L’analisi – L’Avellino si scopre pratico ed efficace: la classe operaia in paradiso a Livorno

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Il piano anticrisi studiato da Attilio Tesser ha funzionato. La partita di Livorno ha raccontato che l’Avellino al settimo tentativo in campionato ha raggiunto una propria dimensione tattica – il 4-3-1-2 rivisitato rispetto agli albori – che, unita ad uno spirito di squadra rigenerato dal ritiro di Paestum, ha consentito ai lupi di interrompere la serie nera, breve ma aggravata dal pesante scivolone interno con il Vicenza.

La formazione biancoverde è salita a Livorno con chiari propositi di pragmatismo. Badare al sodo senza troppi estetismi è stato l’obiettivo centrato da Tesser e dai suoi uomini, i quali hanno interpretato il match in maniera attendista. Squadra corta e pratica in assetto operaio e determinata a concedere il meno possibile ad un avversario che in avanti, va detto, ha dovuto fare a meno di uomini temibili e imprevedibili del calibro di Vantaggiato e Fedato.

La scelta del rombo sorretto da soli mastini ha ben pagato permettendo all’Avellino di raggiungere quasi l’optimum in termini di equilibrio tra le due fasi. Notevole quella di non possesso con Jidayi che ha palesato un trend in netto rialzo sul piano della condizione fisica, deficitaria nelle prime uscite a causa del ritardo di preparazione dovuto all’ingaggio avvenuto soltanto ad inizio agosto. Con lui, D’Angelo e Arini si sono sacrificati accorciando le distanze sulle fasce di competenza di Biraschi e Visconti che hanno avuto dalle loro parti due clienti scomodi e brevilinei come Pasquato e Aramu. Insomma, il trio operaio ha reso omaggio a Livorno, patria del proletariato impegnato nella lotta di classe lo scorso secolo.

Il contraltare è stato rappresentato dall’impostazione del gioco che una mediana di questo genere è riuscita ad assicurare solamente a singhiozzo. La scarsa qualità nei piedi dei tre mediani ha isolato tra le linee Insigne, il quale è riuscito a ricevere un pallone giocabile sulla ripartenza dalla quale poi è scaturito il suo infortunio. All’Avellino però va ascritto il pieno merito di aver saputo sfruttare la combinazione in verticale orchestrata da D’Angelo con la rifinitura di Tavano per il piazzato di Trotta in piena area. Cinico e spietato secondo la ricetta auspicata da Tesser che ha proposto gli uomini giusti anche in difesa.

Mancando Vantaggiato, il tecnico ha pensato bene di piazzare al centro i due colossi Rea e Ligi a guardia di Comi, attaccante statico da contrastare nel gioco aereo e nel duello fisico. Con le due caselle centrali riempite, Biraschi ha potuto traslocare a destra dove ha dovuto eseguire gli straordinari sulle tracce di Pasquato, elemento difficile da contenere in partenza perché brevilineo e tecnicamente dotato. La linea a quattro “fisica” non potrà essere ripresentata contro il Brescia dell’airone Andrea Caracciolo per via della squalifica di Biraschi, ma rappresenta un’altra freccia nell’arco di Tesser che all’orizzonte ora vede stagliarsi meno nubi e maggiori certezze.

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