Ato Rifiuti, bocciati ricorsi dei Comuni: inammissibili perché non legittimati

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AVELLINO- Bocciati, in parte perché dichiarati inammissibili per difetto di legittimazione e in parte rigettati in quanto infondati i ricorsi dei Comuni di San Michele di Serino, Montoro, Pago Vallo Lauro e Serino nei confronti di Irpinia Rifiuti Zero S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Geremia Biancardi e Alfredo Contieri e dell’ Ambito Territoriale Ottimale di Avellino – Ente D’Ambito per il Servizio di Gestione Integrata dei Rifiuti Urbani, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Brancaccio e Alberto La Gloria.

Tra i primi atti per cui veniva chiesto l’annullamento c’è “della delibera di Consiglio di Ambito dell’EDA ATO Avellino n. 23 del 27.4.2023 che ha confermato la delibera di Consiglio d’Ambito n. 21 del 29.3.2023 con cui è stata deliberata la costituzione di Società in house per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti per l’ambito territoriale di Avellino, in uno al richiamato parere del Prof. Contieri del 27.04.2023”.

Una articolata e lunghissima motivazione, quella emessa dalla Prima Sezione del Tar di Salerno. In buona sostanza il “Collegio, condividendo l’eccezione al riguardo formulata dalle parti resistenti, ritiene che il ricorso sia, nella fattispecie concreta, inammissibile per difetto di legittimazione attiva del Comune ricorrente”. Il tema centrale della sentenza è proprio legato alla legittimazione dei Comuni ad impugnare i provvedimenti.

Si legge in uno dei passaggi della sentenza: “Osserva tuttavia il Collegio che, pur volendo accedere alla configurazione, nella presente vicenda, del Comune ricorrente quale ente esponenziale degli interessi rilevanti per la collettività stanziata, sarebbe comunque pur sempre necessaria, ai fini della legittimazione, la sussistenza di una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi propri della collettività rappresentata (cfr., con riguardo a tale specifico profilo, Consiglio di Stato, sez. IV, 9 dicembre 2010, n. 8683, ove si evidenzia l’esigenza di collegare per l’ente esponenziale “la legittimazione all’esistenza di un danno, diffuso seppure di entità contenuta, che possa ricadere sull’intera collettività e che, non giustificando l’intervento del singolo cittadino, autorizza tuttavia l’ente esponenziale a farsene carico”), lesione tuttavia non comprovata”.

Perché continuano i giudici: “Tali circostanze non ricorrono tuttavia nel caso di specie, considerato che le violazioni denunciate non comportano una compressione delle prerogative del munus del singolo Comune rispetto alle delibere adottate dall’Ente d’Ambito, dovendosi d’altronde escludere che “ogni violazione di forma o di sostanza nell’adozione di una deliberazione (che di per sé può produrre un atto illegittimo impugnabile dai soggetti diretti destinatari o direttamente lesi dal medesimo), si traduca in una automatica lesione dello ius ad officium, giungendosi, altrimenti, al paradosso che qualunque delibera consiliare dovrebbe ritenersi impugnabile dai consiglieri dissenzienti quanto meno con riferimento alla censura relativa alla pretesa conformità di essa al modello legale”.

“In conclusione- si legge nella parte finale- la legittimazione del Comune, partecipante all’ATO, ad impugnare delibere dell’Ente d’Ambito, se non può essere negata sul piano generale e astratto, tuttavia non sussiste nella fattispecie in esame, considerato che il Comune ricorrente non deduce la lesione di prerogative del munus (o della sfera giuridica delle funzioni e competenze istituzionalmente individuate dalla legge in capo all’Ente territoriale), né tantomeno contesta la spettanza in capo all’EdA Avellino delle prerogative ex lege attribuite in ordine alla scelta della modalità di gestione ed all’affidamento del servizio.

Piuttosto, ciò che è oggetto di censura è la correttezza delle modalità di esercizio delle competenze dell’Ente d’Ambito e la ragionevolezza della scelta effettuata, con precipuo riguardo alla (presunta) lesione inferta sotto il profilo economico al bilancio comunale e ai singoli cittadini utenti del servizio.

Tuttavia, il Comune non dimostra un danno reale in termini di incidenza sul bilancio comunale (per cui il ricorso si presenta, in relazione a tale profilo, anche inammissibile per carenza di interesse), mentre – per quanto concerne l’incremento dei costi a carico della collettività – finisce per proporre sostanzialmente un’azione surrogatoria nell’interesse del singolo utente inciso, non ammissibile per quanto più sopra indicato; ciò che residua, in ultima analisi, è una pretesa alla legalità dell’azione amministrativa, incompatibile con il nostro sistema di giurisdizione soggettiva”.