Fallimento Us Avellino, il Tribunale “stringe” per chiudere il processo a Pugliese

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Il 16 settembre del 2010 e’ una data che per tutti i tifosi avellinesi resterà impressa come un lutto. E’ il giorno infatti che viene dichiarata fallita dal Tribunale di Avellino con la sentenza 46/2010 la società “U.S. Avellino s.p.a.”. Come è noto poi riacquistato nel 2015. Per quel fallimento nel 2019 il pm della Procura della Repubblica Fabio Massimo Del Mauro aveva chiesto ed ottenuto dal Gup Marcello Rotondi il rinvio a giudizio davanti al Tribunale Collegiale di Massimo Pugliese, l’imprenditore di Frigento, accusato di di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Tutto derivato dalla circostanza per cui Pugliese, in qualità di Consigliere di Amministrazione dal 25/10/2004 al 21/4/2008, successivamente da Amministratore Unico dal 21/04/2008 al 22/12/2009 ed infine da liquidatore dal 22/12/2009 sino alla data del fallimento, avrebbe secondo le accuse della Procura “dissipato, distratto o comunque occultato i beni facenti parte del patrimonio sociale (o comunque distraeva, dissipava od occultava i ricavi economici provento dell’alienazione dei beni medesimi) cosí da creare passivitá accertate non inferiori a 16.544.247,58 euro a fronte di attivitá residue non superiori a ca. € 227.300,00 euro”. Uno tra i modi contestati a Pugliese per porre in essere questa operazione era relativo alla società fondata nel 2007, la
la “Avellino Soccer s.a.s” partecipata al 99,91% dalla stessa “U.S. Avellino s.p.a.” –
nella qualità di accomandante – con una quota pari a cinque milioni e trecentomila euro, cedendogli il ramo d’azienda della “U.S. Avellino s.p.a.”, relativo a “marketing, merchandising e sponsorizzazione comprensivo del marchio U.S. Avellino e sue derivazioni” – al quale con una perizia di stima (mai depositata agli organi del fallimento nè altrimenti esibita) veniva attribuito il valore di quasi dodici milioni e cinquecentomila euro. Tra le “attività”, era compreso l’importo di un milione e mezzo relativo ad “Assegni” di terzi nella disponibilità della fallita, ni tal modo privando al U.S. Avellino s.p.a. Per la Procura un modo di privare “di una ingente liquidità (rappresentata dall’importo predetto di € 1.444.200 ) senza alcuna contropartita economica ed in assenza di qualsiasi giustificazione economica in relazione alle necessità aziendali della U.S. Avellino s.p.a, in un momento in cui la fallita già versava ni serie difficoltà economiche, avendo chiuso in costante perdita i due esercizi precedenti”. Qualche giorno fa davanti al Collegio presieduto dal giudice Gian Piero Scarlato si è celebrata una nuova udienza, quella dove la difesa di Pugliese, rappresentata dagli avvocati Antonio Iannaccone e Alba Fattorello, hanno citato due testi per dimostrare come le scelte societarie prima del fallimento non fossero assunte da Pugliese soltanto ma erano anche note agli organi competenti. In particolare alla FIGC, che consente la partecipazione al campionato delle società solamente all’esito dei controlli sulla situazione economico-finanziaria demandati alla COVISOC. Inoltre, all’epoca parte delle quote azionarie erano state sottoposte a sequestro dalla DDA di Salerno, a seguito querelle Casillo – Aliberti, ed erano state affidate ad un amministratore giudiziario, chiamato anch’egli sul banco dei testimoni Il Tribunale ha deciso di stringere e dare una accelerazione al processo. Così il giudice Scarlato ha fissato la prossima udienza al 9 luglio, quando sarà anche chiusa l’istruttoria. E in una udienza successiva, entro il 2024 ci sarà anche il verdetto di primo grado sulla vicenda.

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