QUINDICI- Antonio Graziano anche dal carcere: “in virtù del ruolo di spicco ricoperto in passato all’interno del clan a forte carattere familistico, rappresenta, ancora oggi, anche alla luce delle più recenti attività investigative, un punto di riferimento dell’intera organizzazione”.
Così i giudici della Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione hanno rigettato la richiesta di revoca dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che lo scorso 14 aprile aveva confermato la proroga del regime di 41 bis firmata dal ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio nei confronti del sessantunenne detenuto dal 27 maggio 2002, quando fu catturato in un nascondiglio al termine di un’operazione congiunta di Polizia e Carabinieri nella sua abitazione in Via Masseria D’Alia dopo la strage delle donne di Via Cassese (costata la vita a figlia sedicenne, sorella e cognata del boss rivale Biagio Cava) di cui Graziano era stato l’autore materiale e per cui sta scontando una condanna a 30 anni.
Come evidenziato nelle informative di Direzione Nazionale Antimafia e Carabinieri, a determinare la proroga hanno deposto una serie di elementi. A partire dal ruolo di spicco assunto all’interno dell’organizzazione di appartenenza da Graziano, ma anche da altri due fattori.
Il primo legato “alla perdurante attività del gruppo criminale, ampiamente dimostrata dalle numerose operazioni che lo hanno interessato fino ad epoca recente vari sodali, molti dei quali suoi stretti familiari , ritenuti a vario titolo partecipi dell’associazione camorristica a lungo diretta dal fratello di Graziano o ad essa vicini”. Il secondo invece relativo al “costante interesse dimostrato dal condannato, fino ad epoca recente, in ordine alle vicende della criminalità organizzata campana e al clan di appartenenza anche con l’impiego di un linguaggio criptico in più colloqui registrati nel carcere di Cuneo”.