Riforma Cartabia, Airoma: “Troppa fretta, si rinvii”

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“L’auspicio è che il nuovo Esecutivo possa trovare il tempo di porre rimedio, con urgenza, ad un irragionevole sacrificio del buon senso e di quel che resta della Giustizia”. E’ così che il Procuratore della Repubblica di Avellino Domenico Airoma ha contribuito al dibattito sulla tempistica di applicazione della riforma Cartabia in tema di processo penale, contenute nel decreto legislativo nr. 150 del 10 ottobre 2022, pubblicato sulla G.U. del 17 ottobre scorso. Un articolato intervento sulla pagina web del Centro Studi Rosario Livatino(https://www.centrostudilivatino.it/la- frettolosa-ed-irragionevole-attuazione-della-riforma-cartabia/) di cui il magistrato è vicepresidente, quello in cui, al di là del merito, molte sono state le perplessità sugli effetti che i tempi contingentati avranno sulla giustizia penale. I procuratori generali di tutte le corti d’Appello d’Italia – da Venezia a Reggio Calabria, passando per Roma e Lecce – hanno scritto al neo ministro della Giustizia Carlo Nordio.

La richiesta: ottenere quanto prima chiarimenti sull’applicazione della riforma Cartabia in vigore dal 1° novembre e che sta gettando le procure nel caos. Sono in corso, infatti, confronti tra magistrati per capire se, in assenza di una disciplina transitoria, alcune disposizioni – come quelle che riguardano il deposito degli atti o la fissazione dell’udienza “filtro” – debbano essere applicate solo ai nuovi fascicoli o anche ai procedimenti già in corso.

L’INTERVENTO DI AIROMA

A partire dalle principali trasformazioni previste dalla riforma: “sono stati modificati i termini delle indagini preliminari;alla scadenza dei termini delle indagini preliminari, il pubblico ministero ha un ulteriore termine per assumere le proprie determinazioni, trascorso il quale ha l’obbligo di depositare gli atti, con facoltà delle parti di esaminarli ed estrarne copia;il pubblico ministero è tenuto a comunicare alla Procura Generale, ai fini dell’esercizio eventuale dei poteri di avocazione, mediante elenchi settimanali, tre tipologie di procedimenti, variamente articolata, a seconda del termine non osservato dallo stesso pubblico ministero;la persona sottoposta alle indagini può chiedere al giudice di accertare la tempestività dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, con richiesta di retrodatazione che, se accolta, viene disposta dallo stesso giudice ed eseguita dal pubblico ministero”.

E riflette il magistrato: “Vi è, però, anche chi, altrettanto fondatamente, considera irragionevole una applicazione immediata, dal momento che si tratta di intervenire sul procedimento che, essendo una concatenazione di atti, non può tollerare modifiche in corsa. Si tratta, in buona sostanza, di prendere atto che vi sono atti cosiddetti permanenti, i quali, avendo prodotto già gli effetti, si sottrarrebbero, per propria natura, ad essere interessati dalle modifiche, pena voler rimettere indietro le lancette dell’orologio della procedura. L’esito di tale orientamento esegetico è quello di ritenere applicabili le modifiche procedimentali solo ai procedimenti iscritti successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo”.

Una fretta che non farà bene alla Giustizia: “Gli effetti di tale divaricazione interpretativa, oltre che incidere sensibilmente -e talora drammaticamente- sugli assetti organizzativi degli uffici, vanno a toccare anche i diritti delle parti, essendovi il rischio, più che concreto, di interpretazioni variegate e, dunque, di tutele a geografia variabile.Quel che desta perplessità, in definitiva, è la scelta compiuta dal legislatore di non prevedere espressamente, come è stato fatto, ad esempio in materia di nuova disciplina delle intercettazioni, l’applicazione del nuovo regime ai procedimenti iscritti a partire da una certa data.La fretta è stata ancora una volta cattiva consigliera e la data del 2 novembre, che segna la concreta operatività della riforma, sembra accompagnare con un de profundis, le intenzioni di accelerare i tempi della giustizia penale”. A quanto pare già lunedì ci potrebbe essere un disegno di legge del Governo per posticipare l’entrata in vigore della riforma.