Mercogliano – “Fortàpasc” l’omaggio di Marco Risi a Giancarlo Siani

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Mercogliano – “Ogni volta che viene giorno, ogni volta che ritorno, ogni volta che cammino…” ascoltando le parole di Vasco, Giancarlo torna a casa a bordo della sua Mehari verde e si chiede se avesse saputo che di lì a poco lo avrebbero ammazzato, cosa avrebbe ascoltato? E’ questa la prima scena di “Fortàpasc” il film che Marco Risi ha scelto di presentare in anteprima in Campania prima al San Carlo di Napoli e poi al Cineplex di Mercogliano. Mergellina, il lungo mare, il Golfo, l’occhio della telecamera porta lo spettatore a perdersi nelle mille contraddizioni della città di Pulcinella, quelle stesse in cui Giancarlo Siani giornalista “abusivo” de Il Mattino quotidianamente si imbatte negli anni ottanta. A dare voce e volto al giovane strappato alla vita da un commando di camorristi a soli 26 anni il 23 settembre 1985, è Libero De Rienzo il “bart” di Santa Maradona (film del 2001), che con magistrale maturità interpreta in pieno la tenerezza e la straordinaria normalità di Giancarlo che non voleva essere un eroe ma solo un buon giornalista. Forse l’unico sogno di Siani era quello di scavalcare il gradino di “abusivo” cronista di nera corrispondente da Torre Annunziata e diventare un giornalista professionista. E’ proprio Torre Annunziata il “forte” di cui parla Risi nel suo film, la terra di Valentino Gionta il boss indiscusso che, dopo un faraonico giro in carrozza per le vie del centro con la moglie e il piccolo Pasqualino in occasione della prima comunione di quest’ultimo, viene arrestato insieme ai suoi mentre festeggiano il figlio in un immenso ristorante con vista sul mare. “Iettati é fierri a mare” urla ai suoi il boss quando si rende conto di essere braccato dagli uomini del capitano Sensales. Giancarlo è lì pronto con la sua biro che sparerà proiettili indelebili contro il clan dapprima in conflitto e poi alleato con quello dei Bardellino Alfieri per il controllo del territorio: droga, armi, appalti, ricostruzione post sisma. Era tutto ciò che Giancarlo annotava, studiava, denunciava nella convinzione che forse se ogni cittadino fa bene il proprio mestiere la camorra si può sconfiggere; soprattutto Giancarlo aveva intuito che i camorristi senza l’appoggio delle istituzioni corrotte avrebbero avuto vita breve. Eppure il suo capo continuava a dirgli di lasciar stare le inchieste, di occuparsi solo di rapine, scippi, anche morti ammazzati, ma basta non doveva andare oltre. Geniale l’intuizione di Risi di far accavallare le immagini del consiglio comunale dove l’opposizione si scaglia contro il sindaco colluso e quelle della riunione in cui le tre famiglie malavitose siglano la pax. Eppure Gionta viene arrestato nuovamente a Marano dove viveva da latitante sotto copertura dei Nuvoletta ed è proprio ad un complotto che pensa Giancarlo: i Nuvoletta si sono venduti il boss alla giustizia. E lo scrive in un articolo come tanti senza sapere che stava scrivendo la sua condanna a morte. Giancarlo si rende conto del pericolo solo pochi giorni prima dell’agguato e le sue parole vuole comunicarle all’amico Amato Lamberti ma non farà mai in tempo.
Il film si conclude con gli spari, il sangue e Giancarlo che si accascia su sè stesso; una bella foto di lui scattata dal fratello Paolo durante una manifestazione pacifista; e poi i titoli di coda con i ringraziamenti al Coordinamento campano dei parenti delle vittime di camorra, a Don Tonino Palmesi presidente regionale di Libera e ai parenti di Giancarlo. E poi la dedica del regista all’indimenticabile padre Dino. Tante le domande che i presenti hanno posto a Marco Risi e Libero De Rienzo, ma soprattutto tanti sono stati i “grazie” per aver fatto conoscere la vita del giovane cronista, uno di quelli che amava la vita e non voleva certo divenire un eroe moderno, voleva solo fare bene il proprio lavoro. E così è stato. (di R.F.)

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