Omicidio Gioia, le 14 coltellate inferte con grande forza: “Il cuore sballottato dalla parte opposta”

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Giovanni Limata avrebbe colpito il povero Aldo Gioia con una forza inaudita, al punto tale da rescindergli radio e metacarpo. Le sequenze del “film” della terribile serata di sangue del 23 aprile scorso nel pieno centro di Avellino, sono state riproposte stamane in aula presso il tribunale del capoluogo irpino dove – in Corte d’Assise – si sta celebrando il processo a carico di Giovanni Limata, di Cervinara, e di Elena Gioia, la figlia della vittima, accusati di omicidio in concorso con l’aggravante della premeditazione.

L’autore materiale del delitto sarebbe il giovane della Valle Caudina. A deporre su quanto avvenuto la scorsa primavera, il medico legale Carmen Sementa, cui il Pubblico Ministero, alcuni giorni dopo l’avvenimento, conferì l’incarico di effettuare l’esame esterno ed autoptico sul corpo del povero funzionario della Fca.

La dottoressa, in aula, ha innanzitutto confermato che Goia fu raggiunto, quella sera, da 14 colpi sferrati con un coltello da caccia, di cui 4 raggiunsero il torace e gli altri arti inferiori e superiori. Un colpo raggiunse anche il naso. “Subito notammo che alcune lesioni erano la conseguenza di una forza inaudita impressa all’arma, al punto tale da rescindere il radio e il metacarpo”, ha spiegato Sementa.

Prima che il medico legale cominciasse la sua lunga deposizione, la moglie della vittima, Liliana Ferrajolo, e la figlia maggiorenne, Emilia, hanno preferito lasciare l’aula. Seduta accanto al suo avvocato, invece, l’imputata, Elena, entrata intorno alle 11.38 con le manette ai polsi, mascherina bianca, tuta nera dell’Adidas, visibilmente provata. A differenza della scorsa udienza, non c’era Giovanni.

Confermato, dalla Sementa, anche il fatto che Gioia abbia cercato di difendersi dal suo assassino, dalle coltellate, sia con le braccia che con le gambe, raggiunte infatti da vari colpi di coltello.

“Tutto avvenne in pochi minuti, Gioia non fu aggredito alle spalle. La parte superiore dell’arma si curvò. I colpi gli rescissero il diaframma e lo stomaco che gli risalì nel torace, il cuore fu sballottato dalla parte opposta. Quando arrivò il 118, il povero Aldo non aveva più pressione. Al Pronto Soccorso è morto per un irreversibile arresto cardiaco, provocato esclusivamente dalle ferite di arma da taglio”.