Beni confiscati, Gratteri: troppi inutilizzati, un danno all’immagine delle istituzioni

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NAPOLI- “L’ ingente mole di beni sequestati e confiscati e il loro cattivo e addirittura la mancata utilizzazione in definitiva fanno sì che uno degli scopi dell’azione legislativa, cioè quello di minare il prestigio dell’associazione criminale ed affermare vividamente sul territorio la cultura della legalita’ e della democrazia sia frustrato. Determinandosi anzi un evidente danno di immagine per le istituzioni.  Lo  Stato appare  agli occhi della collettività come incapace non solo di garantire un proficuo  utilizzo dei beni, ma addirittura di provvedere anche solo alla  loro conservazione. E’ indispensabile dunque intervenire”. E’ un passaggio “chiave” della lunga relazione del Procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri durante l’incontro promosso dall’Anm di Napoli e da “Agrorinasce” sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati. Un tema su cui proprio Gratteri aveva già nel 2015 guidato la Commissione per l’elaborazione di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. Proposte che avevano riguardato anche il tema dei beni confiscati e di una rivisitazione dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati e sequestrati, che nell’incipit del suo intervento al convegno di Napoli, il capo dei pm ha chiaramente definito: “”E’ ancora ora l’opposto di come noi immaginavamo e immaginiamo la l’Agenzia dei Beni Confiscati”. Anche a distanza di nove anni ormai da quelle proposte le problematiche sono rimaste identiche. Ed una in particolare è stata rilanciata tra le varie modifiche da Gratteri, ovvero l’istituzione delle sezioni specializzate (con competenze oltre che penali anche in diritto commerciale, fallimentare e societario) presso i capoluoghi del distretto – solo ed esclusivamente presso i capoluoghi del distretto – insieme ad una modifica dell’articolo 104-bis e delle disposizioni di attuazione, che prevedono la trasmissione della sola gestione dei beni (ovviamente, non del merito, che resta sempre al giudice che procede) alla sezione specializzata.
Il discorso del Procuratore Gratteri in questi termini e’ stato molto chiaro, soprattutto quando ci si riferisce a beni immobili o aziende e’ necessaria una alta specializzazione nella gestione. Anche perche’ dopo l’aggressione ai patrimoni e’ importante garantirne anche la redditivita’ : “E’ di facile constatazione infatti l’accresciuto rilievo economico delle organizzazioni criminose nel nostro Paese-ha spiegato Gratteri- La  reazione dell’ordinamento preventiva tesa ad adottare soluzioni volte a intercettare i flussi di denaro di provenienza illecita e a escludere dal tessuto produttivo le imprese che i soggetti ritenuti legati in qualche modo alle mafie  è stata sicuramente qualitativamente e quantitativamente importante”.  Ma, aggiunge: “se da un lato vi è la piena consapevolezza che strumento fondamentale per la lotta al crimine mafioso ed economico sia l’aggressione ai beni di provenienza illecita, solo in un tempo ragionevolmente recente  invece si è compresa l’importanza di rimettere in un circuito legale  tali proventi di origine illegale una volta che lo Stato se ne sia appropriato definitivamente. Si tratta di capitali che non solo devono concorrere alla ripresa economica del Paese, ma soprattutto devono favorire la rinascita di un sistema imprenditoriale legale.  Questo convincimento è stato uno dei temi che ha ispirato e orientato le proposte di riforme della commissione della quale si è fatto cenno. Su questo si è già detto che se da un lato  ormai vi e’ la piena consapevolezza che  strumento fondamentale per la lotta al crimine mafioso  ed economico sia l’aggressione ai beni di provenienza illecita, da un lato solo in tempi recenti si comprese l’importanza di rimettere nel circuito legale questi beni. Ad  oggi risulta che in Italia sono in attesa di destinazione definitiva beni per un valore di diversi milioni di euro. Tuttavia l’Agenzia Nazionale che a tutt’oggi preposta all’amministrazione diretta di tali  beni e alla programmazione della loro futura destinazione, presenta non poche criticità che di fatto hanno frustrato e frustrano l’ obiettivo della sua istituzione”.  Basti pensare all’azzeramemto,  per lo più automatico del valore economico dell’azienda e dei beni immobili all’indomani dei provvedimenti di sequestro. Ma non è l’unica responsabile unitamente a questo infatti  al momento vi è la improbabile decisione di mantenere ai sensi dell’articolo 104 bis  del Codice di  Procedura Penale in capo al giudice che ha emesso il decreto fino al momento di confisca di secondo grado. Di particolare impegno, soprattutto per le sezioni GIP Gup,   facendo solo dopo la confisca intervenire l’Agenzia.  La  gestione dei beni confiscati, attraverso le procedure e  le modalità previste dalle normative vigenti, non ha prodotto gli esiti sperati.  L’importanza economica che ormai ha assunto il complessivo patrimonio sottratto al crimine e in particolare la sua componente aziendale,  impone di garantirne, quantomeno la salvaguardia se non la redditività”. Cosa vuol dire? In sostanza che ” non si richiede più soltanto una prudente  custodia dei beni, ma,  laddove possibile una loro gestione pienamente efficiente che a tal fine non può non essere altamente professionale. Con particolare riguardo alle aziende la gestione deve essere immediatamente,  sin dal momento del sequestro,  dinamica,  capace di sfruttare ogni strumento  utile e garantire la salvaguardia del valore patrimoniale; la  capacità produttiva di livelli occupazionali,  anche mediante sinergie tra distinte realtà aziendali interessate.  A tal riguardo del resto e’ circostanza nota che l’applicazione della misura di patrimoniale comporta criticità sul piano dei rapporti con gli istituti di credito,  con i fornitori dell’azienda, con i clienti, con i dipendenti che si trovano a doversi relazionare con un soggetto diverso individuato nell’autorita’ statuale, chiamata a garantire la prosecuzione dell’attività economica riguardo delle aziende sul terreno della legalità.  Perché è uno spartiacque nel momento in cui avviene il sequestro.  Nella specie la prima difficoltà che l’amministrazione giudiziaria incontra è quella del blocco dei finanziamenti praticati dagli istituti bancari, cioe’ garantisce più il mafioso che non lo Stato; all’evidenza preclusiva della continuità delle attività aziendale a cui si aggiunge il frequente calo delle commesse.  Perché ovviamente molti imprenditori, molti piccoli imprenditori, vanno a rifornirsi dal grossista perché il grossista e’ il capomafia o un prestanome del capo mafia e questa è la nuova forma di tangente che bisogna pagare. Ulteriori difficoltà che emergono altresì l’inevitabile aumento dei costi di gestione,  dovuti al processo  di legalizzazione del l’azienda, essendo necessario porre rimedio alla frequente mancanza di scritture contabili attendibili; affrontare il pagamento di oneri fiscali e contributivi,  nonché regolarizzare i rapporti di lavoro ed applicare la normativa antinfortunistica. Tali  circostanze comportano inevitabilmente l’altissimo rischio dell’uscita dell’impresa del mercato.  Queste difficoltà peraltro sono amplificate dal lungo lasso di tempo che solitamente intercorre tra il provvedimento di sequestro e la confisca definitiva che segna il momento in cui l’Agenzia può provvedere alla distinzione delle aziende”. Le conseguenze sono evidenti, ma ribadite dallo stesso Gratteri: “L’incidenza negativa del fattore temporale in uno alla frequente mancanza di capacità manageriale adeguate nella fase di amministrazione gestione che intercorre tra il sequestro e la confisca definitiva comporta che le aziende arrivino in alcuni casi decotte a conclusione del procedimento ablatorio e dunque al momento in cui si deve provvedere alle relative  destinazione. Infine a tutto ciò deve aggiungersi che spesso mancano anche manifestazioni di  interesse nell’acquisizione di beni confiscati,  anche per la mancanza di adeguata diffusione e pubblicità dei beni disponibili o perché la destinazione ad usi  governativi appare assai lunga  e dispersiva. Questo è un dato che anche solo visionando il sito delle Agenzie di beni confiscati si mostra in tutta la sua gravità e  criticità”.
SERVE UN’INVERSIONE DI TENDENZA: CINQUE PUNTI
Allora vediamo pochi punti alcuni punti più importanti e che noi abbiamo ritenuto di poter fissare per creare questa inversione tendenza, che tuttora c’è che ad oggi c’è.  Non è cambiato nulla con la riforma fatta nel poi nel 2016 e a questo ci siamo avvalsi di un un gruppo di lavoro proprio che ha sede sede qui qui a Napoli. Quindi bisogna incominciare a immaginare questi correttivi che tendono e tendevano tendono a potenziare la professionalità degli amministratori giudiziari, distinguere la gestione dei beni aziendali rispetto a quelli immobili o mobili registrati,  favorire le destinazioni anticipate dei beni, riorganizzare e rimodulare i compiti dell’agenzia Nazionale beni sequestrati e confiscati, creare un organo giurisdizionale altamente specializzato per la gestione dei beni. Questa è la novità, diciamo più dirompente rispetto a quelle che ho detto e che dirò.  Poi è omologare razionalmente alla disciplina della gestione dei beni provenienti dai sequestri penali a quella prevista in materia di procedimento di prevenzione. Solo alcuni marginali correttivi sono stati invece recepiti,  ma non in più rilevanti. Anzi a dire il vero gli interventi successivi sono andati in direzione ostinata e contraria su queste tematiche, darò ancora qualche altro spunto qualche altra accenno”. 
LA GESTIONE ANTICIPATA DEI BENI
“Il primo argomento cioe’ quello della destinazione anticipata dei beni,  merita attenzione a quello collegato in ordine alla gestione  anticipata. Sotto tale profilo l’attuale sistema manifesta delle criticità determinate tra l’altro dal lungo lasso di tempo che intercorre tra il sequestro e la successiva eventuale confisca definitiva”.  Dalle difficoltà che incontra l’Agenzia nell’assolvere efficientemente ai propri compiti in materia malgrado la previsione del rapporto da parte dell’Agenzia nazionale per i confiscati e supporto che l’Agenzia è così come strutturata e con le risorse a disposizione di fatto non riesce a fornire adeguatamente.  Dalle difficoltà che di regole incontrano le amministrazioni giudiziaria, per garantire quantomeno l’equilibrio economico della gestioni aziendali.  La fase dell’amministrazione dei beni che si svolge contemporaneamente al procedimento finalizzato all’applicazione della confisca inizia con il sequestro disposto dal tribunale di prevenzione, ovvero dal giudice  penale.  I beni sequestrati, sono amministrati per conto di chi spetta fino alla revoca del sequestro o fino alla confisca definitiva con devoluzione dei beni allo Stato.  L’amministrazione dei beni è di carattere dinamico, o meglio dovrebbe averlo,  perché deve assicurare non solo la conservazione, ma anche la redditività del bene stesso.  Duplice rapidità perseguita dalla legislazione in materia, cioè quella di conservare e incrementare i beni per conto di chi spetta e quindi spossessare il formale titolare gli stessi per ricondurre in un circuito legale. In una prospettiva di destinazione per fini sociali all’esito della confisca definitiva. All’esito del procedimento spesso a distanza di molti anni i beni confiscati definitivamente sono devoluti allo Stato. Molto di frequente, però soprattutto per le aziende il valore dei beni si riduce praticamente fino ad arrivare al fallimento.  In considerazione di ciò sembrava e  sembra meritevole di essere vagliata l’ipotesi  di anticipare quanto più possibile la presa in carico  dei beni da parte dell’Agenzia alla quale si attribuisce una decisiva funzione di coordinamento nella gestione consentendo altresì ove appare necessario,  la loro destinazione anticipata.  Tale previsione che si sviluppa diversamente a seconda delle categorie di beni, nelle specie la commissione proponeva disciplina ad hoc per la destinazione anticipata delle aziende,  deve comunque tenere in massimo conto la necessità di salvaguardare la le legittime esigenze di garanzia dell’originaria proprietà”.
LA RIORGANIZZAZIONE DELL’AGENZIA
“Per quanto riguarda l’Agenzia, abbiamo proposto non solo, ovviamente come vi dicevo queste nostre proposte, non sono state recepite, ma sia andato addirittura in senso contrario affidando compiti che dovrebbero spettare ad un’agenzia fortificata all’autorità giudiziaria, ovviamente richiedeva la proposta richiedeva richiede investimento a tutto tondo dell’Agenzia. Nella specie, senza richiamare l’articolo normativo proposto che registrerebbe di attualizzazione le proposte le commissioni si possono suddividere in tre filoni:  il compito dell’agenzia, le criticità dell’attuale sistema che talora assurge a vere e proprie inefficacia, dipende tra l’altro dal fatto che nel tempo,  anche per effetto della crescita esponenziale dei beni oggetto di sequestro e confisca sono mutate le esigenze. Al  cospetto di ciò,  il sistema di amministrazione giudiziaria che fa perno sulla capacità del singolo amministratore persona fisica, si manifesta evidentemente inadeguato e storicamente risultato altrettanto chiaramente fallimentare,  risulta al contrario necessaria una regia unitaria nella gestione dei beni, dotata delle diverse capacità richieste in relazione alle specifiche tipologie di beni. Per tali ragioni si proponeva in quella sede si ripropone la necessita’ di una maggiore coinvolgimento dell’ Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati sin dalla fase iniziale del sequestro. Nella valutazione dello stato di beni e nell’ elaborazione di strategie per la loro ottimale amministrazione e destinazione.  La  pubblicità,  si proponeva di fare perno sull’agenzia per garantire un’efficiente  sistema di pubblicizzazione dei beni sin dalla fase del sequestro , che ne agevola l’effettiva verifica della possibilità di utilizzo a fine  istituzionale sociale. Per tale ragione si puntava molto sulla pubblicizzazione oltre che on-line attraverso l’uso e gli spazi di cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri può disporre per messaggi di interesse pubblico nel palinsesto dei programmi della società concessionaria del Servizio Pubblico radiotelevisivo”. C’e’ anche il discorso sulle aziende inattive, inutile per Gratteri inserirle nell’elenco delle attività: “Peraltro anche per una maggiore credibilità appare fallimentare la decisione di inserire nell’elenco delle aziende sequestrate anche quelli inattive o  cessate sin dalla fase iniziale.  Infatti, se da un lato non si può negare che in determinati casi non si è stati o non si sia all’altezza dei compiti,  dall’altro è bene anche sottolineare che molte di frequente alcune aziende, società,  ditte sequestrate sono delle cartiere o inattive al momento del sequestro.  Quindi a riguardo tali aziende, una volta operata la definitiva cancellazione,  meriterebbero diversa forma di pubblicita’, con elenco a parte,  al fine di far comprendere che l’inattività o la cessazione non è addebitabile allo stato legale”. Un capitolo anche legato alla riorganizzazione della stessa Agenzia, che con la mole di sequestri e confische avrebbe la necessità di un nuovo contingente di personale: una parte personale che deve avere accesso all’Agenzia dei beni confiscati attraverso le normali procedure selettive, in conformità con la legislazione vigente di procedura di accesso al pubblico impiego. A fianco a una parte di personale in dotazione che ha carattere di stabilità e che necessariamente dovrà avere delle caratteristiche particolari si l affiancherebbe poi una parte del personale che può essere, ovviamente, in mobilità o in distacco, che va a completare una dotazione stabile e organica dell’Agenzia dei beni confiscati. Tutto questo, secondo Gratteri perché : “Solo così quella che è stata la lungimirante idea di Giovanni Falcone potrà ritenersi reale attività di aggressione ai patrimonio di origine illecita, oltre che effettivo ed efficace strumento di contrasto alla criminalità organizzata”. Nello stesso convegno l’intervento del giudice Isabella Iaselli, Presidente Aggiunto dell’Ufficio Gip del Tribunale di Napoli, che si occupa del settore legato ai sequestri. Condividendo la necessita’ di correttivi in materia di confisca e gestione dei beni oggetto di sequestro avanzati da Gratteri, il magistrato ha aggiunto la necessita’ che sia la stessa Agenzia a concorrere anche alla formazione degli amministratori giudiziari, aumentando quella alta specializzazione necessaria e di ausilio anche allo stesso lavoro dei magistrati, visto che sono materie che riguardano settori e competenze delegate almeno con l’attuale quadro normativo al giudice penale.
I RIFLESSI ANCHE IN IRPINIA
Il mancato utilizzo dei beni confiscati sono una problematica che non vede immune anche la nostra provincia. Con casi emblematici, nonostante ci sia stato anche un affidamento. Quello ad esempio della villa confiscata al clan Graziano, dove era stato realizzato un magnificio ma è chiusa da anni. Uno degli esempi che aveva rappresentato un “simbolo” del riutilizzo sociale e aziendale di un bene sottratto alle organizzazioni criminali ma oggi con l’abbandono e’ esattamente quello che ha detto nel convegno il Procuratore Gratteri, ovvero rende l’immagine di uno Stato che non ha la capacità non solo di utilizzare ma neanche di gestire e custodire un bene sottratto alle mafie.