“Mistico Surreale” è il titolo della mostra di Irene Russo al Teatro Carlo Gesualdo di Avellino che fa parte della rassegna “Arte in Scena” che da anni porta nei foyer di Piazza Castello le opere degli artisti irpini più significativi di ieri e di oggi.
Il Teatro Carlo Gesualdo di Avellino, con la rassegna “Arte in scena” sta passando in rassegna da alcuni anni la produzione degli artisti irpini di ieri e di oggi, mettendo a disposizione gli spazi dei foyer per realizzare esposizioni destinate al pubblico degli spettacoli e alla cittadinanza.
L’ampiezza della selezione offerta, la varietà delle ispirazioni e degli stili, sono un’occasione preziosa per gli artisti e un modo per ovviare alla penuria di spazi espositivi stabili in città; fino a venerdì 27 marzo al Teatro Gesualdo è di scena la pittura di Irene Russo, giovane pittrice avellinese, laureata all’Accademia di Belle Arti di Napoli e poi specializzatasi in pittura in Polonia, all’Uniwersytet Artystyczny w Poznaniu, con il prof. Piotr C. Kowalski e in graphic design all’ILAS Scuola Superiore di Comunicazione di Napoli.
Irene Russo, com’è nata la sua passione per l’arte?
“La passione per l’arte è nata nella mia prima infanzia, ho sempre amato creare e plasmare la realtà secondo il mio punto di vista, reinventandola e a volte stravolgendola”.
Ripercorriamo la sua formazione, le influenze fondamentali…
“Dopo un’iniziale formazione classica al liceo socio psico pedagogico, ho scelto di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Napoli, laureandomi prima in decorazione alla cattedra del prof. Paolo D’ Orazio con tesi in illustrazione con il prof. Gennaro Vallifuoco, la cui tesi “A’Nipote ‘e Don Nicola” è stata pubblicata dalla casa editrice “Il papavero”. Ho, poi, proseguito miei studi specializzandomi in pittura con la professoressa Loredana D’ Argenio. Di notevole influenza artistica è stato il periodo di studi trascorso in Polonia, a Poznan, dove ho avuto la possibilità di conoscere artisti polacchi di notevole prestigio come Piotr C. Kowalski, Stefan Ficner, Prof. Janusz Bałdyga che hanno notevolmente influenzato la mia formazione artistico/espressiva”.
Come descriverebbe la sua tecnica e il suo stile?
“Amo sperimentare tecniche e materiali, i miei colori appartengono alla gamma cromatica del legno, di cui utilizzo i pigmenti puri, resine e olii. Una costante delle mie opere è l’uso di oggetti provenienti dalla realtà quotidiana che vanno ad acquisire una componente simbolica e straniante all’interno dei miei lavori. Nella creazione delle mie opere sono notevolmente influenzata dallo stile informale materico e da artisti contemporanei come Anselm Kiefer, Anish Kapoor, Maria Lai, Burri e Fontana”.
C’è un messaggio costante nelle sue opere? Un tema che le è particolarmente caro?
“Una costante nelle mie opere è la volontà comunicativa. L’artista è un comunicatore per immagini. Il concetto, per me, deve essere basilare nella realizzazione dell’opera. Un tema a me molto caro è quello del viaggio, sia fisico sia mentale, nell’ambito della mostra al Gesualdo, infatti, ho ampliato questo filone di ricerca, iniziato nel 2010, tramutandolo in un viaggio metaforico dalla vita alla morte, poetica che mi ha dato modo di analizzare temi molto forti come la nascita, la morte, ma anche la violenza, soprattutto in relazione alla donna, di cui ho trattato tematiche molto forti”.
Dopo il Teatro Gesualdo quali sono le sue prossime iniziative?
“Nell’immediato futuro ci sono alcune mostre in programma, come quella al Museum Factory ad Avellino, ma anche diversi progetti di collaborazione con artisti italiani e stranieri”.
Qual è un ricordo artistico che le è particolarmente caro?
“Un ricordo artistico particolarmente caro è la mia personale all’estero, a Poznan, momento in cui per la prima volta mi sono sentita veramente considerata un’artista, con tutti i crismi”.
Ci racconti di un complimento che le ha fatto particolarmente piacere e di una critica che ha trovato particolarmente utile.
“Un complimento che mi ha fatto particolarmente piacere ricevere mi è stato fatto, durante una mia mostra personale, dall’artista irpino Ming (Fabio Mingarelli), che guardando le mie opere mi disse che il mio stile non sembrava italiano. Una critica particolarmente costruttiva mi è stata fatta dalla mia professoressa di pittura Loredana D’ Argenio, che mi consigliò di abbandonare la bidimensionalità nella pittura e di spingermi alla tridimensionalità, ma soprattutto di sperimentare e andare oltre i miei limiti”.
Potendo fare un lavoro a quattro mani con chi le piacerebbe lavorare?
“Potendo fare un lavoro a quattro mani mi piacerebbe lavorare con Anselm Kiefer, vorrei realizzare un libro d’artista con lui”.
Tra gli artisti irpini, del passato e del presente, c’è qualcuno che lei apprezza particolarmente? Perché?
“Ci sono diversi artisti irpini che trovo molto interessanti e che stimo e ammiro come il giovanissimo Claudio Valentino i cui lavori parlano dell’Irpinia in maniera forte e realistica e che sento vicino per tematica e stile, TTozoi di cui mi affascina la sperimentazione e la ricerca stilistica, Ming (Fabio Mingarelli) di cui mi affascina la cifra stilistica e tecnica, soprattutto in relazione alle tematiche di denuncia”.