Hot line con il telefono dell’azienda, condannato manager

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Il tribunale non intende rivestire la decisione di accenti moralistici, né indulgere a pruderie di sorta”, ma “i fotogrammi prodotti dal pubblico ministero (…), dove campeggiano particolari anatomici, consente di escludere che essi rispondessero a esigenze favorevolmente apprezzabili”.
IN CARCERE – Lo scrivono i giudici del tribunale di Busto Arsizio nelle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato a un anno e 4 mesi di reclusione Gioacchino Caianiello, ex presidente della Amsc di Gallarate che ha utilizzato il telefono aziendale per fare oltre un centinaio di telefonate e videochiamate di contenuto erotico a una donna, con un danno economico per la società di 909,87 euro. Secondo il collegio presieduto dal giudice Adet Toni Novik, l’imputato deve rispondere di peculato “in qualità di incaricato di pubblico servizio quale presidente Amsc”, perché pur essendo quest’ultima una società per azioni e non una municipalizzata, ha come socio unico il Comune di Gallarate e si occupa della gestione di servizi pubblici (da quelli idrici agli energetici, dall’igiene urbana ai trasporti).
E se da un lato è vero che “la giurisprudenza ha escluso la rilevanza penale ogniqualvolta l’uso del telefono d’ufficio sia fatto in via episodica per esigenze personali”, dall’altro “è stato accertato nel caso di specie che l’utilizzo personale del telefono è stato costante nel tempo e di non trascurabile significanza (10% delle telefonate globali effettuate) rispetto all’uso lavorativo”.
I FATTI – Tra il 9 novembre 2007 e il 24 giugno 2009, infatti, Caianiello ha contattato l’amante con “808 sms, 50 mms, 192 telefonate, oltre ai 99 contatti correlati alle videochiamate”. E il danno economico è stato conteggiato con 909,87 euro, perché altri 559,07 euro relativi alle videochiamate sono stati poi risarciti dall’operatore telefonico perché l’opzione non era compresa nel contratto stipulato eppure era stata oggetto di fatturazione. E poco importa per i giudici se sia vero o falso il documento prodotto dalla difesa da cui risulterebbe che Caianiello era autorizzato anche all’uso personale del telefono aziendale.
Per i giudici: “Se chi detiene l’utenza la voglia utilizzare per soddisfare esigenze frivole, o peggio, allora non è più questione di fringe benefit o di libero uso per fini personali: l’utenza non può tout court essere utilizzata e nessuna amministrazione pubblica lo può consentire”. Punto e basta. Di più, “la cosa pubblica non è disponibile da nessuno e qualsiasi autorizzazione venga rilasciata espone chi lo fa a responsabilità per concorso nel reato di peculato”. Del resto, concludono, “la costanza e la ripetitività dei contatti telefonici del Caianiello con la donna (pari a 808 sms, 50 mms, 192 telefonate, oltre ai 99 contatti correlati alle videochiamate rimborsate nell’arco temporale di un anno e mezzo circa) consentono tranquillamente di escludere l’episodicità della condotta e la sussistenza di impellenti e contingenti esigenze personali tali da imporre l’utilizzo dell’utenza pubblica”. Il pm Roberto Pirro Balatto aveva chiesto per l’imputato 3 anni di reclusione, ma i giudici gli hanno riconosciuto le attenuanti generiche e l’attenuante della scarsa entità delle conseguenze patrimoniali.

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