Dramma su dramma, dolore su dolore. Dati e fatti, la ricostruzione oggettiva di come sono andate le cose. Ma tutto ovviamente crudo, maledettamente crudo, nonostante ascolti e riascolti più volte quelle versioni, quelle testimonianze di chi, con i propri occhi, si è ritrovato difronte l’inferno. Questa mattina, nella corte d’Assise del Tribunale di Avellino – presieduto dal giudice Pierpaolo Matarazzo – sono riecheggiati, nelle parole degli agenti delle sezioni Volante e Mobile della Questura, tutti i momenti di quella maledetta sera del 23 aprile scorso.
L’omicidio Gioia, l’omicidio che ha sconvolto non solo l’Irpinia, paragonato da molti a quello che accadde il 21 febbraio 2001 a Novi Ligure, con Erika ed Omar protagonisti. Anche nel capoluogo irpino, i protagonisti sono due fidanzatini, Giovanni ed Elena. Sono alla sbarra per rispondere dell’accusa di omicidio in concorso con l’aggravante della premeditazione. Anche se l’autore materiale del delitto è lui, Giovanni Limata, di Cervinara.
In aula, rinchiuso nella cella bunker, c’è soltanto lui. Maglia nera a maniche corte, mascherina, a volte con la testa bassa, altre attento a seguire gli esiti del dibattimento. Elena non c’è, il suo avvocato, a fine processo, dirà che non si sentiva molto bene e che, però, alle prossime udienze ci sarà.
Ben cinque gli agenti di polizia che si sono sottoposti, via via, alle domande del Pubblico Ministero Vincenzo Russo e dei legali. Il primo ad essere ascoltato è stato Gianluca Aurilia, capo della Squadra Mobile di Avellino, che ha coordinato le indagini senza però intervenire sul posto, ovvero nell’abitazione al quinto piano di corso Vittorio Emanuele. Nelle sue parole ed in quelle dell’ispettore Alfredo Genovese, di Stefano Lippiello della Squadra Mobile, del Soprintendente Luigi Pepe e di Antonio Gaglione, funzionario della Questura, momenti sconvolgenti, scene da film, vissuti in prima persona dagli ultimi quattro, che sono stati i primi ad intervenire sul luogo del delitto, prima anche del 118, poco dopo le 22.30.
Presso il centralino di via Palatucci, la richiesta di soccorso è arrivata dalla moglie di Aldo Gioia, Liana Ferrajolo. Sono le 22.30, è lei che allerta la Questura. Quando gli agenti varcano l’ingresso di casa Gioia, Aldo è in un lago di sangue, appoggiato sul divano, agonizzante, dolorante, ma ancora vivo. Accanto a lui, la figlia Emilia. Con uno straccio, provo a tamponare le ferite. Il sangue è dappertutto, anche sul tavolino. Aldo grida ai poliziotti che c’è qualcuno dietro la tenda del balcone. Nascosto. Forse l’assassino. Ma i riscontri danno esito negativo. Non c’è nessuno. Aldo ha diverse ferite, un po’ dappertutto. Profonde.
Viene allertato il 118. Non arriva subito, viene chiamato ancora una volta. Il 51enne funzionario della Fca viene trasportato in ospedale intorno alle 23. Muore a mezzanotte e cinque.
Gli agenti di polizia setacciano prima l’abitazione di Gioia e poi il palazzo. Qui, nel sottoscala, trovano un giubbotto. Dentro c’è la tessera sanitaria. E’ la svolta, perché quella tessera appartiene a Giovanni Limata. Il ragazzo, circa 22enne, è già conosciuto dalla forze dell’ordine. Lo vanno a cercare, gli agenti del locale commissariato, a casa sua, a Cervinara. Nel giubbotto, oltre la tessera sanitaria, c’è un fodero di un tipico coltello di caccia. Il coltello, compatibile con il fodero, viene trovato, ancora sporco di sangue, nell’abitazione di Cervinara. Tessera sanitaria, fodero. Ma nel giubbotto ci sono anche una cassa per trasmettere musica e un boxer. Il chiaro segnale che i due volessero fuggire insieme. Che, insomma, era tutto pianificato, perché Elena avave invece preparato uno zaino con dei costumi dentro.
Giovanni viene portato in Questura ed il quadro, agli investigatori, si fa sempre più chiaro, soprattutto quando vengono a sapere che tra i due c’è una relazione, osteggiata perlaltro dalla famiglia.
La prossima udienza si terrà il 22 dicembre. E sarà un’udienza particolarmente delicata. In aula, infatti, oltre il medico legale, saranno ascoltate la moglie di Aldo Gioia e la figlia maggiorenne.