Edilizia in crisi, Di Giacomo: “Servono risorse e leggi chiare”

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Da neopresidente di Ance Avellino (leggere qui articolo sull’assemblea per il rinnovo delle cariche), il primo pensiero di Michele Di Giacomo va al suo predecessore, Giuseppe Scognamillo, scomparso prematuramente pochi mesi fa. “Pino ci manca e ci mancherà sempre. Tutti abbiamo vissuto questi mesi tra il dolore della perdita e la consapevolezza di dover reagire. Ora è arrivato il momento di farlo davvero, anche perché col suo sorriso, è questo che Pino avrebbe consigliato di fare. Oggi siamo qui per ripartire, per riprogrammare, per trovare soluzioni e nuove spinte e possiamo farlo solo stando tutti insieme, con impegno e passione”.

Presidente, da dove si riparte per rimettre in carreggiata l’edilizia irpina?

C’è tanto lavoro da fare. Bisogna completare le opere sospese o incompiute, manutenere e migliorare le infrastrutture esistenti per livelli di sicurezza, accelerare e ampliare il piano di riqualificazione degli edifici scolastici e assegnare le risorse necessarie alla realizzazione al piano pluriennale del rischio idrogeologico introdotto nel novembre 2014. Così come è necessario investire sui beni culturali e sul turismo, soprattutto nel Mezzogiorno, per avviare nuovi progetti di crescita economica e recuperare e risanare le periferie delle nostre città.

Come può concretamente incidere la sua associazione sulle dinamiche dell’edilizia pubblica?

Intendo aumentare il dialogo con le pubbliche amministrazioni al fine di favorire l’efficienza delle loro procedure di spesa e l’apertura dei cantieri per le risorse disponibili che saranno costantemente monitorate.

E per l’edilizia privata?

E’ necessario dare ulteriori impulsi al processo di riqualificazione/rigenerazione del patrimonio edilizio attraverso la messa in sicurezza degli edifici. Bisogna tra l’altro creare nuove convenienze, non solo economiche, affinché i privati siano spinti a investire sui propri immobili e collaborare alla rigenerazione urbana della città di Avellino, introducendo politiche edilizie verdi per uscire dalla crisi. La nostra associazione, pertanto, oltre a chiedere chiarimenti e a monitorare le reali possibilità attuali di finanziamento (eco-bonus e sisma-bonus) e invocare la semplificazione delle procedure, sarà attenta e propositiva rispetto all’attività edilizia dei comuni della provincia con popolazione maggiore di 10.000 abitanti, dell’Area Vasta e dell’Ente Provincia.

Non sarà facile risalire la china, il settore delle costruzioni vive una stagione di grande sofferenza.

Vero, i dati parlano chiaro: questi ultimi dieci anni di crisi hanno praticamente fermato un’intera fetta dell’economia italiana con una contrazione complessiva dei livelli produttivi di oltre 70 miliardi di euro. In questo scenario drammatico tante imprese sono scomparse dal mercato e quelle che sono sopravvissute si trovano a dover subire una carenza di liquidità senza precedenti, causata dall’effetto combinato delle stretta creditizia, dei mancati pagamenti della PA e di norme che intrecciandosi tra loro in modo scombinato ostacolano crescita e sviluppo.

Come si fa ad uscire dal tunnel della crisi?

Occorre adottare un Piano di manutenzione che venga monitorato costantemente, sia rispetto alla messa in sicurezza degli edifici, delle scuole, degli immobili in generale, nonché della rete infrastrutturale. Occorre un approccio efficace ai problemi dello sviluppo del Mezzogiorno. Di attrattività specifiche il Sud è ricco, basta valorizzarle a rete.  In questo senso, le infrastrutture per la competitività diventano un fattore di crescita. L’emergenza Sud è tutta in un quadro che è allarmante: occupazione al palo, infrastrutture bloccate, spesa pubblica ancora in calo. Le difficoltà a trasformare le risorse in cantieri emergono chiaramente dall’andamento della spesa per investimenti degli enti locali del Mezzogiorno che, analogamente al resto d’Italia, non riescono ad interrompere il trend in atto a partire dal 2008. I comuni, per esempio, tra il 2008 e il 2017 hanno visto la spesa in conto capitale ridursi del 38% a fronte di una spesa corrente in aumento del 3,5%.

Mancano risorse e strategie, ma crede ci sia anche un problema normativo?

Non c’è dubbio. Il caos normativo in questi anni ha indotto le PA a non voler assumersi più responsabilità, ha indotto i funzionari a volersi spogliare di ogni iniziativa per la paura di dover pagare personalmente le conseguenze. Intanto la città deperisce, il patrimonio immobiliare è datato, insicuro e inquinante, le vendite immobiliari sono crollate. Occorre con urgenza mettere mano a una nuova politica di fiscalità immobiliare, che riparta dalla rimodulazione di misure come eco e sismabonus in modo da renderle finalmente attuabili. Tante sono le nostre imprese pronte a fare interventi di messa in sicurezza e di demolizione e ricostruzione. Il problema è che tutto quello che è scritto sulle carte non si riesce ad attuare nella pratica.