Biodigestore a Chianche, riprende la mobilitazione di sindaci e associazioni

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Riprende la mobilitazione contro l’ipotesi di installare un biodigestore a Chianche. Riportiamo di seguito la lettera inviata dai Sindaci dei Comuni di Altavilla Irpina, Montefusco, Petruro Irpino, Prata P.U., Santa Paolina, Torrioni e Tufo, dai Presidenti del Consorzio Provinciale di Tutela dei vini d’irpinia, “Terre di Tufo “ , “Gli otto comuni del Greco” e dai Presidenti delle Associazione “Salviamo la Valle del Sabato” e “Movimenti locali” e il Coordinamento “No al biodigestore, Si al Greco di Tufo” al presidente dell’Ato Valentino Tropeano, all’Arpac, all’Assessore all’Ambiente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola e al Presidente della Provincia Domenico Biancardi.

 

La vicenda dell’ipotesi del biodigestore a Chianche è giunta a uno snodo ineludibile rispetto al quale occorre prendere posizioni chiare e coerenti da cui la proposta da sempre sostenuta da questo Coordinamento di non realizzare l’impianto di trattamento industriale dei rifiuti solidi urbani  per oggettive e documentate incompatibilità di natura urbanistica, idrogeologica, logistica, ambientale e vocazionale dei territori di pregio dell’area D.o.c.g. del “Greco di Tufo” .

Un sito, è giusto ricordarlo,   individuato attraverso un semplice “Avviso di manifestazione di interesse” priva di una istruttoria propedeutica,  senza vagliare le criticità del territorio,  selezionato non considerando il rispetto del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e i  diversi siti idonei che esso pur contempla per queste tipologie di insediamenti produttivi, identificato con  un’area P.I.P. non più vigente, non attrezzata nelle infrastrutture primarie che comporterà dei costi , per espropri, opere di urbanizzazione e depurazione incredibilmente superiori a qualsiasi altra scelta che si potrebbe tranquillamente operare nell’ambito delle diverse aree industriali in disuso disseminate lungo gli assi a scorrimento del territorio irpino , in particolare quelle legate alla ricostruzione post-sismica, già predisposte ad accogliere iniziative produttive e compatibili sotto tutti i profili tecnici e  amministrativi ed economicamente meno onerose .

Le competenze in materia, dalla costituzione dell’ATO Rifiuti di Avellino, avvenuta ben due anni or sono, e in particolare dalla sua compiuta operatività istituzionale,  registratasi da ben sei mesi, erano quelle di procedere a realizzare un Piano industriale integrato provinciale dei rifiuti e solo a un aggiornamento della mappatura dei siti  idonei  in modo che l’organismo deputato, il Consiglio d’Ambito, avesse tutti gli elementi per una serena valutazione della scelta dell’area seguendo non l’assurda logica dell’auto candidatura da parte di singoli comun ma quella seria e razionale dei criteri ottimali.

Oltretutto sono anche da considerare i dati non secondari di una reale previsione del fabbisogno di trattamento della frazione R.S.U. umida, tenuto conto della natura prettamente rurale della nostra provincia  e il  mai seriamente sperimentato sistema di compostaggio di comunità, nonché la  presenza di strutture private attualmente operative  a pieno regime.

Questo doveva fare il Presidente dell’ATO Rifiuti Tropeano invece di inventarsi un’arbitraria  consultazione    tra ignari sindaci della provincia che non hanno potuto usufruire di alcuna indicazione utile e propedeutica per comprendere cosa fosse più giusto e  come fosse opportuno procedere per la definizione dell’importante  strumento di regolamentazione della politica industriale dei rifiuti in provincia di Avellino.  Le tesi del Presidente Tropeano, che invoca insistentemente il tempo scaduto e l’ineluttabilità della  scelta del sito di Chianche, contrastano palesemente con queste evidenti inadempienze istituzionali e che fanno ricadere sugli stessi organismi dell’Ente d’Ambito una grave responsabilità politica, e non solo,  perché non è in discussione la realizzazione del Piano provinciale dei rifiuti, che noi riteniamo importante e doveroso,  ma la sua corretta applicazione in termini di procedura amministrativa, sostenibilità ambientale e rispetto dei territori.

Per queste ragioni i sottoscritti chiedono al Consiglio d’Ambito dell’ATO Rifiuti Avellino, in tempi ragionevolmente brevi,  di riconsiderare urgentemente quanto messo in atto in modo improprio e al di fuori delle sue prerogative istituzionali dal Presidente Valentino Tropeano, perché il previsto impianto  di biodigestione  sia collocato in  una delle aree industriali o produttive succitate realizzate con i fondi dell’art. 32 della ex  legge 219/81,  seguendo i criteri oggettivi della normativa in materia e della strumentazione di pianificazione urbanistica provinciale vigente a cui anche il redigendo Piano industriale dei rifiuti provinciali deve scrupolosamente attenersi.

Si consideri, inoltre,  di verificare anche  i diversi soggetti che a suo tempo hanno rappresentato una propria manifestazione di interesse circa la opportunità di utilizzo di tali siti nonché quella formalmente avanzata dall’A.S.I. di Avellino per aree di propria competenza esterne alla già satura  Valle del Sabato.

E se ce ne fosse ancora bisogno di provare il nostro senso di responsabilità e di sensibilità alle esigenze di sviluppo dei nostri preziosi quanto  fragili territori, in coerenza  con quanto sostenuto nella nostra battaglia di civiltà  ci facciamo carico di una proposta che possa vedere l’utilizzo dei fondi già anticipati (il 10%)  per il biodigestore da destinare alla  realizzazione funzionale in quel contesto  paesaggistico e floro-faunistico di straordinaria bellezza e importanza,  attraverso  il recupero, la tutela e la valorizzazione dell’habitat ambientale  seguendo i principi della ricerca e dello sviluppo sostenibile ma che sia chiaramente estraneo alla filiera del trattamento produttivo o di servizio dei  rifiuti .

Una simile iniziativa  non può che comportare prestigio al marchio “Campania”  e valorizzare  in modo utile e  produttivo tutte le aree naturalistiche e di pregio   più suggestive  di questa provincia che non meritano il destino infausto di area sfruttata e marginale a cui le si vorrebbe condannare.