Animalisti contro l’utilizzo della falconeria come strumento di educazione ambientale

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L’associazione ARDEA, la LIPU, il WWF Italia, Legambiente, l’ENPA, la SOA e l’associazione SOS Natura (quest’ultima presieduta da Eduardo Quarta), sono da sempre impegnate nella conoscenza e nella conservazione, nella tutela e nel rispetto del patrimonio naturale del nostro paese, con particolare riguardo a quello faunistico. La salvaguardia delle specie (sopratutto quelle sensibili/indicatrici e in cima alle reti trofiche come i rapaci) ci consente di tutelare l’ambiente in cui viviamo e mantenere stabili i delicati rapporti che lo conservano su scala locale e globale.

In particolare – si legge in una nota delle associazioni – la tutela dei rapaci, sia diurni che notturni, è un tema centrale per qualsiasi ente o istituzione impegnata nella salvaguardia degli ecosistemi terresti. Questi predatori controllano naturalmente le popolazioni delle specie di cui si nutrono, come roditori, insetti e altri uccelli, animali spesso considerati problematici per l’uomo. Inoltre svolgono il loro ruolo su ampi territori, ed essendo ottimi bioindicatori ci restituiscono una lettura della salubrità ambientale su grande scala.

Purtroppo la maggioranza delle specie di rapaci presenta popolazioni in declino per persecuzione diretta (abbattimenti, prelievo delle uova e dei pulli al nido) o cause indirette (deforestazione, agricoltura intensiva, impianti eolici, contaminanti chimici, ecc). Per tali motivi queste specie sono classificate come “particolarmente protette” e presenti in liste di tutela sia nazionali che internazionali.

Nonostante ciò, con gli appositi permessi, chiunque può detenere un rapace e praticare la falconeria. Nella maggior parte dei casi i rapaci vengono detenuti esclusivamente per motivi ludici, in altri anche per motivi di lucro, per condurre spettacoli di falconeria o per attirare clienti nella propria attività commerciale.

In ragione di quanto su scritto riteniamo assolutamente sbagliato utilizzare la falconeria per veicolare messaggi di educazione ambientale e ancor di più che sia proprio chi possiede un falco incappucciato e legato sul suo braccio a comunicare alle future generazioni nozioni sul rispetto degli animali. Un accostamento, quello tra falconeria ed educazione ambientale, non solo assurdo, ma una vera e propria contraddizione in termini.

Sarebbe come chiamare un domatore da circo a parlare della biologia della tigre o il proprietario di un allevamento finalizzato alle pellicce a parlare della tutela di volpi e visoni.

Insomma, sebbene la falconeria sia una pratica legale quando esercitata con tutti i dovuti permessi, è l’accostamento di questa pratica con l’educazione ambientale a essere fortemente diseducativa. Tanto più quando è un ente, un’istituzione o un museo che si occupano di divulgare la scienza e il rispetto per l’ambiente.

Esiste sicuramente un aspetto storico della falconeria ma, appunto, per parlare di una pratica così anacronistica e superata si possono utilizzare gli storici. In un paese evoluto per parlare di questi argomenti si coinvolgono naturalisti, biologi ed educatori ambientali, o meglio ancora gli ornitologi, dagli esperti dell’ISPRA ai ricercatori universitari, che sul tema vantano una esperienza professionale e pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali e non chi sfrutta gli animali. Persone e opinione pubblica sono nella quasi totalità schierate apertamente contro circhi e attività che sfruttano e maltrattano animali vivi per spettacoli e intrattenimento, ma non sono ben chiari i motivi per cui un leone che salta in un cerchio o un elefante che gioca con la palla vengano giudicati diversamente da una poiana di Harris che vola a comando. Spettacoli di falconerie e spettacoli circensi con animali sono del tutto equiparabili.

Tale documento appare assolutamente necessario visto il proliferare di eventi di questo tipo. Sono almeno due anni che presso Città della Scienza (Napoli) si ospitano ciclicamente spettacoli di falconeria, promuovendoli come momenti di didattica e divulgazione scientifica. Un evento completamente distonico, che non rispetta il benessere animale e non ha alcun valore scientifico o didattico. Solo per fare un esempio: i rapaci notturni vengono fatti volare in pieno giorno, quando dovrebbero invece riposare, e sono al centro di una folla di bambini vocianti, un grave disturbo per il loro udito finissimo.

La falconeria sta pericolosamente diventando di moda. Di recente è stato inaugurato in Italia, a Brescia, un “Bar dei Gufi” in cui, con il pretesto di divulgare informazioni scientifiche per tutelare i rapaci, gufi, civette, barbagianni e assioli vengono costretti a stare accanto a chi beve un caffè, senza che vi sia alcuna necessità.

Purtroppo sono sempre più numerosi i casi in cui i falconieri partecipano a eventi di divulgazione organizzati da Parchi Nazionali o Regionali, oppure incontrano scuole per fare lezioni di “educazione ambientale”. Anche la nota trasmissione l’Arca di Noè divulga notizie sui rapaci utilizzando un falconiere, che la promuove come una pratica finalizzata alla tutela di queste specie. Niente di più errato da far passare come messaggio.

La falconeria non richiede alcuna competenza documentata in ambito scientifico, naturalistico e didattico, pertanto è assolutamente inopportuno il coinvolgimento dei falconieri in contesti educativi.

La falconeria è una pratica antica e legata a specifici contesti e il falco non può essere proposto come un animale da compagnia che ogni spettatore della manifestazione può legittimamente desiderare. I falchi e le aquile hanno una biologia, ecologia ed etologia complessa, incompatibile con i nostri appartamenti.

Pertanto, per i motivi qui esplicitati, chiediamo che chiunque – enti, istituzioni, musei scientifici, scuole ecc. – si occupi di divulgazione naturalistica e abbia un ruolo educativo e didattico in materia di educazione ambientale non utilizzi la falconeria a tale scopo. Ma piuttosto per parlare di rapaci, adattamenti al volo, etologia e biologia, dia voce a chi ha seguito un percorso di studi e raggiunto titoli e competenze per poterne parlare con cognizione di causa.

Chiediamo quindi di preferire i contenuti allo “spettacolo” – conclude la nota – perché solo così gli studenti italiani che avranno la possibilità di ascoltare un ornitologo – e non un falconiere – impareranno che per ammirare lo spettacolo di un rapace in volo basterà alzare gli occhi, e approfondiranno davvero le proprie conoscenze diventando capaci di osservare da soli un gheppio appollaiato sul Colosseo, un falco pellegrino fra i grattacieli del Centro Direzionale di Napoli o sulle scogliere del Parco Virgiliano, lo sparviere volare fra gli alberi del Parco Valentino a Torino, le centinaia di falchi g\rillai nidificare nei Sassi di Matera. Se ci impegniamo per difendere falchi ed aquile nel loro ambiente naturale non ci sarà alcun bisogno di tenerli incappucciati e legati su un trespolo per poterli ammirare.