Concorso nel mirino della Procura: ecco perché il telefono non poteva finire sotto sequestro

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AVELLINO- “Una decisiva e pervasiva carenza di motivazione” e l’assenza di un “nesso di pertinenzialità del telefono cellulare rispetto alle finalità dimostrative a cui il decreto di sequestro è ontologicamente strumentale”. Sono i due motivi per cui, accogliendo il ricorso proposto dalla difesa per l’annullamento della conferma da parte del Riesame di Avellino del decreto di sequestro bis del telefonino di un candidato ad uno dei concorsi finiti nel mirino della Procura i giudici della V Sezione Penale della Cassazione hanno annullato senza rinvio il provvedimento dei giudici avellinesi. Nello specifico si tratta dell’impaginazione proposta dal penalista Gaetano Aufiero, difensore di Davide Mazza, il candidato sospettato di aver ricevuto in anticipo le domande per il concorso ad un posto di agente della Polizia locale l’undici gennaio scorso, quando c’era stato un blitz dei militari delle Fiamme Gialle del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Avellino durante la prova orale. Per i giudici del Riesame di Avellino (in prima battuta c’era stato un dissequestro) il provvedimento della Procura era legittimo, per la Cassazione invece no.
IL FATTO
Il riesame per le misure reali di Avellino il 22 febbraio 2024, aveva confermato il decreto di sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero il 5 febbraio 2024, relativo sia alla documentazione del concorso pubblico (già oggetto di decreto di acquisizione), che di un telefono cellulare di Davide Mazza, in relazione alle incolpazioni provvisorie di rivelazione del segreto d’ufficio, falso e abuso in atti d’ufficio, per cui in quella fase era indagato in concorso con Smiraglia Filomena presidente della Commissione esaminatrice per un concorso per istruttori di vigilanza indetto dal Comune di Avellino, accusata di avergli rivelato anticipatamente, quale candidato, la rosa di domande che gli sarebbero state poste in sede di esame orale. Va detto che poi dallo sviluppo delle indagini, l’inchiesta Dolce Vita, per la Smiraglia non e’ stata rilevata la gravita’ indiziaria ma a passare le domande a Mazza sarebbe stato invece proprio l’ex sindaco di Avellino Gianluca Festa. Il Riesame di Avellino aveva ritenuto che, a seguito della trasmissione in Procura di un esposto anonimo, la guardia di finanza si sia attivata per dare un primo riscontro al suo contenuto, acquisendo la documentazione relativa al bando di gara in data 10 gennaio 2024, registrando l’effettiva presenza delle persone indicate nello scritto, l’attuale ricorrente – ammesso alla prova orale il giorno dopo, 11 gennaio 2024, e i commissari d’esame; che, nel contesto dell’annotazione di polizia giudiziaria, si sia dato attodell’impossibilità di verificare l’attendibilità dell’ipotesi di una indebita collusione tra candidato e pubblici ufficiali se non attraverso “l’eventuale riscontro tra le domande annoverate nel corpo dell’atto delatorio con quelle effettivamente propinate in sede d’esame”; che, pertanto, il decreto di sequestro dell’apparato cellulare, datato 5 febbraio 2024, emesso dopo un primoannullamento – deliberato dal Tribunale del riesame – di quello del 11 gennaio 2024, fosse da ritenersi legittimo anche in relazione alle finalità probatorie perseguite. Quindi per i giudici di Avellino era stato legittimamente emesso in presenza di “elementi nuovi, non valutati dalla prima ordinanza di riesame, con particolare riferimento alle iniziative assunte dall’ufficio di Procura in data 22 gennaio 2024 (della cui prova il primo intervento del Tribunale del riesame non aveva potuto disporre), con le quali era stato dato incarico alla polizia giudiziaria di effettuare accertamento tecnico non ripetibile sulla memoria del cellulare in sequestro, previo rispetto delle garanzie difensive; il dato sopravvenuto, in definitiva, consentirebbe di escludere la violazione del c.d. giudicato cautelare, dedotta dalla difesa. La stessa difesa aveva contestato su tre motivi il provvedimento del Riesame. I primi due per violazione di legge. Il primo motivo per cui perché il provvedimento impugnato avrebbe confermato il vincolo del sequestro sulla scorta della denuncia anonima, inutilizzabile se non ai fini dell’individuazione di una notitia criminis
Aveva successivamente rilevato l’ assenza di motivazione quanto alle ragioni esplicative del nesso di pertinenza tra il telefono cellulare e i reati ipotizzati, non chiarite nemmeno dal decreto del pubblico ministero. Infine la violazione del principio del ne bis in idem cautelare, in presenza di un pregresso provvedimento di annullamento disposto dal Tribunale del riesame a riguardo di un analogo decreto di sequestro del 11 gennaio 2024.
LA DECISIONE DEI GIUDICI
I primi due motivi sono stati ritenuti fondati. Hanno scritto i giudici:” pur esattamente evidenziando che la fonte anonima sia da intendersi quale mero impulso all’attività di indagine, il Tribunale del riesame abbia, in realtà, utilizzato la medesima come piattaforma indiziaria idonea di per sé a giustificare l’emissione del decreto di sequestro del pubblico ministero, oggetto dell’impugnazione. La consultazione degli atti trasmessi a questa Corte e di quelli allegati al ricorso per cassazione consente in proposito di divisare che l’organo inquirente abbia, dapprima, correttamente iscritto la segnalazione anonima nell’apposito registro a mod. 46 ed altrettanto legittimamente, poi, delegato alla polizia giudiziaria un’attività di verifica degli spunti informativi da essa discendenti allo scopo di pervenire ad una notitia criminis, a sua volta foriera della individuazione degli estremi di reato sul cui presupposto attivare le indagini ed adottare le iniziative investigative tipicamente disciplinate dal codice di rito”. E quindi è arrivato l’annullamento
COSA SUCCEDE ORA?
Tutto il materiale oggetto di copia forense del telefonino sarà distrutto perché inutilizzabile. Quindi anche i messaggi in cui Mazza avrebbe riferito al suo preparatore di avere le tracce della prova orale e poi verosimilmente di quella orale. Sono atti che non potranno più far parte del processo. Resta agli atti invece la dichiarazione dell’ex sindaco di Avellino Gianluca Festa, che nel corso del suo interrogatorio di garanzia (ripreso nell’ordinanza del Riesame) si era giustificato in merito alla presunta consegna delle buste con le domande destinate a Mazza asserendo che era un “pacco”, perché si riferivano ad un altro concorso.