A Castelfranci continua la tradizione della vera “maccaronara” castellese

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“Acqua e farina. E la forza delle braccia delle massaie irpine. Questa la ricetta, nessun altro segreto si nasconde dietro la preparazione del tipico primo piatto altirpino: la “maccaronara”.
Si perdono nei meandri della storia, lungo le rive del fiume Calore, le origini della “maccaronara”: un piatto povero, se vogliamo, perché, di fatto, acqua e farina erano, e sono tuttora, gli unici ingredienti della ricetta, e perché, ancora, il ragù di carne d’accompagnamento, che si sentiva sfrigolare e ribollire nel tegame già dalle prime ore del mattino, non era di certo ottenuto utilizzando i tagli nobili del maiale, o del vitello.

 

La cultura contadina, infatti, imponeva di «non buttar via niente», perché quel «ben di Dio» lo si era guadagnato con il sudore della fronte: e così, allora, nel tegame andavano ossa, cotiche; perché la carne, quella vera, polposa, sarebbe stata insaccata, conservata e mangiata più in là. Le massaie preparavano abilmente l’impasto con la forza delle braccia: come se non bastasse il duro lavoro settimanale, anche di domenica c’era da rimboccarsi le maniche, per portare in tavola il piatto preferito dalle famiglie – numerosissime, manco a dirlo – che a breve si sarebbero ritrovate per il pranzo.

 

Di primo mattino, l’odore della farina già nell’aria, con matterello e spianatoia (“tompagno”) le donne cominciavano a «tirare la pasta»; tutt’intorno la verde Irpinia si svegliava, i rumori tipici del borgo sarebbero ripresi dopo una notte di tregua; e prima delle undici, quando le donne avrebbero interrotto i lavori per ritrovarsi in Chiesa per la Messa, con un secondo particolare matterello rigato (chiamato appunto “maccaronara”), un ultimo sforzo: le braccia tese sulla pasta e la spinta del corpo intero a tirar fuori quei magnifici spaghettoni ambrati… Poi, un velo di farina, e la “maccaronara” era lasciata a riposare fino a mezzogiorno…

 
Oggi, a Castelfranci, paesino dell’alta valle del Calore che si fregia ufficiosamente di aver dato i natali a questa ricetta, rivivono ancora gli odori e i sapori dell’epoca che fu: nelle viuzze del piccolo borgo, di domenica, ancora si odono echi di un tempo lontano, ancora gli odori, nei giorni di festa, riportano la comunità indietro nel tempo, a prima che quel Terremoto facesse da spartiacque tra un’epoca e l’altra.

 
Soccorso Storti, insieme alla dolcissima moglie Anna e a tutta la famiglia, tiene in vita magistralmente tale tradizione culinaria a Castelfranci osservando le semplici ma fondamentali regole della ricetta irpina e conservando i rigorosi canoni della dicitura «fatta a mano», dal primo all’ultimo passaggio. Come da sei anni a questa parte, anche quest’anno, nei giorni 29 e 30 del mese di luglio, e favoriti come sempre dallo splendido scenario di Via Riviera sul Calore, nel centro storico del paese, la famiglia Storti si batterà per la riuscita della “Sagra della maccaronara”, un appuntamento divenuto oramai fisso all’interno dei palinsesti “dell’Estate Castellese” (tour di feste, sagre e giochi organizzato dall’Amministrazione Comunale per allietare le serate estive del paesino altirpino).

 

Sarà, anche quest’anno, un’ottima occasione per rivivere le sensazioni di un’epoca che fu e, perché no, un gioviale momento di aggregazione per accompagnare ai piatti tipici irpini, cucinati con amorevole passione dalla signora Anna e dalla signora Concettina (la “maccaronara”, “carne e pipicielli” – tocchetti di maiale soffritti con peperoni sott’aceto – e altri), un delicato e saporitissimo bicchiere di aglianico irpino, orgogliosamente prodotto, anche questo, nelle antiche cantine del borgo irpino” – così Angelo Corrado, membro dell’ Associazione “La vera maccaronara castellese”.

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