VIDEO/ Come si salva l’Occidente? A Pietrastornina confronto tra Piantedosi e Arditti

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PIETRASTORNINA- Se l’obiettivo era quello di uscire dalla dimensione culturale del “cortile di casa” per comprendere quali sfide possono veramente “salvare’ l’Occidente, l’Italia e soprattutto l’Europa, allora quello organizzato a Pietrastornina dal circolo culturale “Petrastrumilia” nella serata di ieri nella Chiesa dell’Annunziata è stato un confronto, una conversazione utile per comprendere che il secolo che abbiamo davanti non si può guardare con gli occhi semplici di italiani, ma di europei e nel contesto mondiale che tanto lontano da noi e anche dalla nostra Irpinia non è, con un occhio al ruolo che possono avere le aree interne in questo discorso. Ed è questo che è emerso dalla conversazione tra il ministro Matteo Piantedosi e Roberto Arditti, giornalista di lungo corso, ex direttore del Tempo e attuale direttore editoriale di Formiche, che nel saggio “Rompere l’assedio”, presentato ieri sera a Pietrastornina ha affrontato proprio le questioni politico-economico-sociali che impatteranno su Italia ed Europa nei prossimi anni. A partire da uno dei temi base, quello di un solido ricambio demografico. Ma anche la necessita di indipendenza energetica e di relazioni internazionali sempre più difficili senza una difesa comune. Di chip e tecnologia perché solo restando in prima fila nelle produzioni strategiche si può esistere nella competizione globale. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nella veste inedita di “intervistatore” ha voluto avviare quello che poi è diventato un confronto sull’opera di Arditti sottolineando proprio come la domanda di fondo del saggio sia capire se l’occidente ha compreso bene le sfide che si troverà di fronte. Partendo dalle tre immagini che “non sono scelte a caso” sulla copertina del libro: un bambino, un mezzo tecnologico e un mezzo militare. Che cosa mette insieme questi tre elementi e li collega al sottotitolo del libro: l’Occidente si salva solo se capisce le vere sfide del nostro tempo. “Lo spirito di questa conversazione e si quello di parlare del libro ma anche la possibilità di avere stasera una persona come il ministro Piantedosi che è un uomo di grande esperienza e che ricopre dei ruoli più importanti dal punto di vista nazionale, perché se c’è un luogo del sistema istituzionale italiano nel quale percepisci le dinamiche di questo Paese in tutte le sue articolazioni, quel luogo e’ sicuramente il Ministero dell’Interno, quindi il sistema cardiovascolare del Paese”. Il secondo motivo è legato proprio al fatto che la serata è una “serata di provincia, perché credo che questa nostra Italia di provincia ha bisogno di essere valorizzata e raccontata perché contiene energie, persone, storie straordinarie e quindi mentre siamo abituati a fare dibattiti come quello di stasera a Milano, Roma e nelle grandi città, il fatto di farlo in un luogo come questo mi fa piacere”. Il primo tema è stato proprio quello della demografia, per l’autore primo dato del cambiamento della storia e della contemporaneita’, su cui le idee di Arditti sono state condivise dal ministro Piantedosi. “Gli aspetti demografici – ha spiegato Arditti- riguarderanno la nostra Europa in modo imponente, negli anni che abbiamo avanti e devono essere valutati con grandissima serietà. Solo per dare qualche numero, bisogna avere contezza del fatto che nazioni come la Nigeria, per statistiche che possono essere diverse, ad avere alla metà di questo secolo un numero di abitanti che potrebbe tranquillamente superare i trecento milioni. Cioè una sola nazione africana si avvia ad avere un numero di abitanti pari a quello di tutta l’Europa. Le proiezioni invece per l’Italia dicono che a fine 2050 avrà qualche milione di abitante in meno a quelli di oggi. Tutto questo rappresenta un cambiamento epocale di tutto ciò che abbiamo intorno. E da questo punto di vista i temi come natalità, perché i temi legati a quante persone abitino in una nazione come l’Italia si possono affrontare da due punti di vista: persone nate altrove che vengono qua o dei nuovi italiani, qualunque sia la provenienza familiare. Bene, sul tema dei nuovi italiani e io dico anche i nuovi europei, credo che dobbiamo accedere il più rapidamente possibile a provvedimenti che dire eccezionali e’ forse dire poco. Vi faccio un esempio. Nella tanto vituperata Ungheria, di cui non tutto mi piace, ma vi cito una decisione ungherese. In Ungheria ogni donna, quando arriva al quarto figlio, da quel figlio in poi per legge non paga più tasse a vita. Perché l’idea di fondo è il contributo al futuro della società, che arrivando a quattro figli, un numero anche normale per le famiglie dei nostri nonni e bisnonni. Questa idea penso che in futuro potrà attecchire. Noi continuamo a ragionare in termini di natalità con logiche di bonus, mille o duemila euro. Noi dovremo arrivare a provvedimenti eccezionali. Altro che mille euro. Noi dovremo mettere in campo centomila euro per ogni nascituro. Non da versare subito. Ma pensare ad un programma spalmato in dieci venti anni non è impossibile per lo Stato. Questa questione è affrontabile solo con provvedimenti eccezionali. Ad un problema eccezionale si può rispondere solo con misure eccezionali. L’idea di rispondere con soluzioni ordinarie a problemi straordinari non funziona”.
PIANTEDOSI: IL TRAFFICO DI MIGRANTI AFFARE DA UN MILIARDO L’ANNO
“Sono molto d’accordo- ha voluto evidenziare il ministro dell’Interno rispondendo all’autore sul tema della denatalita’- tu nel libro lo dici in maniera molto evidente, anche delle politiche alcune di alcuni paesi che hanno fatto per invertire questo trend. Innanzitutto, hocolto nel libro una conferma rispetto a quella che è una mia personale certezza rispetto a una questione che viene spesso messa in campo nella discussione anche privata talvolta, quando si parla dei problemi della denatalità nel nostro Paese. Si dice: ah, ma sai ci sono molti problemi: i soldi. Insomma non c’è il futuro, e’ incerto in realtà. Poi se uno guarda la sequenza storica da queste parti, insomma, si potrebbe dare un contributo, diciamo di esempio storico, le società che fanno piu’figli sono quelle più povere. Quindi non è la ricchezza l’elemento che determina o meno la spinta verso la natalita’. Ci sono Stati, dei Paesi adesso se uno cita l’Ungheria di Orban sembra voler inserirsi in un circuito di propaganda o comunque di adesione acritica, diciamo complessiva ad un paese che ha fatto una scelta attraverso il proprio leader di avere delle politiche improntate ad un certo tipo di recupero di alcune tradizioni. Probabilmente non tutte queste sono sono sottoscrivibili tout court. Però non c’è dubbio che lì si è dimostrato che alcune politiche di sostegno alla natalità, una di quelle che ha citato tu hanno fatto sì che ci sia stato un inversione del trend e l’Ungheria, credo che adesso sia uno dei paesi in Europa che fa registrare un timido rimbalzo rispetto a quella che è la ripresa dell’ incremento demografico. Un altro elemento che spesso lo dico da Ministro dell’Interno, spesso incrocio su questo tema è di pensare che ci possa essere la soluzione così tout court aritmeticamente implementando incrementando in maniera acritica, quelli che sono i flussi migratori. C’e’ un elemento di considerazione, ne parli anche tu nel libro, ma è un dato di fatto, che anche questo ha una portata limitata, i migranti quando arrivano in Italia e si integrano in qualche modo sposano in toto il nostro modello di vita, cominceranno a non fare più figli. Perché se si vede il trend statistico demografico che riguarda la popolazione immigrata sia che sia semplicemente residente o quella di seconda generazione che ha acquisito la cittadinanza è una popolazione che si iscrive a pieno titolo, poi in questo che è un modello che parte dall’Occidente ma non riguarda solo l’occidente è che fa sì, che poi ad un certo punto il trend statistico in qualche modo si abbassa. Così come personalmente trovo a volte molto riduttivo se non addirittura eticamente discutibile, quando si fa riferimento quando si licenzia questo tema dicendo: noi siamo un paese che non fa più figli. Abbiamo bisogno degli immigrati perché sennò chi ci paga la pensione? Oppure il nostro manufatturiero: dove troviamo gli operai? Io credo che che si faccia confusione di piani. Come talvolta ci siamo sempre detti non vi è dubbio che qualsiasi problema di ordine pragmatico che i governi devono gestire non devono elidere per una questione di tradizione etica, culturale, storica il fatto che noi alle nostre porte dobbiamo tendere sempre la mano a chi arriva soprattutto un Paese come il nostro che ha una frontiera marittima e che quindi in qualche modo espone chi arriva alle nostre porte anche a un rischio ad un pericolo”. Aggiungendo: “Quindi non c’è dubbio che questo ci deve essere. Ma l’accettare acriticamente un fenomeno solo per un riferimento generico aritmetico o di sostituzione legata al fatto che in qualche modo  bisogna creare un meccanismo di implementazione di un elemento della nostra economia che è venuto meno,  credo che sia innanzitutto sbagliato. Perché i dati, potremmo fare una sessione intera qui parlando di questo, i dati che dimostrano che le persone che arrivano in quel modo non sono immediatamente spendibili sul mercato del lavoro anche per loro stessa determinazione, ma anche per il fatto che poi non credo che sia giusto immaginare che noi dobbiamo assecondare un fenomeno.  Noi abbiamo un dato che magari trovo l’occasione per citare qui noi.  Noi abbiamo come Ministero dell’Interno l’organizzazione, ormai consolidata, soprattutto allo sbarco di queste persone.  Parlo soprattutto della frontiera marittima o comunque più In generale quando queste persone entrano nel nostro Paese e si manifestano al nostro sistema istituzionale per richiedere la protezione Internazionale. In quella occasione  c’è una sorta di intervistaa che tra l’altro e’ connessa all’avvio della istruttoria per la riconoscimento della Protezione internazionale. Spesso gli viene chiesto come sono arrivati, a chi si sono affidati e se nel caso quanto hanno speso.   Noi, nell’anno scorso,  abbiamo quantificato tra le risposte date che quindi probabilmente parliamo di un dato che può essere se  realistico,  peccare per difetto,  abbiamo sommato tutte le cifre che gli immigrati che sono sbarcati l’anno scorso che si sono presentati presso le nostre frontiere hanno dichiarato di avere pagato ai trafficanti. Ed è un giro di affari  di più di un miliardo di euro all’anno. Ora dico da Ministro dell’Interno: al di là di ogni ragionamento, perché spesso il  Ministro dell’Interno è stato visto anche come eccessivamente,  come dire, attestato sul rispetto alla ricerca  della imposizione di una regola rispetto al modo con cui si deve giungere nel nostro Paese. Ma come è possibile che possiamo totalmente sottacere che dietro questo fenomeno degli arrivi incontrollati esiste una rete internazionale di trafficanti il cui giro d’affari, è solo a mio modo di vedere accennato rispetto a quelle che sono le dichiarazioni che queste persone fanno all’atto di entrare nel nostro Paese. Quindi voglio dire ben vengano anche occasioni come queste per carità, ce ne vorrebbero altre ma soprattutto una discussione che non sia solo attestata da elementi ideologici, molto spesso l’approccio da una parte e da un’altra di natura molto veloce da una parte da un’altra io dico non voglio adesso accusare solo però ecco, invece un’analisi più seria ci dovrebbe Per far capire che come dicevo: fermo restando che chi si presenta alle nostre porte deve avere il riguardo che la nostra civiltà millenaria dà a chi insomma, ecco è una persona umana,  dopo di che però,   affrontare il fenomeno con la certezza insomma di queste considerazioni”.
Il ministro dell’Interno ha voluto sottolineare che quella svolta ieri a Pietrastornina oltre a proiettare in una dimensione di valutazione di quello che accade nel mondo anche nelle zone interne, creando una piena cittadinanza soprattutto per i giovani, tende a “valorizzare queste espressioni associative che ci sono nei piccoli comuni del nostro Meridione in generale e della nostra Irpinia, per alimentare la discussione su temi che sono di portata internazionale. Roberto Arditti e’ un interlocutore straordinario come si vede anche dall’ultima produzione che ha fatto. E stata una bella discussione, su grandi temi che riguardano gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, che sono non solo oltre il nostro cortile di casa ma anche dei players mondiali che hanno capacità di incidere anche nel nostro ambiente “domestico”. Ha anche sottolineato e ringraziato Arditti per aver voluto presentare il libro in Irpinia e che da questa riflessione emerge come: “ci sono temi che spesso il dibattito nazionale tende a ridurre nel cortile di casa propria, in realtà sono fenomeni che riguardano l’Europa e tutto il mondo e quindi sarà molto interessante affrontarli”. Quanta Europa può esserci in Irpinia? “Ce n’e’ tantissima, l’Irpinia e’ pienamente iscritta nelle dimensione europea e in tutte le dinamiche che riguardano l’Unione Europea. Lo e’ orgogliosamente anche per le tradizioni storiche e culturali che hanno riguardato questa provincia ed il grande contributo che questa provincia ha saputo dare al dibattito pubblico da sempre”. Nel corso dell’intervista a margine dell’iniziativa e’ stato chiesto al Ministro Piantedosi anche dell’ultimo omicidio avvenuto a San Sebastiano al Vesuvio per futili motivi tra giovanissimi. “Qualcuno ci ha anche accusato di aver previsto un quadro normativo di rafforzamento, non un inasprimento di pene in quanto tali mq delle formule di responsabilizzazione maggiore della minore età anche rispetto a quelli che sono i doveri nei confronti della società. E’ un tema molto complicato, dove sicuramente la repressione di polizia non basta. Lo dimostrano anche i recenti episodi, dove c’è bisogno che tutta la società insieme, tutte le istituzioni, soprattutto quelle dell’educazione e della cultura siano coese ad andare avanti”. Anche l’autore ha giudicato importante il ruolo delle aree interne nel discorso sull’Occidente da salvare: “Ce ne dobbiamo occupare e deve diventare a mio una delle scelte, diciamo così strutturali di un’Europa tutta da costruire. Sono zone piene di entusiasmo, energie ed idee, che vanno valorizzate. In citta’ succede, senza bisogno di molto aiuto, qua bisogna applicarsi”
Aerre