L’icona è stata trasferita nel vicino chiostro cinquecentesco dove è stato allestito ad hoc il laboratorio di restauro curato dalla Soprintendenza Bsae di Salerno e Avellino. Presenti il Soprintendente Fabio De Chirico; l’Abate di Montevergine, padre Umberto Beda Paluzzi; il responsabile del restauro per la Soprintendenza, Giuseppe Muollo; il responsabile beni culturali dell’Abbazia, Riccardo Luca Guarigila; la restauratrice, Patrizia Polonio Balbi. Le operazione per l’imballaggio della colossale pala che misura 4,60 per 2,30 metri sono state realizzate con l’ausilio di avveniristiche tecniche curate dalla Tenco Impianti. “Importante sottolineare –spiega il Soprintendente Fabio De Chirico – che le operazioni di restauro avverranno a porte aperte, i visitatori che lo vorranno potranno assistervi”.
Dopo il restauro, per il quale si attendono i finanziamenti, la Maestà di Montevergine tornerà nella sua originale collocazione, ovvero nella annessa cappella antica. La ricollocazione in situ dell’icona lignea del XIII secolo porterà, inoltre, al ripristino dell’antico percorso dei pellegrini. Per lo spostamento della tavola si è reso necessario progettare la costruzione di una impalcatura di grande solidità e stabilità, appositamente dimensionata, sia per le operazioni di smontaggio e movimentazione del dipinto, sia per effettuare una serie di indagini diagnostiche sullo stato di conservazione del manufatto propedeutiche al restauro. La cappella antica è la cappella reale. Quella di Filippo II d’Angiò. In un documento del 1310 il sovrano dona a Montano d’Arezzo delle terre, proprio per ringraziarlo dei dipinti fatti a Montevergine, di qui la quasi certezza che la grande tavola sia opera del grande maestro