: “alla luce di quanto prodotto il pubblico ministero che non sono mai stati iscritti sono in pieno concorso con Giordano Costantino nell asta Pagliarone. Rientra o non rientra nell articolo 12 lettera a dovranno essere garantite facoltà difensive”. Il Tribunale ha rigettato la richiesta.
LA TESTIMONIANZA
Pascale ha raccontato su domanda del pm Frasca che da prima dell’estate 2015 aveva ricevuto sollecitazioni ad entrare nella gestione del locale e aveva iniziato a stare un po la sera presso lo stesso per verificare cosa fosse necessario e farsi un’idea di come funzionasse: ” Una sera sono stato al locale e c’era una tavolata che non hanno pagato e vengo a sapere che Carlo Dello Russo era uno dei soci”. E piu’ precisamente gli fu riferito che ” se la vedevano loro”. Una verifica per cui gli disse ” che il locale doveva chiudere. Stavo la per capire, in quel momento non ero nessuno, stavo la per capire.Per questa situazione Costantino Giordano si lamentava in continuazione. Gli dissi che di questa situazione non mi interessa. Avevano aperto una parte del locale dove non c’era ancora una procedura di esecuzione. Successivamente c’è stata una nuova procedura. Successivamente diedi delle indicazioni. Se vogliamo fare una società servono soldi ed un piano, perché il locale non ci sono le condizioni per andare avanti. Facemmo una società nuova e io chiesi a Giordano quale fosse il suo ruolo nella società. Ci fu anche un incontro con Carlo Dello Russo per discutere su queste cose. Ci fu un incontro con Carlo Dello Russo dove andai insieme a Costantino Giordano alla sua autorimessa a Rione Mazzini. La mia posizione era quella di avere persone pulite nella società per non avere problemi con le banche. Per fare questo investimento c’è una somma cospicua e un piano di investimento. Parliamo di una struttura da 500 posti. Questo accadeva dopo l’estate del 2015. Tutto quello antecedente alla costituzione della nuova società, intervenuta a novembre del 2015, non interessava né a me né all’altro socio”.
Da novembre 2015 c’è la nuova società e Pascale racconta: Il locale inizia a lavorare e nel frattempo iniziamo a fare anche dei lavori. Quando ho fatto l accordo con la Cueatela ho detto che ci sarebbero voluti almeno 3 o 4 anni. I rapporti erano buoni e Giordano si fidava di me. Non c’erano contrasti. Dopo vengo accusato di aver approfittato di qualcosa con fornitori, come se avessi approfittato di qualcosa. I problemi sono iniziati quando l’immobile va all’asta. Parliamo sempre della parte per cui avevamo il contratto di fitto. Allora mi attivo con le mie conoscenze e ai rapporti bancari a reperire questi fondi per partecipare all’asta. Già precedentemente c’è stato qualche screzio e sono stato chiamato dai Carabinieri dove sono stato convocato nel 2017. Nel momento in cui ci apprestiamo a questo discorso dell’ asta succedono delle cose spiacevoli. Lui a mia insaputa fa un incontro con Armando Aprile al ristorante dopo che c’era stato un sopralluogo dello stesso . Ci disse che dovevano essere versati dei soldi e Chiumento disse che non accettava. Giordano diceva di non creare problemi e di accettare. Alla abbiamo versato più di 70mila euro e sono stati consegnati a mano da Costantino Giordano. Successivamente dovranno consegnare duemila euro al mese che consegnava sempre Costantino Giordano. Allora decido di fare fare delle fatture, che venivano emesse dalla Ni.Re , che non ha mai avuto rapporti con il Pagliarone e sono tutti documentati dal commercialista”. In aula si torna il 13 settembre per il controesame.
LE INDAGINI
Gli accertamenti sono stati condotti dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino, all’epoca dei fatti agli ordini del maggiore Pietro Laghezza confluiti in una informativa di circa 500 pagine dopo la delega di indagine della Dda di Napoli per accertare le accuse rivolte sulla vicenda. Tutto nasce dalle dichiarazioni rese nel dicembre del 2020 al pm Antimafia Henry Jhon Woodcock da Livia Forte, imputata nel processo Aste Ok, che aveva rappresentato come nel luglio del 2017, precisamente il 19 luglio, si erano recati presso il ristorante Its Ok Nicola Galdieri e Costantino Giordano (circostanza smentita dallo stesso Giordano in aula) e che gli era stato imposto di non rilanciare l’offerta perché il locale andava aggiudicato a Giordano (circostanza smentita durante l’esame in aula di Giordano, che al ristorante si sarebbe recato da solo, senza mai coinvolgere Galdieri e dopo che gli aveva parlato dell’interesse all’asta della Forte proprio il suo socio Gennaro Pascale). Il giorno dopo, il 20 luglio, davanti alla giudice Patrizia Grasso era stata battuta l’asta. Aggiudicata per una differenza di 100 euro dalla Monteforte Srls (quella in cui erano soci Stellato Leondina, moglie di Gennaro Pascale, Costantino Giordano e Vito Chiumento). Nello specifico si trattava di un’offerta di 409.380 euro della Lara Immobiliare e 409.480 euro della Monteforte Srls. Una circostanza sospetta per gli inquirenti, considerando che una leader delle aste come la Forte non rilanciasse per una offerta così irrisoria. In buona sostanza una “desistenza” insolita per una “professionista” delle aste immobiliari come la Forte. Le dichiarazioni della Forte avrebbero poi trovato riscontro nelle dichiarazioni rese dall’ex socio di Giordano, che ascoltato a sit dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Avellino, aveva riferito di aver consegnato una somma in contanti di 70mila euro nelle mani di Galdieri Nicola e che i restanti 50mila euro sarebbero stati versati in rate da 2000 euro mensili. I Carabinieri avrebbero trovato riscontri negli accertamenti bancari, visto che dopo i primi sei mesi versati in contanti, sarebbe stato usato il metodo di una fattura per lavori eseguiti nel ristorante dall’impresa di costruzioni di Renato Freda, la Ni.Re, finita sotto inchiesta nel processo per il Nuovo Clan Partenio e in questa indagine e’ accusato di riciclaggio aggravato dal metodo mafioso (visto che le rate per circa ventiduemila euro corrisposte a Galdieri sarebbero passate secondo le indagini attraverso la sua impresa di costruzioni). Due fatture. Una da duemila euro e una da quindicimila euro. Riscontri a cui si sarebbero aggiunti anche contatti tra lo stesso Giordano e elementi di primo piano del Nuovo Clan Partenio, a partire da Carlo Dello Russo e lo stesso Nicola Galdieri. Contatti che anche nella sua lunga deposizione in aula lo stesso Giordano non ha smentito, come è noto, riferendo però che non aveva mai chiamato in causa Galdieri per la vicenda dell’asta per il locale di Monteforte Irpino e che era stato lo stesso Pascale a prendere contatti con la Forte per evitare il suo interessamento all’asta.