Acqualonga, via al processo di Appello. Procura contro l’assoluzione di Castellucci

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A poco più di undici mesi dalla sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice monocratico del tribunale di Avellino Luigi Buono, si aprirà domani, martedì 17 dicembre, davanti la Corte d’Appello di Napoli, il processo di secondo grado sulla strage di Acqualonga del 28 luglio 2013.

Quaranta persone persero la vita quella tragica sera, intrappolati in un pullman lanciato a forte velocità prima contro le barriere del viadotto dell’autostrada A16 e poi giù nella scarpata profonda trenta metri.

Dopo anni di indagini e udienze, lo scorso 11 gennaio si è arrivati a una prima verità processuale.

Il procuratore capo Rosario Cantelmo e il sostituto Cecilia Annecchini, al termine della requisitoria, avevano chiesto la condanna per tutti gli imputati con pene dai dieci ai dodici anni.

La sentenza del giudice Buono aveva però assolto sei dirigenti e funzionari della società Autostrade per l’Italia, competente in quella tratta, tra i quali l’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, e condannato altri sei dipendenti ed ex dipendenti della stessa società a pene dai sei ai cinque anni per disastro colposo e omissione in atti di ufficio.

Le pene più alte sono state comminate al proprietario del bus, Gennaro Lametta, condannato a dodici anni per omicidio colposo plurimo, disastro colposo e falso e ad Antonietta Ceriola, la funzionaria della Motorizzazione, condannata ad otto anni per aver attestato la falsa revisione dell’automezzo. Assolto anche un altro dipendente della Motorizzazione, Vittorio Saulino.

Ad eccezione di quest’ultimo, la Procura ha formalizzato il ricorso in Appello che sarà discusso domani mattina.

Per i pm, la mancata manutenzione sulle barriere autostradali, fra le concause del disastro, è da imputare a una chiara e inequivoca scelta operativa dell’allora ad Castellucci, ormai ex anche di Atlantia, il colosso dei Benetton, che ne ha sospeso anche la maxi buonuscita da 13 milioni di euro dopo gli ultimi sviluppi dell’ultimo filone d’indagine della Procura di Genova sul crollo del Ponte Morandi, anch’esso gestito da Autostrade.

Ad aggravare maggiormente la posizione del manager potrebbero essere le frasi shock intercettate all’ex direttore di Tronco di Aspi Paolo Berti, il quale, condannato proprio per la strage di Acqualonga, si lamentò perché avrebbe potuto dire la verità così da mettere nei guai altre persone.

I dialoghi sono ricostruiti nell’ordinanza del Gip del tribunale di Genova nell’ambito del filone d’inchiesta sui cosiddetti “report fasulli”, aperto sempre in seguito al crollo del Morandi.

“Pensa soltanto a stringere un accordo col capo punto e basta – risponde alle frasi di Berti l’ex responsabile delle manutenzioni di Autostrade – non è che se metti in galera anche n’altro o comunque glie dai n’accusa a te te cambiava un cazzo”.

In più, oltre ai quattro filoni d’indagine aperti per il crollo del ponte di Genova, c’è l’inchiesta-bis portata avanti dalla Procura di Avellino sulla sicurezza delle barriere sull’intera rete nazionale. Indagine che per il momento ha portato ai sequestri preventivi delle barriere di oltre una trentina di viadotti tra l’A16 Napoli-Bari, l’A14 Bologna-Taranto e l’A1 Milano-Napoli.

In più nell’ordinanza del Gip del tribunale di Avellino torna in auge anche il ruolo di Castellucci, nonostante questi si sia dimesso dalla società già da tempo.

L’ex manager, infatti, manterrebbe ancora una posizione di supremazia all’interno della concessionaria della rete autostradale, tanto da prendere decisioni societarie a cui dovrebbe, invece, essere del tutto estraneo vista la cessazione della carica.

Castellucci starebbe infatti seguendo da vicino la vicenda dei sequestri per tutelare la propria posizione in vista del processo di Appello.

Una serie di elementi che potrebbero sostenere l’accusa nel tentativo di ribaltare la sentenza di primo grado pronunciata lo scorso gennaio.