L’acqua da abbondante ricchezza è divenuta un problema non più rinviabile anche in Irpinia ed il degrado dell’intero sistema deriva, essenzialmente, dalla vetustà ormai ultra cinquantennale, di gran parte delle reti idriche e dalla mancata attuazione di irrimandabili interventi infrastrutturali.
Che sia pubblica, privata o di gestione mista il presupposto è che l’acqua arrivi fin ai rubinetti dei cittadini. Un presupposto che non appare così scontato per i mesi a venire, in particolare dal mese di maggio, quando secondo i vertici dell’Ato si dovranno verificare pesanti carenze idriche nei territori dell’Irpinia e del Sannio.
Chiesto ad Alto Calore e Gesesa un piano per fronteggiare questa possibile emergenza ed evitare che gli utenti restino troppo facilmente, e per troppi giorni, a secco.
Tale appello emanato dal commissario dell’Ambito Calore Irpino, Giovanni Colucci, è stato formalizzato in una missiva inviata alla Regione, alla Prefettura e a tutti i soggetti gestori che utilizzano le fonti comprese nel territorio dell’Ato.
Sulla vicenda si è espresso anche Enzo De Luca, ex senatore irpino del Pd, che in un’intervista rilasciata a Il Mattino si è espresso così:
“Obbligatoria una riorganizzazione del servizio idrico in Irpinia e nel Sannio, bisogna tutelare il patrimonio idrico irpino per trasformarlo in un volano di sviluppo per il territorio. L’Alto Calore è un’azienda pubblica con un lunga storia alle spalle e non deve essere penalizzata. Nel periodo della mia presidenza, tra il 1997 ed il 2003, abbiamo ricevuto dal Quadro comunitario un sostegno di 118 miliardi di lire per l’ammodernamento delle infrastrutture, dunque l’azienda ha grandi potenzialità che possono essere attivate”.
Sulla gestione pubblica dell’acqua De Luca è sicuro: “L’acqua è un bene comune e di natura pubblica e questo non deve essere messo in discussione, va rispettato tuttavia l’esito del referendum”.
Sulla questione – e in particolare sull’ipotesi di fusione tra Alto Calore Servizi e Gesesa – riportiamo anche le parole di Giuseppe De Mita che, secondo lo stesso riferimento dell’UdC, “… è né utile e né necessaria”.
“Questa ipotesi – continua De Mita – taglia fuori gli Enti locali, mi sembra una mera trattativa tra privati dove non si guarda al miglioramento del servizio.
L’obiettivo vero è quello di innovare e migliorare il servizio, qui si parla di una svendita. L’Alto Calore, a termine del suo naturale mandato, si dovrà organizzare affinché possa competere all’affidamento del nuovo servizio. Il percorso più saggio sarebbe quello di definire, da parte dei soggetti pubblici, il modello di gestione e poi stabilire a chi affidarlo, questo in base ad un criterio di efficienza e non con l’obiettivo di salvare una società che ha prodotto debiti. I gestori utilizzano poi la proroga delle concessioni per organizzarsi nel migliore dei modi in vista dell’affidamento del servizio, ognuno nella propria indipendenza ed autonomia.
Apprezzabile anche la nuova legge regionale di riordino del servizio idrico, in quanto introduce elementi di novità. Il paradosso è che l’operazione che si vuole avviare contraddice la filosofia della legge prospettando soluzioni non necessarie e svantaggiose”.