Gesualdo, lettera straziante dei compagni di classe ad Alessandro

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Sei vivo in tutte quelle stanze socchiuse… dietro le parole frivole scritte sulla sabbia e consegnate al mare, nella voce che cambiava colore per disegnare l’immagine intima ed astratta che ti rapiva. Era di carboncino e sapori a cui non davi un nome la tua storia, persa in fondo ad un pozzo o su un foglio che a tutti sembrava imbrattato. Ne aveva di senso quella macchia scura, troppo sfumata, troppo lontana dalle risposte che non davi.

Non poteva che essere riccia la tua testa, di un sapore corvino e inestricabile…che scuotevi con un movimento frenetico che mischiava i tuoi pensieri come lettere assetate di un senso. Intorno a questa ricerca senza bussola che la tua buffa andatura disegnava come una mappa affascinante e dolente. Eri calamita che aveva imparato a respingere e farsi abbracciare…eri la certezza del banco accanto. Sapevi scrutare oltre le resistenze e sorridevi quando eri certo di aver intuito quel silenzio che solo per te concedeva parole.

“Geniale”…e si riduceva ad una parola ingombrante la tua anima che sapeva esplodere senza far rumore.

Ti ricordo con i gemellini tra le braccia, mentre preparavi loro la pastina…ti ricordo tra le ombre della pineta a cercare il tuo spazio di luce, con le tue mani grandi immerse nella creta a creare per non raccontare a voce. Non si immagina il futuro di un genio… è già tanto oltre ciò che ci è dato vedere.

Non si trattiene un anima che sa spezzare catene di ogni spessore, quando decide che un cielo non è abbastanza per sentirsi libera. Non oso trattenerti con i miei sensi di colpa…hai già fatto troppa strada perché io riesca a starti dietro.

Promettimi, Sandrino, che non sarà il nostro ultimo ballo…la musica ci viene da lontano e non smetterà di riportarci in quella stanza, a quel compleanno lontano a cui tutta la tua classe farà ritorno.

La tua III B