Nocciolo, il progetto di tre Comuni per uscire dalla crisi, Buonopane: la Provincia vi sosterra’

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Tre Comuni in campo per trovare una soluzione scientifica e tecnica alla crisi del comparto corilicolo nel Vallo di
Lauro e nella Bassa Irpinia.

La proposta lanciata dal sindaco di Marzano di Nola Franco Addeo, che insieme ai suoi “colleghi” di Pago Vallo Lauro Antonio Mercogliano e di Domicella Antonio Corbisiero e’ pronto ad investire su nuovi impianti e cultivar in una sorta di campo sperimentale nelle proprietà dell’ente, incassa anche l’appoggio del presidente della Provincia Rizieri Rino Buonopane, che ai sindaci del Vallo risponde “presente”.

Da Palazzo Caracciolo un sostegno alle attività scientifiche per risolvere una crisi che in questi anni ha portato ad una riduzione del 40 per cento. Una soluzione alla crisi? Quello che è chiaro dalle due ore di convegno organizzato nell’ambito della rassegna “Il Nocciolo e le strade dei Forni”, giunto alla Diciassettesima Edizione e diventato una rassegna che include ben sei comuni, e’ che gli impianti attuali vanno sostituiti. Con quale coltivazione? Le stesse nocciole, che almeno per ora non avrebbero alternative valide a livello colturale. “Le condizioni climatiche di questi territori consentivano di realizzare raccolti straordinari- ha esordito nel suo intervento il sindaco Addeo- Per esperienza personale diretta facevo in un moggio di terreno, composto da quattromila metri quadrati almeno venti quintali di nocciole, senza mai concimare. Una vera benedizione del Signore. Da qualche anno stiamo vivendo molte difficoltà legate alla carenza di produzione. Quale è la causa, che ci fa correre il rischio di uscire dal mercato corilicolo? Le motivazioni sono a mio giudizio legate alla vetusta’ degli impianti. I nostri impianti hanno un’età media di settanta anni. Nel Vallo di Lauro e’ questo il motivo insieme alle condizioni climatiche e all’aggressione insettivora di questa carenza. Sempre per esperienza diretta vi informo che sempre in un moggio di terreno per il terzo anno consecutivo non ho raggiunto i due quintali di nocciole.

Per cui il primo obiettivo da realizzare è quello di reimpiantare le colture, stando anche attenti a saper scegliere quali: la mortarella, la cambonica, la San Giovanni o questa nuova coltura, la “tonda francescana” di cui si inizia a parlare in modo diffuso. Quanto il clima incida sulla qualità del Nocciolo e non ultimo l’attività che deve preparare e precedere la crescita delle stesse colture”. Addeo ha rammentato della sua missione in terra di Tuscia, a Caprarola, dove è stato come lui stesso si è definito, un “inviato speciale” del presidente della Provincia Rino Buonopane: “Caprarola oggi rappresenta quello che il Fossato, il Vallo di Lauro, il Baianese e l’alto nolano rappresentavano trenta anni fa. Sono emergenti perché le piante sono nel pieno della produzione. A Caprarola ho potuto vedere che ci sono degli impianti la cui età massima arriva a venti anni, noi lavoriamo su noccioleti che hanno più di settanta anni. E’ impossibile trarre produzione da queste piante. E’ facile dire: estirpiamo e reimpiantiamo. Perché per creare nuovi impianti servono delle finanze. Credo però che debba essere dovere degli enti locali, degli amministratori, farsi carico della problematica del Nocciolo, che rappresenta l’attività di base primaria per il nostro territorio. Ma anche perché attraverso il Nocciolo si deve recuperare la socialità, realizzare il programma di salvaguardia ambientale, recuperare i valori della solidarietà. Gli enti locali credo che debbano essere gli attori principali”. Da qui la proposta che ha già ottenuto l’ok da Palazzo Caracciolo: ” Vorrei- ha continuato Addeo- a nome dell’amministrazione comunale, realizzare una esperienza nell’agricoltura, per verificare la fattibilità di quanto stiamo dicendo. Cioè estirpare i nocelleti dove si trovano i vecchi impianti e realizzarne di nuovi. Capire cioè se insistere ancora sulla varietà mortarella o dare spazio a questa tonda francescana.

Il Comune di Marzano di Nola e’ pronto a fare un’esperienza concreta su terreni di proprietà comunale per i nuovi impianti. Faremo questa esperienza su un moggio.di terreno (quattromila metri) realizzeremo un impianto di irrigazione sotterraneo, metteremo a coltivazione per una metà la cultivar mortarella, un altro mezzo moggio ad una cultivar da individuare e probabilmente proprio la tonda francescana. Per fare ciò è necessario impegnare risorse. Il Comune di Marzano avvierà questo progetto e al presidente Buonopane chiediamo che la Provincia possa concorrere ad una sperimentazione che riguarda sia il Comune di Marzano che quelli di Pago e Domicella. L’augurio è che questi nuovi impianti possano portare una produzione che sia dunque da esempio anche per i produttori di tutta la zona”.

Le sinergie istituzionali e il legame con l’Irpinia sono state apprezzate dal sindaco di Visciano Sabato Trinchese, che ha ricordato come sia importante sollecitare la sostituzione degli impianti come risposta alla crisi del settore e alla nuova emergenza della cimice asiatica. Per cui ogni inziativa di sostegno istituzionale va incentivata. Piena adesione all’iniziativa e soprattutto apprezzamento per la proposta del sindaco di Marzano Franco Addeo e’ stata confermata anche dal vicesindaco di Domicella Fabio Peluso. Il sindaco del comune capofila del Poc, il primo cittadino di Pago Vallo Lauro Antonio Mercogliano , ha ricordato come il progetto nasca storicamente dalla iniziativa ideata proprio dal Comune di Marzano di Nola: “La questione del Nocciolo e della sua coltura è un punto focale della nostra economia. Perché si basa essenzialmente su una vocazione agricola, costituisce una problematica che riguarda il tessuto socio-economico del Vallo di Lauro. Per cui la crisi delle imprese agricole ha un effetto anche sullo spopolamento e sulla migrazione”.

Tecnico e anche storico, data la profonda conoscenza del territorio, e’ stato l’intervento di Giampaolo Rubinaccio, prosuttore e rappresentante di Ortofrutta Italia. Recuperare l’orgoglio della vocazione territoriale e comprendere che e’ necessario aggregarsi come imprese agricole in organismi di produttori: “Stiamo diventando un piccolo territorio, quando prima il Fossato era studiato in tutto il Mondo. I turchi venivano qui perché non si rendevano conto di come fosse possibile superare la quattro o cinque tonnellate ad ettaro, in un luogo dove era asciutto, perché il fossato non era irriguo. Oggi siamo noi a dover capire come fanno gli altri territori ad avere delle redditività ad ettaro, perché signori miei, ve lo dice uno di questa zona perché non vuol tenere nessuno che voglia venire da fuori o altro: ci stiamo impigrendo. Il problema vero è che le imprese, se hanno ancora voglia di esserlo e soprattutto non riuscendo a farcela da sole, devono affrontare i nuovi scenari facendo aggregazione”. Non c’e’ alternativa all’impianto di nocciolo, lo ha fatto capire chiaramente l’ex ispettore fitosanitario della Regione Campania Nicola Casciello: “Tanti dicono che il nocciolo non ha più futuro, che non è remunerativo. Quale sarebbe l’alternativa? Qui si sparano le grandi “sciocchezze”: mettiamo il melograno, mettiamo la papaia, il mango, le mandorle, che bene o male hanno una produzione che si avvicina a quella del Nocciolo. Per fortuna non si parla ancora di banane. A parte che c’è un gap che ci rende non competitivi, il fatto cioè che la nostra non è una zona irrigua. Ma, quando ero ispettore Fitosanitario ho sempre utilizzato il termine “corilus avellana”, per cui davvero pensate che mentre in tutto il Mondo si stanno approntando nuovi impianti, non sarebbe possibile farlo, su basi rigorosamente scientifiche anche qui da noi. Per questo propongo ai sindaci e alla Provincia l’istituzione di un tavolo permanente sul Nocciolo che preveda la partecipazione di tutte le realtà della filiera sia istituzionali che sociali”.

Turismo esperenziale e ricerca. I temi al centro dell’intervento di Rosario D’Acunto, presidente della rete di Associazione Citta’. della.Nocciola: “Anche nella corilicoltura italiana va data fiducia alla ricerca. Certo, in questa fiducia accordata alla ricerca ci sono delle strategie, c’e’ una metodologia. A me farebbe piacere come presidente della rete delle comunità corilicole italiane, che il presidente Buonopane dialogasse con il presidente di Cuneo e di Viterbo. Perché? Perché noi stiamo facendo dialogare le Regioni, ma devono farlo anche le province e i Comuni. E vedrete che quando c’è il dialogo si abbassano anche i costi. Perché la ricerca valorizza ciò che è stato già indagato e va avanti più speditamente. Cosi come prima si parlava di vivai e prodotti certificati. Ci dobbiamo fidare della ricerca e affiancare quelle istituzioni che valorizzano la stessa”. Il riferimento poi ad un passaggio dell’intervento di Gianpaolo Rubinaccio: “Il primo nemico della Nocciola siamo noi stessi. Perché è vero che c’è il cambiamento climatico, e’ vero che c’è la vetusta’ degli impianti, ma quanti di noi non investono in qualità del prodotto ed in qualità del territorio? Noi come Associazione Nazionale “Città della Nocciola” lo diciamo da venti anni. Fino a quando le nocciole in guscio rotolano, il produttore resta povero. Perché è vero che le multinazionali hanno bisogno del prodotto, sia di quelle italiane ma il decuplo e forse di più di quelle straniere. Nulla toglie che le multinazionali si rivolgano anche all’estero per garantire la materia prima che devono lavorare. La materia prima dobbiamo iniziarla a trasformare noi. Ormai ci sono contadini “pasticcieri”, contadini che trasformano il prodotto, che vanno al mercato della terra di Slow Food”.

Atteso e ricco di spunti l’intervento del docente universitario Giuseppe Celano: “Ricordiamoci che l’avellinese, ma anche la Campania in totale, produce il trenta per cento delle nocciole italiane. Quindi, non tutto può seguire il flusso della piccola produzione. Bisogna individuare degli strumenti, dei modelli di utilizzo della Nocciola, molto diversi. Può essere anche una filiera lunga, tendenzialmente sono d’accordo con D’Acunto per la filiera corta , perché quella che lascia maggior reddito sul territorio, questo è un dato importante. Però ci sono tanti altri elementi di criticità. Non so, vogliamo parlare dei cambiamenti climatici, che qualcuno nega o continuiamo queste mie considerazioni. Ci sono delle criticità legate alla vetusta’ degli impianti. In primo luogo una criticità è stata già ricordata, quella legata al vivaismo. Qui abbiamo il vivaismo per cui spesso capita di comprarsi una cambonica e spesso trovarsi magari con una mortarella. Spesso ci si trova con un’altra varietà in campo diversa da quella acquistata. C’è un primo aspetto legato dunque al vivaismo, che va certificato. Un secondo aspetto è legato alla ricchezza che ha la Campania inntermini di biodiversità. Il terroritorio campano ha decine di varietà rispetto all’unica ad esempio esistente nel viterbese, cioè la ‘tonda romana’ e alla sola varietà che troviamo in Piemonte, dove hanno realizzato dei cloni a partire dalla “tonda gentile delle Langhe”. Siamo per cui un territorio che insieme alla Sicilia, perché li nel 1900 c’era la maggiore produzione di nocciole a livello nazionale. Poi c’è stato un grande decadimento e ora sta riprendendo. Però molte delle varietà come la “montebello”, vengono dalla Sicilia, così come tante qualità vengono dalla Campania. Per cui c’e’ una grande biodiversità da salvaguardare. Perché non tutte le piante sono uguali”. Un altro problema per il docente universitario e’ rappresentato dal ricambio generazionale. Se nessuno raccoglie questa sorta di “eredita’” di una categoria di agricoltori che ha un’età media di 62 anni: “c’è un grosso problema, soprattutto in queste aree. Il Nocciolo produce oltre che ai frutti anche conservazione del territorio. Riduce l’erosione e le frane. Voi avete un paesaggio storico straordinario da valorizzare. Stiamo lavorando all’università proprio su questo aspetto: stiamo individuando tutte le aree ciglionate, perché si tratta di aree che vanno tutelate e che determinano un passaggio importante da tutelare. Avete visto quando i ciglioni si deteriorato? Cade tutto a valle.

Questi sono costi per la società. Una funzione che bisogna riconoscere. Un funzione della corilicoltura polisistemica, per cui l’agricoltore dovrebbe essere pagato per la difesa del suolo”. Per il presidente della Provincia Rizieri Rino Buonopane si tratta di un “film gia’ visto”, riferendosi alla stessa crisi causata a Montella dal cinipide: “La castagna, quella reale di Montella che è una Igp- ha spiegato il presidente Buonopane- ha affrontato negli ultimi quindici anni difficoltà come quelle che ho ascoltato stasera. Difficoltà affrontate con spirito di iniziative dei singoli. Non eravamo pronti ad affrontare l’arrivo del cinipide. Non lo eravamo perché si è sempre immaginato che ognuno si potesse salvare da solo. Ogni operatore della filiera aveva immaginato che non sarebbero mai arrivati problemi. Poi invece è arrivato. Abbiamo attraversato un periodo difficilissimo. Pensate che quella reale dava il cinquanta per cento della produzione nazionale. Non era certo poca cosa. Ora il venticinque per cento di quella quote era della “reale”, della Igp di Montella. Oggi i numeri sono ben diversi. Poi i problemi di mercato, climatici, i problemi di immaginare la sostituzione degli impianti. In questo siete fortunati, perché immaginare la sostituzione degli impianti da noi e’ qualcosa di più complicato, perché abbiamo castagneti che sono secolari. Però una cosa mi permetto di dirla pur non essendo esperto. Ho sentito parlare di diverse varietà. Certamente ogni approccio deve essere scientifico e non lasciato all’esperienza o all’intuito del singolo. Ad un certo punto qualche tecnico ha anche pensato di impiantare in sostituzione della “reale” la bouche, cancellando la storia, la cultura e la tradizione di un prodotto che a metà degli anni ottanta era già una doc, il primo prodotto ortofrutticolo in Italia ad avere quel riconoscimento. A metà degli anni 90 arriva l’Igp. Ora, ho sentito parlare di diverse varietà, come se riguardasse soltanto l’obiettivo della quantità di produzione. Questo è certamente un dato importante ma lo è anche immaginare, se rimpianto deve esserci, puntare sulla qualità. Perché, signori, le sfide che oggi siamo chiamati ad affrontare sono appunto quelle della qualità. Sui mercati internazionali non possiamo competere senza qualità. Quindi è fondamentale l’approccio scientifico, teso ad individuare la giusta cultivar, che possa garantire contemporaneamente quantità e anche qualità. Mi permetto di suggerire che nel principio che nessuno si salva da solo, occorre puntare ad una rete dove la parte pubblica deve assumersi la responsabilità in cui tutti stanno dentro. L’ulteriore passaggio e’ quello di uno strumento che sia si tutela e valorizzazione.

Il punto fondamentale è quello di un Consorzio, che tutela e valorizza. Se avessimo avuto a Montella un Consorzio nel momento in cui e’ arrivato il cinipide, probabilmente avremmo impiegato meno anni per combatterlo e trovare le soluzioni più opportune. Non eravamo pronti. Però quello ci è servito, perché oggi lo abbiamo costituito. Abbiamo capito quanto fosse importante stare insieme con un disciplinare, con delle regole, garantendo un prodotto e puntando sulla qualità”. E sulla richiesta fatta dal sindaco di Marzano Buonopane ha assicurato: “Non mi sottraggo alla richiesta di un territorio, ovviamente quella fatta dal sindaco di Marzano. Certamente la Provincia può fare la sua parte, se l’obiettivo è quello di fare un modello di nuovo impianto, sperimentale. Non credo neanche che la Regione debba essere tenuta fuori. A maggior ragione la Regione va chiamata in causa. La Regione andrebbe chiamata in causa per tante altre questioni. Non so se state seguendo la vicenda della Dop Campania. E’ imbarazzante il silenzio di riferimenti istituzionali che dovrebbero invece garantire una qualità che noi ad Avellino abbiamo ottenuto negli anni. Mi riferisco alle tre Docg, purtroppo. Occorre fare una critica, farsi portatori di interesse e occorre, se necessario, anche farsi sentire in Regione, perché deve fare la sua parte. Certamente la Provincia ci sarà. Mettiamo su un progetto su territori che siano di proprietà comunali, immaginando anche forme di irrigazione, aprendosi ad una tecnologia diversa. In quel supporto tecnico. Una prerogativa della Provincia è quella di fare assistenza tecnica ai Comuni, possiamo immaginare di impegnare dei fondi per questo progetto. Quindi la Provincia c’è e ci sarà per questo progetto”,.