Michele De Leo – Il Partito Democratico continua ad appiattirsi sulle posizioni del Movimento Cinque Stelle per un centrosinistra sempre più a vocazione populista. La scelta di favorire l’elezione – alla carica di vice presidente del consiglio regionale, unitamente alla democrat Loredana Raia, della pentastellata Valeria Ciarambino, candidata alla carica di Governatore contro Vincenzo De Luca – è l’ennesima dimostrazione che il Partito democratico lavora per favorire un’alleanza sempre più larga e ampia con il Movimento Cinque Stelle, estesa a tutto il territorio nazionale. Non solo: l’impressione è che gli accordi si realizzino solo quando arrivi un input dai Cinque Stelle. Il caso della Campania sarebbe l’ennesima dimostrazione in tal senso: il Pd – che, senza l’emergenza sanitaria, avrebbe definito un’alleanza politica con i grillini, chiaramente su un nome gradito ed individuato dal Movimento – accetta di votare la Ciarambino a vice presidente nonostante la campagna elettorale dei Cinque Stelle, portata avanti contro il Governatore. Lo stupore è legato esclusivamente alla posizione dell’ex sindaco di Salerno che, però, più che avallare, si sarebbe astenuto. De Luca avrebbe accettato il sostegno alla Ciarambino perché, con i Cinque Stelle ammorbiditi, almeno in questa prima fase, può portare avanti senza troppi grattacapi la sua azione di governo. Chi ne esce male da questa storia è, al solito, il Partito Democratico, incapace di assumere una propria posizione e di dettare una linea politica. Della forza riformatrice – che avrebbe dovuto scrivere una nuova pagina di storia della politica italiana – è rimasto poco o niente. Forse, non c’è mai stato alcunché. La vera immagine di quello che resta ancora il primo partito per voti ricevuti è quella offerta in Irpinia: l’interesse principale è lo svolgimento di un congresso che dovrebbe servire a misurare la reale forze delle varie correnti. Un congresso ancora rinviato a causa della pandemia che resta, però, l’unico argomento di discussione in un territorio in grave ambasce, dove si continuano a perdere posti di lavoro. Nessuno si stupirebbe, a questo punto, se Zingaretti annunciasse, in vista delle amministrative del prossimo anno, il sostegno alla ricandidatura di Virginia Raggi. Sarebbe l’apoteosi ma, forse, rappresenterebbe l’esatta dimostrazione di una classe politica che ha palesato la sua incompetenza ancor prima dell’avvento dei Cinque Stelle.
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