Ad Avellino la tomba del renzismo: un imbarazzante e tafazziano teatrino

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Pasquale Manganiello – C’è bisogno di scomodare il mitico direttore Emilio Fede, nella sua più colorita ammissione di responsabilità e colonna portante dei servizi di Striscia, per dare un senso a quanto sta accadendo in questi giorni presso il Pd provinciale di Avellino.

Una situazione imbarazzante che evidentemente non imbarazza gli attori protagonisti, concentrati più che mai a guadagnare centimetri di poltrona, a non lasciarsi sfuggire minuscoli pezzi di potere anche se, in nome di tutto questo, sono costretti irrimediabilmente a perdere la faccia. Ma andiamo con ordine.

Dopo un anno e mezzo di caos assoluto, in cui il Direttorio è riuscito a sfasciare qualunque tipo di rapporto con iscritti ed elettori, il coordinamento del Pd avellinese decide che il Congresso s’ha da fare il 23 Luglio. Il Lido Democratico è pronto ad ospitare quella che è e sarebbe stata una conta sulla platea 2016 degli iscritti. Tartaglione, D’Amelio, Famiglietti e De Luca timbrano la sentenza, la Paris si defila, i circoli insorgono ma il dado è tratto. La missiva romana ribalta la situazione: sì al Congresso ma con i tesserati online. Un disastro per la triade del Direttorio che, in questo modo, andrebbe sotto nei numeri rispetto all’Asse Festa-De Caro-ex Scelta Civica.

La segretaria regionale prova a metterci una pezza inviando il regolamento approvato da Napoli senza fare riferimento alle adesioni online. Si sente aria di ricorsi, da Roma arriva un nuovo diktat, aleggia il Commissariamento e, infine, oggi pomeriggio la riunione fiume a Via Tagliamento per tentare di trovare la quadra.

Chi esce peggio da questa ondata di goffaggine politica?

FAMIGLIETTI: ci ha messo la faccia, esponendosi su Fb e lasciando intendere nella forzatura di voler celebrare il congresso nel pieno dell’estate che la sua linea fosse stata approvata dal Nazareno. Roma distorce completamente la versione di ciò che sarebbe accaduto, apre alle tessere online (addio congresso unitario), mette a nudo tutta la sua fragilità politica. Un disastro.

D’AMELIO: Le indiscrezioni parlano di una D’Amelio furibonda con l’ex sindaco di Frigento. La presidente del Consiglio regionale, comunque andrà a finire, uscirà indebolita da questa pacchiana vicenda. Una logica tafazziana che inevitabilmente mina anche la sua credibilità di leader del Pd provinciale.

DE LUCA – La sua idea era quella di andare a congresso con le famigerate 7000 tessere: non accontentato dal Nazareno, è impossibile pensare di far saltare tutto senza conseguenze. Palazzo Madama bye bye.

PARIS: Si è opposta sin dal primo momento al congresso balneare e si è defilata al momento giusto dalla linea politicamente suicida degli altri tre. Si accontenta di un pareggio che fa morale.

FESTA – Domina incontrastato con una semplicità disarmante. In realtà si sta limitando a sfruttare i punti deboli degli avversari e le incongruenze di un Partito allo sbando. A breve comincerà una campagna per rifondare il Pd dal basso e molti lo seguiranno. Gianluca Festa prossimo segretario Pd, sindaco di Avellino, deputato della Repubblica e, tra tre anni, sfidante di Trump alle elezioni americane.

IL PD – Un’autoflagellazione infinita.  Un’immagine limpida di ciò che è diventato, o che forse è sempre stato, il renzismo. L’ex Premier continua a crollare nei consensi (ha vinto le Europee e solo le Europee ma, in fin dei conti, a chi importa delle Europee?) anche perché ha completamente perso il contatto sia con la realtà del Paese sia con la realtà dei propri riferimenti territoriali. In entrambi i casi siamo messi molto male.