“Leggere la Costituzione”, la maratona virtuale della Voce di Valle per il 25 aprile

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Letture spontanee di alcuni articoli della Costituzione. Un piccolo tributo ai martiri della Resistenza e al dovere della memoria. Il comitato civico “La Voce di Valle”, per la festa della Liberazione, avrebbe voluto ritrovarsi in piazza. “Piazza don Giuseppe Morosini: luogo-simbolo del nostro impegno che prende il nome da un martire della Resistenza. La quarantena ce lo ha impedito ma noi non potevamo rinunciare”.

E’ nata così l’idea di una piccola maratona virtuale: #restiamoacasa e resistiamo #lontanimavicini. In un video, pubblicato su youtube, bambini, cittadini, volti noti, leggono articoli della nostra carta fondamentale scelti da loro stessi. Ha prevalso la lettura dell’articolo 34.

“In questo 25 aprile, anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, nella insolita condizione della quarantena domiciliare impostaci dal covid19, il pensiero torna a quanti, con il loro sacrificio, ci hanno consegnato in eredità quella libertà che oggi, forse, riusciamo a apprezzare di più. E di sicuro rimpiangiamo”.

A dirlo è Raffaele Taglialatela, presidente comitato civico La Voce di Valle. “Mi riferisco in particolar modo alla memoria di Don Giuseppe Morosini, nome-simbolo per il nostro comitato, La Voce di Valle. Per chi vive in questa parte di città, il suo nome è il nome della “piazza del cannone” e del monumento ai caduti. Ma di sicuro, in pochi si saranno chiesti chi fosse don Giuseppe Morosini”.

“Accade spesso che la celebrazione della Pasqua cada proprio nel mese di aprile. Nello stesso mese in cui ricorre l’anniversario della Liberazione, si celebra anche la memoria della risurrezione di Cristo, crocifisso dopo essere stato tradito da Giuda. Quante analogie ci sono con la storia di don Giuseppe, anch’egli tradito e venduto per 70.000 lire”.

“Nato a Ferentino il 19 marzo 1913, Giuseppe Morosini fu cappellano militare a Fiume. Rientrato a Roma nel 1943, dopo l’armistizio dell’8 settembre entrò nella Resistenza. Aveva un ruolo di assistente spirituale, ma diede anche sostegno concreto ai partigiani, rifondendoli di cibo e armi. Era in contatto con la “banda Fulvi” a Monte Mario. Nel gennaio 1944, fu tradito da un infiltrato della Gestapo, dopo aver svelato i piani delle forze tedesche sul fronte del monte Cassino. Arrestato dalle SS, mentre raggiungeva il quartiere Prato, fu trasferito al carcere di Regina Coeli. Malgrado le torture, il giovane Giuseppe non rivelò mai il nome dell’ufficiale della Wehrmacht che gli aveva consegnato copia di quella mappa. Fu fucilato il 23 aprile 1944. Aveva 31 anni”.

“In quello stesso momento, a Regina Coeli era detenuto anche Sandro Pertini. E proprio lì Pertini lo incontrò, al termine di un interrogatorio delle SS. Nel 1969, il futuro Presidente della Repubblica lo avrebbe così ricordato: «Il volto tumefatto grondava sangue, come Cristo dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà: egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. Nei suoi occhi brillava una luce viva. La luce della sua fede. Benedisse il plotone di esecuzione dicendo ad alta voce: “Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno”, come Cristo sul Golgota. Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell’animo mio»”.