Si Può all’attacco: “Le dimissioni del sindaco Festa le chiede la città vera, non il Pd. Avellino ormai galleggia”

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Alfredo Picariello – Rosiconi non sembrano proprio. Anzi, il loro è un ragionamento pacato e lucido, con tanto di giusta preoccupazione di chi la città la vive realmente ed in prima persona, ogni giorno. Nino Sanfilippo prima ed Amalio Santoro dopo, a nome di “Si Può”, provano ad aprire una riflessione concreta di carattere amministrativo e politico. Sanfilippo si sofferma brevemente sui disagi di un capoluogo “ostaggio” dello smog e dei problemi dell’ambiente, mettendo in evidenza il paradosso di un sindaco, Gianluca Festa, che agli inizi della sua carriera politica si professava “verde”. Oggi ad essere verdi, ma di rabbia, sono soprattutto i cittadini. Mentre i luoghi della democrazia, leggi consiglio comunale, sono sempre più svuotati da questa amministrazione.

Vedi caso del nuovo stadio. “E’ una vicenda – dice Sanfilippo – che andrebbe approfondita. Non si può arrivare in consiglio comunale con un pacchetto già chiuso, solo perché ci sono consiglieri comunali che alzano sempre la mano a favore. La città deve essere informata”.

L’analisi del capogruppo consiliare di “Si Può” è ancor più approfondita. “Non abbiamo convocato una conferenza stampa solo per contestare – spiega Amalio Santoro -. Del resto, le condizioni della città di Avellino sono sotto gli occhi di tutti. Noi vogliamo anche provare a restituire argomenti al dibattito pubblico e alla stessa amministrazione Festa che manca sulle scelte strategiche perché dall’inizio non ha un pensiero lungo, un programma definito. Si vive di occasionalismo, di annunci che poi vengono puntualmente smentiti dai fatti, mentre la città galleggia rispetto ad altri capoluogo. In Campania, oggettivamente, siamo quello più in difficoltà. Siamo in una profonda crisi identitaria, non siamo più la città del commercio, delle buone scuole superiori, dei servizi, non siamo più nemmeno la città giardino”.

“Ed allora – prosegue Santoro – l’invito è, da un lato, a tener conto dei dati di fatto: abbiamo tenuto due veloci sedute consiliari sul bilancio, la situazione finanziaria del Comune rischia ancora grosso, è ancora complicata. Se non ci fosse l’attenzionamento del ministero dell’Interno, probabilmente avremmo fatto già la fine dell’Alto Calore. Dunque, anche di questo occorre tener conto. Dall’altro lato, è necessario tornare sulle questioni di fondo. Ad esempio, che cosa si vuol far dell’area ovest della città? Giochiamo fino in fondo la carta del rilancio della presenza universitaria? Un po’, è anche questa la nostra idea di cultura. Non è certo lo scatolone della Fondazione che rischia di implodere prima di partire”.

“Ed ancora, affrontiamo una buona volta la questione del Tribunale. Ho incontrato gli operatori della giustizia, non si capisce se, dopo che saranno ultimati i lavori di ristrutturazione, andrà ancora bene la struttura attuale, oppure finalmente, utilizzando anche le risorse – tutti adesso dicono che il problema non è il reperimento di fondi – si possa aprire un negoziato per immaginare la nuova cittadella giudiziaria che significa riaprire la questione dell’ex Moscati, significa il rilancio del cuore della città”.

“Sarebbe opportuno anche recuperare un ragionamento sulla Collina della Terra, nel centro storico, ormai abbandonata a se stessa, visto che già si è persa la scommessa dell’idea del museo a cielo aperto. Insomma, sono queste le questioni di fondo su cui ormai da tempo invochiamo anche una seduta consiliare ad hoc. Abbiamo anche chiesto all’assessore Buondonno di venirci a parlare del Puc e della Dogana. Si sfugge al confronto con i consiglieri ma, soprattutto, si sfugge al confronto con la città e sulle questioni vere della città”.

Come dicevamo, il ragionamento di Santoro è anche politico. Risulta faticoso immaginare che possa arrivarne il senso più profondo dalle parti di una maggioranza sempre più arroccata su se stessa.

Santoro riflette: “Siamo anche alla vigilia di scadenze elettorali importanti, alle porte c’è il rinnovo dell’amministrazione provinciale, ma veramente il Comune di Avellino – che fa fatica a fare sintesi, che non è riconosciuto nemmeno dai pezzi della provincia che si organizza (la Valle Ufita va per conto suo, l’Alta Irpinia abbandonata), il nostro sembra un capoluogo negletto – rispetto a queste scadenze, come ci si prepara? E lo dico senza provocazioni, anche alla maggioranza. Qual è la natura di questa maggioranza? Si consumano le amministrative prossime e le Provinciali prossime con una trattativa al ribasso tra amministratori e ranghi di tutti i colori, di tutte le bandiere, per cercare di ritagliarsi un posto al sole, o si lavora alla costruzione di un centrosinistra chiaro, uscendo dall’indistinto? Sono questi i nodi politici e programmatici su cui noi, con le nostre modeste forze, cercheremo di farci sentire e di animare la discussione”.

I consiglieri comunali del Pd chiedono le dimissioni del sindaco Festa perché, secondo la loro opinione, si muove a favore dell’ospedale Landolfi a discapito di quello di Avellino. La risposta del capogruppo di “Si Può” è chiara: “E’ un po’ imbarazzante, non si sa bene cosa sia il Pd in questa provincia e in questa città. Credo che dovremmo fare un altro ragionamento: l’Irpinia viene trattata dalla Regione Campania come la provincia di Kandahar. Ho visto consiglieri regionali che hanno una vocazione al servilismo, plaudenti verso l’Emanuele Filiberto di Salerno. Il problema vero è che questa provincia non conta nulla. In questa crisi profonda dell’Irpinia, si è scatenata anche una guerra tra poveri, si è frettolosamente smantellato l’ospedale di Solofra senza potenziare quello di Avellino. Noi, in Irpinia, ci consoliamo con l’esaltare le eccellenze sanitarie, ma ci dimentichiamo del quotidiano, ci dimentichiamo ad esempio della condizione del Pronto Soccorso e di alcuni reparti che al “Moscati” letteralmente scoppiano. Da lì bisognerebbe ripartire, sarebbe necessario fare un ragionamento complessivo: va rilanciato il “Landolfi” e, nello stesso tempo, va potenziato il nosocomio di Avellino”.

“Non si può fare – dice ancora Santoro – a pezzi la riflessione sulla sanità. Come non si può fare a pezzi la riflessione sul resto del territorio, perché Avellino paga anche il fatto che l’ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi è abbandonato, del “Frangipane” di Ariano si sono perse le tracce, di medicina del territorio già non si parla più. Quando si vuol fare una riflessione generale, noi saremo sempre pronti. Il sindaco Festa si dovrebbe dimettere per mille cose, non solo per la sanità. Anche nella vicenda Covid è mancato il ruolo di regia del Comune capoluogo, è mancato un raccordo con l’azienda ospedaliera, è mancato un raccordo con l’Asl, le dimissioni non le chiede certo il Pd, le chiede la città, la città vera, la città che soffre”.

Questione Piano di zona, Santoro è tranchant: “Il sindaco ha fatto il capolavoro di farsi fare la morale anche sulle questioni sociali, è talmente in ritardo anche su questo che la Regione Campania – ultima in Italia in questo settore – si è consentita il lusso di rimbrottare il Comune. Su questa vicenda, nessuno è innocente”.