Un concerto, un recital, una festa fatta di musica, poesia e canzoni per celebrare l’eterna magia di Napoli, della sua tradizione vivente, l’importanza dell’incontro fra le epoche e della più ampia condivisione culturale.
Il Teatro “Carlo Gesualdo” di Avellino brinda al nuovo anno con il gradito ritorno di Toni e Peppe Servillo, primo appuntamento del 2016 con la rassegna di “Grande Teatro” organizzata dall’Istituzione Teatro comunale in collaborazione con il Teatro Pubblico Campano.
Sabato 2 (ore 21) e in replica domenica 3 gennaio 2016 (ore 18:30) in compagnia dei Solis String Quartet, Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio ai violini, Gerardo Morrone alla viola e Antonio Di Francia al cello, i fratelli Servillo, con il prezioso e suggestivo supporto di un quartetto di archi d’eccezione, cantano poesie e recitano canzoni, facendo rivivere e rendendo omaggio ad alcune delle vette più alte della cultura scenica partenopea, fra letteratura, teatro e musica.
“La parola canta” attraversa l’opera di autori classici come Eduardo De Filippo, Raffaele Viviani, E. A. Mario, Libero Bovio, fino a voci contemporanee come quella di Enzo Moscato, Mimmo Borrelli e Michele Sovente. Un filone inesauribile di fantasia e ricchezza poetica da cui nasce e di cui si nutre la creatività scenica straordinaria di Peppe e Toni Servillo che qui, dopo il successo internazionale dell’eduardiano “Le voci di dentro”, rinnovano in scena il loro irresistibile sodalizio artistico.
Da “Te voglio bene assaje” musicata da autore ignoto nel 1839, alla “Napule” di Mimmo Borrelli del 2011, da “‘O guappo ‘nnammurato” di Raffaele Viviani alla “Canzone appassiunata” di E. A. Mario, da “Guapparia” di Libero Bovio e Rodolfo Falvo al “Vincenzo De Pretore” di Eduardo de Filippo, passando per “‘A casciaforte” di Alfonso Mangione e Nicola Valente, “Dove sta Zazà” di Raffaele Cutolo e Giuseppe Cioffi, “Maruzzella” di Enzo Bonagura e Renato Carosone.
«Mi sento in debito con Napoli, per la grande ricchezza che mi ha donato, una ricchezza che cerco di trasmettere in giro per il mondo nei suoi aspetti più nobili, riflessivi, tragici – spiega Toni Servillo – La parola canta è uno spettacolo dove il teatro si fa musica e la musica si fa teatro. Là dove il teatro talvolta non riesce, la musica ricapitola la nostra esistenza e ci consente di immaginarne un’altra in un luogo che non c’è, totalmente astratto, che non esiste, che non si vede. In questo non luogo nasce La parola canta: un luogo dove lo spettatore può liberare tutta la sua immaginazione».