L’indagine bis sulla sicurezza e la manutenzione dei viadotti di competenza della Procura della Repubblica di Avellino si chiude con il sequestro preventivo delle barriere bordo-ponte installate su 12 viadotti autostradali ricadenti sulla tratta A/16 Napoli-Canosa tra le uscite di Baiano e Benevento, precisamente i “Pietra Gemma”, “Acqualonga” (direzione Baiano-Avellino), “Carafone”, “Vallonato I e II”, “F. Lenza Pezze”, “Scofeta Vergine”, “Sabato”, “Boscogrande”, “Francia”, “Vallone del Duca” e “Del Varco”, e con l’iscrizione all’albo degli indagati di Costantino Vincenzo Ivoi, Michele Renzi e Massimo Giulio Fornaci.
Gli ultimi due erano già imputati nell’ambito del processo per la strage di Acqualonga, avvenuta la sera del 28 luglio 2013 che costò la vita a 40 persone, il ferimento di altre 9 e diverse lesioni e contusioni nei confronti di almeno un’altra ventina di automobilisti. Un procedimento, durato oltre 5 anni tra indagini e dibattimenti, che si è concluso in primo grado lo scorso 11 gennaio con la condanna, tra le altre, a cinque anni di reclusione nei confronti di Renzi e l’assoluzione per l’altro indagato nell’ambito dell’inchiesta bis Massimo Giulio Fornaci.
Proprio dalla relazione del perito d’ufficio Felice Giuliani, ascoltato nel corso del lungo processo durante il quale ha evidenziato come quell’immane tragedia si sarebbe verificata con conseguenze molto meno gravi se le barriere autostradali fossero state tenute in perfetto stato di conservazione, che il Procuratore capo Rosario Cantelmo e il sostituto Cecilia Anecchini hanno avviato le attività d’indagine.
Le accuse mosse ai due direttori di tronco e al responsabile di una struttura interna di Autostrade, sono di aver, in concorso tra loro, non provveduto a idonei interventi di installazione delle barriere poste sotto sequestro. Infatti, dopo quella strage, definita come la più grave sulle strade d’Italia (almeno fino al crollo del ponte Morandi di Genova), Autostrade aveva deciso di avviare interventi di manutenzione ordinaria sulle barriere in calcestruzzo armato presenti su tutta la sua rete nazionale e risalenti ad almeno 25 anni fa. Secondo gli inquirenti, tuttavia, quest’operazione non sarebbe stata effettuata nella modalità più consone, come emerso nel corso dei diversi interrogatori effettuati in Procura in questi mesi di indagine.
Autostrade avrebbe disatteso le indicazioni fornitegli dai propri consulenti e avrebbe mostrato negligenza e leggerezza nell’affrontare una problematica di così estrema rilevanza ai fini della sicurezza stradale. Addirittura, sull’inadeguatezza delle nuove barriere installate dopo Acqualonga, penderebbe già dal luglio 2018 il parere negativo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Un’installazione, insomma, che sarebbe tutt’altro che idonea ad assolvere la tipica funzione di contenimento.
Il rischio, per gli inquirenti, è che un’altra strage sulle strade italiane sia possibile. Per questo sono scattati i sigilli preventivi sulle barriere dei 12 viadotti (salve in pratica solo quelle di Acqualonga ricostruire dopo la tragedia, in quanto l’installazione ha tenuto conto anche del parere dei consulenti della Procura). Sussisterebbe, quindi, il concreto pericolo che il perdurare della circolazione sui quei viadotti possa cagionare un evento disastroso di proporzioni analoghe a quello del luglio 2013, in seguito al quale nessun dispositivo efficace di controllo sarebbe stato predisposto da Autostrade per la tutela e l’incolumità degli utenti della strada.