Calcio – Lupi senza orgoglio e carattere: si torna in C

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È finita. L’Avellino saluta ufficialmente la cadetteria, vanificando l’ennesima promozione. Quarta retrocessione per i biancoverdi negli ultimi tredici anni. Lupi sconfitti a Bari per 1 a 0, grazie ad un tiro di Marchese nella prima frazione di gioco deviato da Corallo. Un nuovo duro colpo per una città presa ancora una volta in giro, per una maglia disonorata da un gruppo di giocatori che, salvo qualche eccezione -come chi la promozione se l’è sudata sul campo (vedi Porcari, De Angelis, Di Cecco, Gragnaniello, Sirignano, Pellicori che ha lottato sempre e comunque)- non hanno mai dimostrato di poter vestire questa casacca. Sono pochi a meritare l’applauso di un popolo che come sempre ci ha creduto fino all’ultimo. L’attaccamento alla maglia ed ai colori non è mai stato nel Dna di un ‘puzzle’ assemblato pescando qua e là senza logica, tra prestiti comproprietà e giocatori a fine carriera. Si è provato a tirare su un castello pensando che potesse reggere in un campionato mediocre come quello di quest’anno. ‘Progetto giovani’ questo era il cartello che campeggiava sulle porte della società di Contrada Archi, questa era l’idea di un Lucchesi in cerca di riscatto e di una proprietà che ha deciso di privarsi dei pezzi pregiati, di ripartire da zero senza le basi, pensando soltanto al fattore economico. Ecco i risultati dell’ennesima gestione fallimentare. Come nel recente passato, si è voluto fare calcio amatoriale, si è tentato di trasformare il ferro in oro, provando a restare a galla con uno spogliatoio senza identità che forse, anzi sicuramente, non ha mai compreso il vero valore dell’Avellino, che non ha mai capito il significato di una casacca che negli anni passati è stata indossata da giocatori che prima di essere professionisti erano uomini. Purtroppo agli ideatori di questo ‘piano’ è andata male. Hanno distrutto i sogni di quanti soffrono per il lupo, hanno buttato giù quanto di bello fatto un anno prima ma soprattutto sono stati capaci di perdere la B nel torneo in cui era più facile restarci. Definire tutto ciò un disastro è poco. Un gruppo senza orgoglio, senza carattere, senza capacità di lottare. Si salva poco e nulla di un campionato iniziato sotto la cattiva stella e terminato peggio. Eppure con quattro allenatori cambiati, qualcosa doveva essere acquisito, qualcosa questo ‘nuovo’ Avellino avrebbe dovuto impararlo, un minimo di crescita doveva esserci. Si può retrocedere, può capitare perché nel calcio si vince e si perde, ma bisogna farlo con dignità, dove non ci si arriva con la qualità ci vuole cuore, fierezza, voglia di spaccare il mondo, di dimostrare di poter indossare questa casacca. Tutto ciò non c’è mai stato, ognuno ha pensato ai propri interessi, a farsi bello per il prossimo torneo, a pensare al proprio avvenire. A combattere sempre gli stessi, sul campo hanno parlato veramente in pochi, in settimana ci hanno riempito di chiacchiere, ma nel momento della verità hanno dimostrato di non sapere affrontare le difficoltà. Nel prossimo week-end ci sarà l’ultimo atto del torneo, prima del rompete le righe, almeno per evitare l’ennesima umiliazione, mandiamo in campo la Primavera, mandiamo in campo gente che abbia qualcosa da spartire con questa terra, almeno loro non infangherebbero questi colori e cercherebbero di dare tutto pur di far splendere il nome della città. Le grida di Gragnaniello, le lacrime di Di Cecco sono l’emblema di chi veramente voleva conservare a denti stretti la seconda serie nazionale. Da domani si deve voltare pagina definitivamente, i Pugliese la loro seconda occasione non l’hanno saputa sfruttare. Hanno dimostrato -già come era accaduto due anni prima- che il calcio non è il loro mondo. Speriamo adesso che se ne rendano conto e che decidano di passare il testimone a chi oltre la passione, ci metta competenza e capacità gestionale. Si è fallito di nuovo ed alla fine chi soffre, chi piange, chi passerà notti insonni sono sempre i tifosi. Il futuro deve cominciare da subito…
(di Sabino Giannattasio)

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