Marco Imbimbo – Una campagna elettorale che chiude a piazzetta Verdi e lo fa anche con toni commossi. Sono quelli di Nadia Arace, candidata sindaco di “Si può”, al termine di un mese impegnativo trascorso a spiegare alle persone la possibilità di cambiare Avellino.
«Il senso della realtà è nelle cose che già esistono e, chi lo possiede, le accetta per come sono. Ma esiste anche un’altra via che è quella che io ho scelto, al pari di chi non vuole rimanere sulla superficie delle cose perché immagina che potrebbero essere diverse, mentre ancora non lo sono. Questo è il senso della possibilità, la voglia di costruire e trasformare le cose, dopo averle prima immaginate come nuove», spiega Arace lanciando un messaggio agli avellinesi che preferiscono accettare questo status quo: «Noi stiamo dall’altra parte a vedere invece la possibilità che c’è a sollevare gli ultimi dal bisogno. Se c’è chi china il capo di fronte a una città coloniale e conquistata dalla rassegnazione, noi ancora siamo dalla parte opposta a vedere la possibilità di allargare i confini di Avellino, facendola vivere di coraggio civico». Quest’ultimo risiede nel rivendicare il diritto alla casa, ma anche all’ambiente e ai servizi sociali.
C’è anche un’altra forma di coraggio che è quella manifestata dalla sinistra «in questi anni di consiglio comunale dove, in completa solitudine abbiamo denunciato che i beni pubblici di questa città sono stati violati per fare affari».
Ora, però, c’è un’altra sfida che è quella necessaria a riportare la parola della sinistra in consiglio comunale: «Non ci siamo mai tirati indietro, nemmeno quando ci hanno detto che non si poteva fermare il vento con le mani perché non abbiamo gli stessi soldi degli altri né il consenso» Una campagna elettorale, dunque, dura come sottolinea Arace, ma nonostante ciò «non abbiamo mai ceduto alla stanchezza, abbiamo percorso i quartieri di questa città senza altri mezzi che non fossero la nostra parola. E per la nostra parola siamo stati anche offesi da chi ha rinunciato a confrontarsi con noi, ma siamo andati ancora avanti trasferendo tra le mani la speranza e proteggendola».