“Diverso da chi?” è il nome del progetto che, per il sesto anno, le Acli hanno rivolto ai bambini della scuola elementare, confermando ancora una volta l’impegno volto a diffondere la cultura dell’integrazione e dell’accoglienza, che non si limiti al mero assistenzialismo, ma intraprenda politiche di autonomia e di empowerment.
Con i fondi del 5xmille e la collaborazione di figure professionali diverse, Mariangela Perito e Mara Festa, psicologhe e psicoterapeute, hanno condotto un laboratorio all’interno delle classi quarte dell’I.C. Regina Margherita-Leonardo Da Vinci di Avellino, grazie alla dirigente Giustina Monteforte, alla professoressa e referente progetti Alfonsina Trocciola, alle professoresse Tiziana Aquino e Pia Maglio, che hanno partecipato all’esperienza accompagnando le classi.
“Il progetto non è un intervento che si riduce a un incontro frontale – precisa Perito – ma un percorso che, attraverso l’utilizzo di strumenti e metodologie della psicologia sociale, quali brainstorming, giochi di immedesimazione, focus group, filmati e musica, consente agli studenti di mettersi in gioco e di diventare protagonisti di processi propulsori di cambiamento, di crescita emozionale e cognitiva”.
Un viaggio importante e complesso, dunque, alla scoperta dell’altro e insieme di se stessi, perché va da sé che aprirsi al nuovo presuppone la disponibilità all’accoglienza di nuove realtà e di nuove dimensioni dell’essere. Il tutto si inserisce nella mission morale delle Acli, che da sempre mettono al centro del proprio agire la vita, la persona e la solidarietà, presupposti fondamentali di qualsiasi intervento, soprattutto “in un momento storico e culturale – continua la Perito – in cui il tema della differenza è imprescindibile per formare la coscienza del Paese”.
Ismael Fofana e Abdourahmane Cissokho sono i due ragazzi senegalesi che quest’anno hanno partecipato alla realizzazione del progetto, seduti insieme ai bambini a formare un grande cerchio e disponibili a raccontarsi e a rispondere alla curiosità dei piccoli interlocutori.
Tre mesi di viaggio, un barcone con 118 persone che li ha portati in salvo; scappando dalla guerra, Ismael e Abdou si sono ritrovati in Libia e lì sono diventati amici. Già ospiti in un centro di accoglienza straordinario, sono oggi mediatori culturali, conoscono nove lingue e si sono perfettamente integrati. I bambini li guardano incuriositi, sembrano ansiosi di dare una risposta alla miriade di domande che suscitano quei volti colorati dal sorriso accogliente, dallo sguardo dolcissimo. Perché quello che i bambini hanno, che è il valore aggiunto in ogni esperienza che li coinvolga, è la spontaneità senza filtri né malizia che ne fa degli osservatori e degli interlocutori intelligenti e comprensivi.
“Come si dice ciao, come si chiamano i vostri genitori, quanto siete alti, vi piace la pizza?» e ancora «come vi siete sentiti quando avete lasciato il vostro Paese, che emozione provate stando con noi, è stato duro il viaggio, come vivevate prima?”: i bambini chiedono della famiglia e degli amici che Ismael e Abdou hanno lasciato; se pensano di ritornare in Senegal, chiedono e, soprattutto, “Vi hanno preso in giro qualche volta?”. Malgrado l’innocenza sanno che la discriminazione capita, che il bullismo è un rischio sempre in agguato per chi è visto come l’altro da cui difendersi e di cui sottolineare le differenze.
Ismael e Abdou raccontano la propria storia, che si costruisce piano piano con frasi brevi e concrete in cui è racchiuso tutto il senso, la tristezza del distacco, la speranza del ritorno, un giorno. Un’esperienza chiaramente significativa per i piccoli studenti del Regina Margherita, ma anche per Ismael e Abdou, che hanno avuto l’occasione di difendere la propria dignità in quanto persone: “La condizione di migranti – ha concluso la dott.ssa Perito – in quel preciso contesto, è divenuta valore costitutivo di una specifica identità, per cui essere riconosciuti e non esclusi in nome di un marchio”. Ma i bambini, tra giusto e sbagliato, sembrano già perfettamente sapere da che parte stare.