Arrigo Sacchi, Avellino… il terremoto… i giocatori dell’Avellino.

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arrigo sacchi Avellino
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Arrigo Sacchi e l’Avellino. Qualche incrocio, anche importante. Soprattutto, a inizio carriera. A livello di Primavera, per la prima volta. E poi, il Rimini, che qualcosa dall’Avellino aveva preso.

Arrigo Sacchi, Avellino, l’Avellino, i giocatori dell’Avellino.

Il tutto, nelle sua parole.Quelle di Calcio Totale, la biografia edita da Mondadori (284 pp., 18 euro), un excursus lungo la vita calcistica del Profeta di Fusignano, autentico rivoluzionario della panchina, per qualcuno (il sempre autorevole Times) <il miglior allenatore italiano di tutti i tempi>.

Il primo incrocio, ai tempi del Cesena. Sacchi sulla panchina dei romagnoli, in finale di Coppa Italia (a livello Primavera) contro un Avellino zeppo di gioielli, da De Napoli a Maiellaro.

Due grandi squadre, una splendida doppia finale.

Per Sacchi, il successo da cui partire per una brillante carriera. Ma pure le iniziali avvisaglie di uno stress da panchina portato all’eccesso, quel nemico che anni (e trionfi) dopo lo avrebbe convinto ad abbandonare il mestiere di allenatore.

E lui ricorda, dalle pagine di una bella biografia:

<In questi anni cominciai ad avvertire anche i primi segni della tensione e dello stress.  Per un certo periodo soffrii anche di labirintite. Mi piaceva allenare, ero concentrato sul lavoro, cercavo di dare molta della mia energia ai giocatori. Ma tutto questo aveva un prezzo. Nel 1981-82 vincemmo il nostro girone a andammo in semifinale battendo l’Inter; la finale dovevamo giocarla con l’Avellino, dove andammo per la partita d’andata. A novembre in Campania c’era stato un tremendo terremoto che aveva sconvolto tutta la regione, con quasi tremila morti. La nostra squadra alloggiava in un albergo che ospitava una donna che, per la paura, non riusciva più a dormire a casa sua. La notte prima della partita ero molto agitato e non riuscivo a prendere sonno. Mi rigiravo nel letto pensando ai giocatori, alla finale. Ero continuamente in dormiveglia, e i sogni si mescolavano alle azioni de ragazzi. Come capita spesso in queste situazione, devo aver fatto un sogno che mi portò a urlare, come facevo spesso da bambino. Mi ritrovai seduto sul letto, nel buio della stanza, il cuore a mille. La signora che dormiva nello stesso albergo senti l’urlo e, per la paura, scappò nuda in strada temendo il terremoto. Qualcuno poi si lamentò credendo che avessimo fatto uno scherzo, in realtà ero io che già cominciavo a manifestare forti segni di disagio. E non ebbi il coraggio di confessare che le urla di quella notte nascevano dalla parte più oscura e profonda della mia anima>.

Quella doppia sfida il Cesena di Sacchi l’avrebbe vinta e l’anno dopo il futuro allenatore del Milan sarebbe approdato al Rimini, in serie C. E di quell’Avellino avrebbe portato con sé qualcuno, per cominciare la sua nuova avventura. Innanzitutto, un giovane De Napoli:

<Acquistammo dalle giovanili dell’Avellino Fernando De Napoli, appena diciottenne: con il Rimini iniziò la sua carriera, approdando poi alla prima squadra dell’Avellino e successivamente al Napoli e alla Nazionale maggiore, arrivando terzo ai Mondiali del 1990>.

De Napoli, ma non solo.

<Prendemmo dall’Avellino anche il giovanissimo Marco Pecoraro Scanio, che poi fece una lunga carriera nel Cagliari, Genoa, Salernitana, Ancona e Lecce>. E nel libro, non è segnalato un altro giovanissimo di provenienza biancoverde: Sabatino Saveriano, altro irpino alle dipendenze di Sacchi a Rimini>.

Due stralci, altrettanti incroci, tra Sacchi e l’Avellino. Due passaggi importanti, di carriera e di vita.

Altri ce ne sarebbero stati, in serie A: sfide tra il grande Milan di Sacchi e una delle grandi provinciali del calcio italiano.

Nel libro, di incroci Arrigo Sacchi ricorda solo quei due: i più importanti, dal suo punto di vista.

 

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