Delitto Bembo, domiciliari a Iannuzzi e Sciarillo respinto il ricorso della Procura

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MERCOGLIANO- Rigettato dai giudici dellla Decima Sezione del Tribunale di Napoli il ricorso della Procura di Avellino contro l’ordinanza della Corte di Assise di Avellino che aveva accolto l’attenuazione della misura per i due imputati dell’omicidio di Roberto Bembo, avvenuto a Capodanno 2024 a Mercogliano. A distanza di sei giorni dal verdetto dei magistrati della Corte di Assise di Avellino, che lo scorso 15 gennaio hanno condannato i tre imputati a sedici anni di reclusione, c’e’ anche il deposito della decisione dei giudici del Tribunale della Liberta’. I due condannati resteranno agli arresti domicilari. I giudici del Riesame hanno condiviso il provvedimento adottato, quasi al termine dell’istruttoria, dai magistrati della Corte di Assise di Avellino. Il pm Vincenzo Toscano ha impugnato il provvedimento dei giudici avellinesi. L’udienza, davanti alla Decima Sezione del Tribunale del Riesame si era svolta ad ottobre. Incensuratezza, estemporaneita’ della vicenda omicidiaria, colluttazione violenta e contegno nei sei mesi precedenti di sottoposizione agli stessi arresti domiciliari. Erano stati questi gli elementi che avevano determinato l’ordinanza con cui i magistrati della Corte di Assise di Avellino prima della pausa feriale avevano accolto la richiesta di attenuazione presentati dai penalisti Gaetano Aufiero e Stefano Vozzella nell’interesse di Niko Iannuzzi e Lucamaria Sciarrillo, che di conseguenza erano tornati alla misura dei domiciliari. Nelle tre pagine del provvedimento si leggeva anche di un autore materiale, riferendosi evidentemente alla esclusiva posizione di Niko Iannuzzi, che ha confessato di aver colpito Roberto Bembo più volte. Tutto però fermo restando la gravità indiziaria nei confronti di entrambi gli imputati. Nell’ordinanza dei magistrati della Corte di Assise era stato scritto in primis che “ferma la gravità degli indizi di colpevolezza già a suo tempo rinvenuti a carico degli imputati nell’interesse dei quali è stata avanzata la richiesta di sostituzione, nei contenuti restituiti dall’istruttoria dibattimentale fin qui espletata; ritenuta altresì persistente il tipo di esigenza posta a base della cautela in vigore, quale desumibile dalla gravità stessa del perpetrato delitto, dal numero di colpi inferti alla vittima e dalla pronta disponibilità del coltello con cui esso è stato commesso” si ritiene che “per far fronte a detta esigenza – in considerazione non solo e non tanto del pur non trascurabile lasso di tempo trascorso in regime di detenzione carceraria ed all’effetto deterrente ad esso naturalmente connesso, quanto piuttosto, anche per via dell’assoluta incensuratezza dell’autore materiale del fatto, della apparente estemporaneità del gesto omicidiario, infatti rivelatosi compiuto in occasione della violenta colluttazione che, occorsa per futili motivi con un altro gruppo di giovani, è repentinamente degenerata, anche in conseguenza dell’attivo contegno tenuto dalla vittima – basti ormai effettivamente la sottoposizione dei giudicabili alla misura degli arresti domiciliari, tanto più se con l’accorgimento indicato dalla loro stessa difesa, oltre che con lo specifico divieto di comunicazione” aveva evidenziato d’altronde come entrambi gli imputati a cui la richiesta si riferisce, prima del ripristino della cautela oggi in vigore, siano rimasti già sottoposti alla misura degli arresti domiciliari per un periodo di oltre sei mesi, senza affatto incorrere in alcuna violazione delle relative prescrizioni”.