Appare sempre più evidente, la tragedia di Acqualonga e quella del ponte Morandi di Genova, potrebbero essere collegate da un unico, inquietante, filo conduttore: la scarsa manutenzione da parte delle società concessionarie. In quello che emerge dalle cronache nazionali di queste ore, sembra di leggere le tante evidenze emerse nel corso delle infinite udienze portare avanti dal Tribunale di Avellino. Alla Procura del capoluogo irpino, già molto prima del crollo del “Morandi”, sembrava chiaro che la causa principale della sciagura del luglio 2013, fosse da imputare alle barriere di protezione deteriorate del ponte di Monteforte Irpino.
“Con riferimento alla consistenza o allo stato di manutenzione delle barriere di protezione installate sul bordo del viadotto, il quadro che emerge dalla documentazione tecnica in atti è impietoso e rappresenta importanti percentuali di tirafondi non efficienti ed un avanzatissimo stato di corrosione”. Questo lo affermava nel 2018 il professore Felice Giuliani, docente universitario di Ingegneria a Parma, perito d’ufficio scelto dal giudice del tribunale di Avellino Luigi Buono.
Anche “Le Iene” hanno dato atto all’inchiesta del capoluogo irpino. “I New Jersey che ci vediamo scorrere di fianco mentre percorriamo l’autostrada non garantiscono sicurezza, diceva Luigi Pelazza, e a muovere le acque – raccontava ancora l’inviato – è stata la Procura di Avellino, aprendo un fascicolo all’interno di un’indagine nata nel 2013 dopo che lungo l’A16, all’altezza del viadotto Acqualonga, si era verificata la peggiore strage automobilistica d’Italia”.
Per ciò che riguarda Genova, i tre periti nominati dal gip scrivono che i fili d’acciaio presenti dentro i tiranti della pila 9 del ponte Morandi avevano un “grado elevato di corrosione“. Si erano consumati dal 50 al 100%. “Gli unici interventi efficaci risalgono a 25 anni fa”. Nella relazione consegnata alla giudice Angela Nutini, si parla chiaramente di “difetti esecutivi” rispetto al progetto originario e di “degrado e corrosione” di diverse parti, dovute alla “mancanza di interventi di manutenzione significativi”. Secondo i periti, nelle parti esaminate “non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado”. Anzi, “gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa” si legge. In particolare per quanto riguarda il reperto 132 (l’ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne del lato Sud) – considerata dalla procura di Genova la prova “regina” perché è il punto che si sarebbe staccato per primo – è stato individuato nei trefoli “uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivanti dello zolfo, e cloruri”.
Ma non è solo l’assenza di manutenzione ad essere sotto esame. A peggiorare lo stato della struttura ci sarebbero anche difetti di esecuzione. “Alcune guaine – scrivono gli ingegneri – non sono iniettate del tutto o lo sono parzialmente e i trefoli possono essere estratti manualmente per questo motivo”. Dove sono emersi difetti di esecuzione, “i cavi secondari sono spesso liberi di scorrere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine. In generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale” dice la relazione. Gli esperti hanno valutato anche parti non crollate trovando “reti metalliche elettrosaldate” per contenere il distacco di calcestruzzo dalle stampelle e selle Gerber il cui “stato di conservazione è caratterizzato da un livello generalizzato esteso e grave di degrado“.
La replica di Autostrade non si è fatta attendere: “La relazione dei periti del gip non evidenzia situazioni di degrado che possano in alcun modo essere messe in relazione con una diminuzione della capacità portante del ponte”. Non solo. “L’analisi delle parti crollate ancora presenti al momento dell’inizio dell’incidente probatorio e delle parti non crollate ha messo in evidenza alcuni difetti solo localizzati, peraltro compatibili con l’epoca di costruzione”. Tali difetti “non sono in alcun modo connessi alla funzionalità dell’opera, erano già stati rilevati dai programmi di sorveglianza e in parte già oggetto di interventi di ripristino strutturale”.
Genova ed Acqualonga legate da un cinico e baro destino comune, dietro il quale si celano diversi interrogativi: perché nessuno ha mai avviato, prima di queste tragedie, controlli a tappeto sulla manutenzione “estremamente esigua” effettuata sulle nostre autostrade? Quante disgrazie ancora dovremo osservare inermi prima che qualcuno intervenga?