Michele De Leo – Il Governo incassa la fiducia anche al Senato. I numeri, però, sono ben lontani non solo dalla maggioranza assoluta, ma pure dalla quota auspicata dal Premier Giuseppe Conte per proseguire il mandato senza rimanere costantemente sull’orlo del baratro. “Se non ci sono i numeri, il Governo va a casa” aveva annunciato il Premier nel corso del suo intervento a palazzo Madama. E i numeri, in effetti, non ci sono: la somma dei contrati e degli astenuti è pari al numero dei senatori che assicurano il proprio sostegno all’Esecutivo. Dei 313 presenti in aula, partecipano alla votazione 312 senatori: il Governo di Giuseppe Conte supera la prova con 156 voti favorevoli. L’opposizione di ferma a quota 140, mentre gli astenuti sono 16. A questo punto, bisognerà capire se il Premier – pur consapevole di non avere i numeri per andare avanti senza ricucire il rapporto con Italia Viva – sceglierà di continuare la legislatura cercando di allargare la propria maggioranza oppure si recherà dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per deviare su un percorso alternativo. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni annuncia la richiesta di un colloquio con il Presidente della Repubblica. Non sono mancati, nel corso della discussione in Senato e, soprattutto, a margine e nel corso della votazione, numerosi elementi di interesse. I Senatori di Italia Viva mantengono la stessa posizione della Camera e – nonostante alcuni chiedano di votare contro la fiducia all’Esecutivo – si astengono alla seconda chiama. Il Governo incassa il voto positivo dei senatori a vita Liliana Segre, Elena Cattaneo e Mario Monti, al pari dei senatori del gruppo misto Pier Ferdinando Casini e Gregorio De Falco, ex del Movimento Cinque Stelle. Tra gli indecisi, votano contro la fiducia gli ex pentastellati Tiziana Falco e Mario Michele Giarrusso. Di contro, l’Esecutivo può contare sul sostegno dei forzisti Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, per i quali è scattato immediato – così come confermato da Antonio Tajani – l’espulsione da Forza Italia. Singolare, poi, la querelle Ciampolillo: il senatore, esponente del gruppo misto, risulta assente alla prima e seconda chiama ma rientra in aula prima del gong e – dopo una lunga consultazione del Var – viene riammesso al voto al pari del collega Nencini.
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