Turismo, la riscossa parte dal basso. La voce degli operatori: “Facciamo rete, basta individualismi”

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Marco Grasso – “Bisogna iniziare a fare rete seriamente, a mettere in circuito conoscenze e competenze e a lavorare tutti insieme per obiettivi condivisi”. Isabella Preziuso è una ristoratrice di Summonte. La sua passione sono i fornelli, dove lavora tutti i giorni a piatti capaci di fondere magicamente tradizione e innovazione.

“Dispiace che non si riesca a capire che un ristorante o un bar di qualità, che funziona bene e attira clienti, può essere una ricchezza per tutto il territorio. Dovremmo imparare a mettere da parte egoismi e campanilismi e iniziare a guardare un pò più avanti”.

Isabella (nella foto a sinistra) si ritiene fortunata ad operare a Summonte, uno dei borghi più belli d’Italia, come certifica il marchio ottenuto da diversi mesi dall’amministrazione guidata da Pasquale Giuditta. “Al sindaco dobbiamo molto, ha avuto l’intelligenza e la lungimiranza di puntare sul nostro patrimonio storico-artistico. Summonte è diventato un riferimento turistico importante, e per noi rappresenta uno straordinario valore aggiunto”.

All’indomani dell’ottenimento della bandiera dei borghi, Summonte è entrato anche nel circuito crocieristico di Costa. “Un risultato prestigioso, un riconoscimento straordinario ottenuto anche grazie alla posizione strategica del nostro borgo, ben collegato con Napoli e Salerno”.

Summonte può fregiarsi anche di un altro marchio importante, “Sentieri Mediterranei”, la kermesse internazionale diventata negli anni riferimento e appuntamento fisso in tutta la Campania. “Per il definitivo salto di qualità serve però ancora uno sforzo”, aggiunge Isabella. “Mancano gli alberghi, forse è questo il nostro punto debole. Capisco che non sia facile gestire una struttura medio-grande in una realtà così piccola, ma credo che si possano comunque organizzare bed & breakfast e punti di accoglienza diffusi. Senza posti letto è difficile fare turismo”.

A Santo Stefano del Sole Nunzia Pagano (nella foto in basso con la socia Rossella Biondi) ha aperto da diversi anni un bed and breakfast. Nelle stanze, per gli ospiti, c’è sempre un kit di benvenuto con prodotti tipici della provincia. “E’ il biglietto da visita non della mia azienda, ma del nostro territorio. Non sottovalutiamo le nostre bellezze turistiche, impariamo a promuovere quello che abbiamo, puntando sul territorio, sull’Irpinia. Se non passa il messaggio che c’è una straordinaria realtà da visitare, e non una provinca come tante, non faremo molta strada”.

Tra le due donne del turismo c’è grande intesa e sintonia. Sono due anelli di una catena ancora tutta da costruire. “Bisogna iniziare a condividere idee, progetti e ambizioni. Ai nostri ospiti – racconta Nunzia – garantiamo anche una serie di informazioni sugli eventi e le principali attrazioni della zona. Niente di straordinario per carità , ma se mi guardo intorno mi rendo conto di essere tra i pochi a fare qualcosa del genere. La verità è che se non si fa rete si riduce notevolmente l’efficacia anche di chi prova a lavorare con passione e serietà per il territorio”.

Il vino può essere il grande attrattore della provincia, ma anche in questo caso si continua a procedere in ordine sparso. “Molte cantine si sono organizzate da sole, gestiscono il loro flusso turistico in autonomia, sapendo di non poter contare su altre strutture limitrofe. Non può essere questo il metodo, serve programmazione. Le poche agenzie che lavorano sull’Irpinia propongono sempre gli stessi percorsi, nonostante i turisti, soprattutto esteri, cerchino altro”.

“I turisti hanno un’ottica diversa dalla nostra e spesso inseguono una tipologia di vacanza a contatto con la natura, fatta di passeggiate ed escursioni. Noi siamo abituati a vivere in un contesto di questo tipo e non ci rendiamo conto di come le aspettative dei turisti siano, in molti casi, a portata di mano, in linea con quello che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi ma che non sappiamo valorizzare al meglio”.

Per Nunzia l’offerta da mettere in campo c’è, ma va organizzata, strutturata. “La maggior parte dei turisti stranieri ama girare, conoscere, mangiare bene, ma anche socializzare, apprendere le nostre tradizioni. Ecco che l’accoglienza diventa fondamentale: mettersi in sintonia con il cliente è un’arte che può fare la differenza. Ma servono profili professionali specifici, non è più possibile improvvisare”.

Per alimentare un nuovo flusso turistico, l’imprenditrice guarda soprattutto ai mercati esteri . “Credo che il visitatore straniero sia potenzialmente più vicino alla nostra proposta di turismo. La Campania non ha un effetto traino per le aree interne. Tutto si incentra tra Salerno, Napoli e Caserta. Così come il turismo naturalistico, che potremmo offrire noi, è fagocitato da Umbria e Toscana. Anche i flussi turistici enogastronomici che attraversano la nostra provincia si concentrano essenzialmente intorno ai Feudi, Mastroberardino o Villa Raiano. In questo modo restiamo nell’ambito di una vacanza “mordi e fuggi”, che non promuove nè fa conoscere il territoro. Abbiamo le potenzialità – conclude – per alzare l’asticella e proporre un turismo alternativo che, anche senza grandi numeri, può davvero alimentare un circuito economico virtuoso”.

 

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