SAN MARTINO VALLE CAUDINA- I magistrati della Seconda Sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli hanno riformato la sentenza di primo grado per l’ omicidio del boss caudino Orazio De Paola, riducendo da diciotto a dieci anni la pena nei confronti di Gianluca Di Matola, che aveva confessato di aver sparato contro il cinquantenne nei pressi della sua abitazione di Via Castagneto a San Martino Valle Caudina. Una notevole riduzione della condanna determinata dalla concessione delle attenuanti generiche nei confronti di Di Matola, come anche nel processo di primo grado davanti alla Corte di Assise di Avellino aveva chiesto i suoi difensori, gli avvocati Alessio Ruoppo e Vittorio Fucci . Un notevole ridimensionamento della condanna che sarà più chiaro tra novanta giorni da quali altre circostanze e’ stato determinato, quando cioè i magistrati depositeranno le motivazioni. Intanto
il processo di Appello, innanzi alla Corte di Assise di Appello di Napoli, che si è concluso con il quasi dimezzamento della pena e, quindi, con la riforma della sentenza che ha ridotto la pena inflitta dal Tribunale di Avellino da 18 a 10 anni di reclusione si è celebrato con la partecipazione nel collegio difensivo del Di Matola anche dell’ avvocato Vittorio Fucci, il quale ha presentato dei motivi aggiunti . C’è stata una lunga discussione dell’ avvocato Vittorio Fucci dopo la requisitoria del Procuratore Generale che aveva chiesto la conferma a 18 anni di reclusione. Di Matola aveva sempre invocato una legittima difesa nella vicenda, raccontando anche in aula quanto era avvenuto la mattina dell’otto settembre del 2020, quando De Paola era stato attinto da più colpi di arma da fuoco nel cortile della casa dove risiedeva la famiglia Di Matola.
Le indagini, nell’immediatezza dei fatti indirizzate in un contesto mafioso, avevano successivamente fatto emergere come quello del boss presunto reggente all’epoca dei fatti del clan Pagnozzi, sarebbe stato un delitto maturato per questioni private, in particolare la lite della mattinata dell’omicidio per un post del fratello di Di Matola che aveva offeso De Paola. Per cui le indagini e l’istruttoria di primo grado era stata definita dai pm della Procura di Avellino Luigi Iglio e Vincenzo Toscano. Nell’udienza in Appello anche la Procura Generale aveva chiesto la conferma della pena irrogata in primo grado.
LA CONFESSIONE IN AULA: HO SPARATO PER DIFENDERE MIO FIGLIO
Nell’ottobre del 2021 era stato lo stesso Gianluca Di Matola a raccontare quanto avvenuto nella mattinata dell’otto settembre 2020:Io dovevo fare la comunione a mio figlio e il 12 settembre e avevo dei pittori (imbianchini) a casa, mentre stavo andando a misurare il vestito ho avuto la chiamata da mio cognato che stava come un pazzo. C’era De Paola che stava discutendo con mio fratello. Arrivo a casa e De Paola era arrivato con una bicicletta, entriamo dentro casa e arriva mio fratello e iniziano a battibeccare, io non stavo capendo nulla. Come vidi che questa discussione stava degenerando diedi uno schiaffo a mio fratello: la vuoi finire con lo zio.. In quel momento De Paola estrasse la pistola. Gli cadde la pistola e questa persona stava procedendo verso la bicicletta come se nulla fosse. Aveva una pistola e la punta verso mia moglie e mio figlio io avevo la pistola che lui aveva per terra. Iniziai a sparare perché non sapevo se quella persona avrebbe ucciso mia moglie e mio figlio”