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Altro che ripresa economica, le vertenze lavoro spingono l’Irpinia sempre più in trincea

La ripresa economica si fa timidamente sentire, ma i dati relativi alla disoccupazione in Campania (e più in generale quelle del Paese) sono alti e tutti con segno negativo.

Anche le aziende hanno avuto una contrazione contandone numerose in crisi, come il settore dell’edilizia e della meccanica, o definitivamente cancellate dagli elenchi delle Camere di Commercio se non finite in quelli dei fallimenti.

I numeri parlano chiaro: secondo l’ultimo dato dell’Osservatorio sulle Imprese dell’Inps, si è registrato un calo di oltre centomila imprese con almeno un dipendente dal 2012 al 2014.

E’ l’onda lunga della crisi economica che – al netto di tweet euforici e faraonici annunci sui decimali delle statistiche del Pil – dal 2007 non accenna a mollare la sua presa.

Nei primi nove mesi del 2015 l’occupazione in Italia è sì cresciuta di 185mila unità ma i costi sono stati altissimi (circa 12 miliardi, spalmati in 3 anni, per i soli assunti nel 2015) e i benefici occupazionali sono stati minimi.

Un esempio? Come di recente ha affermato il saggista italiano Luca Ricolfi su Il Sole 24 Ore, l’incremento dei posti di lavoro nei primi 9 mesi del 2015 (tenuto conto della decontribuzione e del Pil in lieve crescita) è migliorato di appena 26mila (185 mila contro 159 mila) unità rispetto a quello dei primi 9 mesi del 2014 (dove non vigeva la decontribuzione ed il Pil era in calo).

Nel corso di quest’anno, dunque, nonostante una congiuntura decisamente più favorevole, nonché la spinta della decontribuzione, la formazione di posti di lavoro è migliorata di pochi decimali

Inoltre è cresciuta la quota dei precari, quelli che col nuovo contratto venuto fuori dal Jobs Act avrebbero dovuto essere stabilizzati (nel secondo trimestre 2015 la quota dei precari è arrivata quasi al massimo storico – 14,2% – raggiunto durante il governo Monti). Ed è proprio il Jobs Act che sta cambiando il mercato del lavoro in maniera profonda, con conseguenze sui contratti, la cassa integrazione, le ristrutturazioni aziendali e il ricollocamento, che diventeranno sempre più cruciali con il passare del tempo.

Dall’inizio della crisi (2007) l’Italia ha perso un milione di posti di lavoro; all’appello mancano ancora 7 milioni di posti (1 perchè perso dal 2007 e 6 milioni perché questa, già prima della crisi, era la nostra distanza dalla normalità, ossia dal tasso di occupazione medio dei paesi Ocse).

“Di questo passo – scrive Ricolfi – e sempre che non intervengano nuove crisi e battute d’arresto, saremo un paese normale fra circa 30 anni, quando Renzi avrà superato i 70. Possiamo aspettare tutto questo tempo?”.

LA MAPPA DELLE VERTENZE DEL 2015 IN IRPINIA – Un bilancio magro, magrissimo, che fa il paio con le mille vertenze lavoro che riguardano da vicinissimo la provincia di Avellino.

La vicenda dell’El.Ital di Pianodardine, che affonda le sue radici ben dieci anni fa – con l’allora Flextronics (circa 400 dipendenti) rilevata nel 2005 dai fratelli Pugliese – prima della diversificazione della produzione industriale (dalla manifattura elettronica per conto terzi ai pannelli solari, ndr), si è riproposta in tutta la sua veemenza nell’autunno caldo delle vertenze lavoro in Irpinia. Domani la patata bollente finirà sul tavolo del Mise a Roma dove l’amministratore delegato dovrà dare spiegazioni su stipendi arretrati, fondi Cometa spariti nel nulla, blocco della produzione, prospettive per il futuro dei circa 110 dipendenti che rischiano di finire sul lastrico.

E poi ancora la questione della Tecnoservice (operante nel settore dei servizi presso l’ospedale Moscati di Avellino) che vede i dipendenti in trincea (nel vero senso della parola) da settimane a lottare per lo stipendio che non arriva più da 9 mesi (all’appello manca anche la tredicesima del 2014).

Per il momento sembra essere scongiurato il licenziamento dei 71 lavoratori presso la Mondial Group (senza stipendio da agosto) che sempre domani si ritroveranno per un confronto a Roma con i responsabili del Dicastero di via Molise: atteso in tal senso il nuovo piano industriale che sarà sottoposto al Mise. Per gli operai dell’azienda di Montemiletto all’orizzonte 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione aziendale.

A fare scalpore negli ultimi mesi è stata anche la protesta dei dipendenti della Sva, che ha visto circa 40 lavoratori mobilitarsi davanti agli stabilimenti della Capaldo Spa (che ha affidato in outsourcing la gestione dei capannoni) per ottenere delle condizioni di lavoro più dignitose all’interno dell’azienda. In un decennio con il susseguirsi dei cambiamenti delle cooperative ci sarebbero state assunzioni anomale, contributi non versati, malattie non pagate, Trf e straordinari mai corrisposti con turni di lavoro massacranti visto il sistema di lavoro a cottimo.

E poi ancora, le annose questioni di Fim Sud e Is&MAsm, le aziende del distretto della concia a Solofra, fino a quella che è stata definita la madre di tutte le battaglie, la ex Irisbus di Flumeri.

Insomma, come emerge dal nostro racconto, fare l’imprenditore diventa sempre più difficile e chi rischia del suo va sostenuto, specialmente nelle zone complicate del Mezzogiorno e della Campania. Siccome però le risorse pubbliche sono limitate, se vengono impegnate per chi non investe si sottraggono agli altri, e il danno è destinato a ricadere su tutti.

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