Lucio Fierro, esponente di spicco del Pd irpino ed ex numero uno dell’Alto Calore Patrimonio si esprime in relazione all’annunciata soppressione dell’ente. Di seguito il testo del suo intervento: “Leggo con evidente soddisfazione che la bella coppia D’Ercole-Abate ha avviato la messa in ordine della gestione idrica in provincia avendo conseguito, nell’ordine: a) la unificazione delle proprietà delle reti in testa ad un unico soggetto, ottenendo dalla Regione Campania e dai Comuni il trasferimento delle reti loro intestate; b) il finanziamento dalla Regione del rifacimento delle reti – colabrodo; c) il risanamento dei conti dell’ACS, riscuotendo le partite arretrate e riducendo il costo del lavoro attraverso un drastico taglio di un elefantiaco apparato; d) l’affidamento del SII e la riunificazione in un’unica gestione di tutte le reti acquedottistiche e impianti di smaltimento con un notevole abbattimento dei costi generali e della bolletta. Bravi, complimenti: avevamo manager di tanta capacità ed il torto è di non essercene accorti per tempo. Se le sorti dell’acqua fosse stata affidata loro solo qualche anno prima avremmo avuto aziende all’avanguardia, fiumi ancora vivi e bollette ben meno care … Peccato che il tutto sia solo un sogno di mezza estate … Che la realtà sia francamente diversa e che se osservatori non prevenuti fossero messi in condizioni di analizzare i conti dell’ACS se ne ricaverebbe un’immagine non molto dissimile da quella di un’azienda che, non diversamente purtroppo da tante altre del Mezzogiorno, usa “l’acqua più che per dare da bere, che per dare da mangiare” … Non devo essere io a difendere gestioni precedenti, neppure la mia, a dir poco “opache”, proprio per la difficoltà a rompere incrostazioni consolidate, modi di pensare, sistemi di interessi che più che guardare al territorio, agli utenti ed agli stessi lavoratori delle aziende, erano solo mirati alla difesa di piccoli orticelli. Ma la salvifica alleanza di centro-destra, peraltro solo tardivamente convertita sulla via di Damasco dall’illuminazione sull’acqua pubblica aveva promesso radicali cambiamenti che, invece, sono ben lungi dal venire. Lo scioglimento della Patrimonio per la verità era l’obiettivo a cui in molti si lavorava; alcuni demagogicamente, non volendo vedere che se questo fosse avvenuto in presenza del rischio di affidamento ai privati, sarebbe stata una iattura; altri con la serietà di chi l’acqua pubblica non se la fa imporre da un sentimento diffuso ma la sente propria, connaturata alla sua militanza politica. Presentarlo oggi come un successo senza il preventivo chiarimento sulla proprietà delle reti è non solo il classico topolino abortito dalla montagna ma la foglia di fico dietro cui si tenta di nascondere pratiche, queste sì, più che opache, torbide. E’ di ben altro che dobbiamo parlare. Della visione degli interessi aziendali e di quelli della collettività degli utenti quale emerge, con plastica evidenza, dalla vicenda di questo ineffabile sindaco di Montemiletto: è incompatibile, ma incollato come è alla poltrona, invece di dimettersi, rischia di determinare lo sconquasso dell’intero sistema. La scelta di eliminare le ragioni di incompatibilità e restare in sella all’ACS attraverso l’affidamento della gestione idrica del suo comune ad una società di cui ha il diretto controllo, infatti, è l’attacco più serio che sia stato sferrato sinora alla unitarietà della gestione del servizio idrico. Se il vicepresidente dell’ACS, per ragioni non proprio nobili, arriva a ritirare il suo Comune dalla gestione integrata, compie due atti gravi: distrugge la credibilità della azienda che amministra mentre essa rivendica il diritto all’affidamento del servizio e legittima qualunque altro sindaco che per ragioni altrettanto poco nobili possa essere tentato di fare altrettanto. Ai tanti che si sbracciano per le sorti dell’ACS, il giudizio finale”.
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