Il “debutto alcolico” in Campania sembra essere sempre più precoce: più della metà dei ragazzi, infatti, dichiara di aver bevuto il primo bicchiere tra gli 11 e i 14 anni (52,8%). Oltre la metà a 11-19 anni beve ‘qualche volta’ (51,6%), mentre l’8,2% lo fa ‘spesso’. Sono numeri allarmanti quelli resi noti di recente dalla Commissione comunicazione e dal Cug dell’Ordine dei Medici di Napoli. Partendo da questi numeri – che ci restituiscono già un quadro di massima abbastanza chiaro – abbiamo provato ad approfondire la situazione in provincia di Avellino.
L’Irpinia e il “rito” dell’iniziazione
Nelle zone rurali, in particolare, della nostra provincia, c’è una sorta di “rito casalingo”. “Il primo bicchiere di vino, il primo assaggio avviene verso l’età di 8 anni”, afferma Luigi Perna, dirigente medico, Responsabile UOS Alcologia dell’Asl di Avellino. “I nonni oppure gli stessi genitori – prosegue – avvertono questa strana esigenza di far bere i piccoli di famiglia, maschi in maggioranza, a quest’età. Certo, si tratta di piccoli assaggi, ma la cosa non deve essere per niente sottovalutata, come avveniva in passato. Innanzitutto perché la stessa Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda che è necessario iniziare a bere alcool in un’età che sia la più avanzata possibile. Inoltre, con l’iniziazione si può creare una vera e propria spinta verso il consumo di bevande alcoliche. Anche perché il ragazzino, a quell’età molto influenzabile e con un sistema nervoso vulnerabile, associa le cose belle al bicchiere di vino. Ed è un pericolo”. Possiamo dunque affermare che, in diverse zone dell’Irpinia, il “primo” bicchiere lo si beve già a 8 anni.
I consumi abituali
In Irpinia si diventa consumatori abbastanza abituali di bevande alcoliche verso i 14 anni. La fascia a “rischio” è 14-16 anni, per la precisione. “La fase adolescenziale è quella più preoccupante”, sottolinea Perna. “Soprattutto nei paesi, mancando centri di aggregazione, i ragazzi si ritrovano davanti al bar. Ed è qui che cominciano a seguire il leader, cominciano ad imitare quelli un po’ più grandi di loro per spirito di emulazione e per non sentirsi isolati o inferiori. I veri pericoli sono due: il gioco d’azzardo e l’alcol. Il più delle volte, purtroppo, le due cose camminano di pari passo”.
Lo “sballo del sabato sera”
“Nel corso dei fine settimana – afferma Perna – i ricoveri al Pronto Soccorso per abuso di alcol aumentano in maniera vertiginosa. I giovani perdono letteralmente il controllo”. I pericoli, purtroppo – secondo l’Ordine dei Medici di Napoli – , sembrano aumentare quando chiudono le scuole, con l’arrivo dell’estate. Il dossier rivela un altro aspetto allarmante: l’identikit dei giovani a rischio non è quello di ragazzi problematici, bensì “normali adolescenti che purtroppo non percepiscono il pericolo, vivono tutto questo in modo inconsapevole, in preda a un senso di emulazione che fa venire meno quello del rischio”.
La “moda” del branco
“E’ soprattutto il gruppo che ti spinge a bere”, dice Perna. “Quando si è in compagnia, si fa di tutto per farsi accettare. Ormai la consuetudine è di cominciare a bere, di omologarsi agli altri. Si fa tutto ciò che fanno gli altri, si segue la moda. Quindi è quasi normale cominciare a bere presto. Però, a differenza di Napoli o del resto della Campania, nella nostra provincia l’età media di inizio si alza leggermente. A parte l’iniziazione dei paesini rurali, i primi bicchieri di alcol cominciano ad essere assunti all’età di 14 anni”.
Donne e alcol
La “forbice” tra uomo e donna si è ridotta. E di molto, putroppo. “Prima – spiega Perna – il numero di ragazzine che beveva era esiguo. Oggi, invece, anche le giovani cominciano a bere molto presto, anche loro verso i 14 anni. Per il consumo di alcol, ogni disparità sembra essere caduta. Le donne bevono quanto gli uomini. Non c’è più quella forbice di prima”.
I possibili rimedi
“Occorre tenere in considerazione che nell’età adolescenziale è una prassi trascorrere buona parte della giornata fuori casa”, avverte il dottor Perna. “Quindi la prima cosa che consiglio ai genitori, è di non assumere il ruolo di investigatori privati. Bisogna porre dei limiti, delle barriere, questo è ovvio, ma in maniera intelligente. E’ importante avere un dialogo con i propri figli, continuo e costante. Soprattutto, nei loro confronti mai porsi in maniera giudicante. E’ importante capire quali sono le loro reali necessità.
Il ruolo delle istituzioni
“E’ un ruolo fondamentale”, charisce Perna. “A loro toccherebbe il compito di promuovere modalità di divertimento alternative. La provincia di Avellino pullula di sagre e feste. E, il più delle volte, c’è sempre l’alcol di mezzo. Perchè non si organizza mai una Festa No Alcol? Ovviamente devono essere feste che attirino gente, con tutti i crismi. Quindi andrebbe organizzata alla perfezione, anche con personaggi noti, i cosiddetti influencer, che sponsorizzino un modo di vita sano. Personaggi che siano riconosciuti come tali dal mondo giovanile. Reprimere serve a poco se non cominciamo a cambiare la mentalità. Occorrerebbe anche coinvolgere di più i gestori dei locali pubblici, facendo rispettare leggi e regole. Si dovrebbe fare come si fa in altri Paesi: non si consuma alcol al di fuori dei locali, non si vende alcol ai minorenni. Infine, credo che il problema dell’abuso di alcol non debba essere circoscritto. Soprattutto quando si fa prevenzione. Ci deve essere maggiore responsabiltà sociale da parte di tutti, perché è un problema che va dai zero ai 90 anni. Ricordo, qualche anno fa, che in provincia di Avellino, in una zona limitata, si organizzò una Festa No Alcol. Vi parteciparono molti giovani. Al termine della serata, andai con la mia famiglia a mangiare in un ristorante proprio nei pressi di dove si era tenuta la manifestazione. Dopo un po’, entrarono dei giovani che vi avevano partecipato. Le loro famiglie fecero di tutto per fargli bere della birra o del vino. Ebbene, se questo è il contesto, come dicevo, bisogna incidere su tutti, non soltanto sui giovani”.