Vitalizi e voto anticipato, ecco i parlamentari irpini che rischiano di perdere la pensione

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15 settembre 2017: una normalissima domenica di fine estate del prossimo anno per i comuni mortali, un giorno da segnale col circoletto rosso ben evidenziato sul calendario per circa 600 tra deputati e senatori della Repubblica che correrebbero il rischio di andare senza nemmeno un euro di pensione.

Questo, ovviamente, accadrà se e soltanto se il Presidente Sergio Mattarella scioglierà anzitempo le Camere (ovvero prima della naturale scadenza della Legislatura XVII che ha avuto inizio nella primavera del 2013).

Tra i 600 parlamentari per così dire sulla graticola troviamo in sostanza tutti i parlamentari originari della provincia di Avellino, tutti freshman di Montecitorio, ad eccezione di due esponenti di Forza Italia, il senatore Cosimo Sibilia (in carica dalla Legislatura XVI) e il deputato ed ex Ministro Gianfranco Rotondi (che siede in Parlamento dal 1994).

Se le Camere dovessero essere sciolte prima del prossimo 16 settembre, infatti, il 75% dei politici irpini, essendo alla loro prima legislatura, non riscatterebbero i diritti pensionistici che scattano dopo i 4 anni di mandato.

Un effetto provocato dalla norma del 2012 che ha riformato il sistema pensionistico di deputati e senatori della Repubblica, introducendo sia il metodo contributivo che la soglia minima di mandato a 4 anni e 6 mesi.

I soldi maturati, tuttavia non andrebbero persi, ma servirebbero a pagare i vitalizi ancora in vigore dei vecchi parlamentari.

Come ha scritto Repubblica il 16 novembre scorso, il tema era di dominio pubblico nei corridoi del Parlamento già durante la campagna elettorale per il Referendum.

Molti parlamentari sono in fibrillazione anche perché tra i circa 600 che rischiano di perdere i contributi versati ce ne sono parecchi che non verranno ricandidati.

Dunque perderebbero l’occasione di avere una pensione da ex parlamentare.

Non ricca come un tempo, in cui per un mandato si conquistavano tremila euro al mese, ma pur sempre una somma dignitosa (mille euro al mese).

Alcuni deputati e senatori stanno ipotizzando, nel caso, di fare ricorso per chiedere la restituzione dei contributi ma sembra che i margini siano piuttosto ristretti.

E’ dato sapere che una buona parte dei parlamentari sarebbe contraria alle elezioni anticipate per non perdere così il diritto al “vitalizio”.

Ma se i grillini si sono smarcati dalle accuse chiedendo di andare subito alle urne, diverso potrebbe essere il discorso per i dem eletti a febbraio 2013 quando il leader del Nazareno era Pierluigi Bersani, oggi divenuti renziani soltanto in un secondo momento. Viste le nuove dinamiche, al momento poco prevedibili, dentro il partito è difficile avere garanzie per un secondo mandato e per tanti la preoccupazione è concreta.

I requisiti per ottenere queste pensioni – o vitalizi molto ridotti – è rimasto invariato: un deputato (o un senatore) deve restare in carica per 5 anni effettivi e percepisce la pensione dopo il compimento del 65esimo anno di età.

Per ogni anno in cui resta in carica oltre i primi cinque, il parlamentare può godere della pensione con un anno di anticipo, anche se in nessun caso può iniziare a percepirla prima del 60esimo anno di età.

In caso di fine anticipata della legislatura, le frazioni di anno contano come un anno intero se sono trascorsi più di sei mesi.

Questo significa che per conteggiare i cinque anni necessari a vedersi assegnata la pensione, l’attuale Legislatura dovrà durare almeno 4 anni, sei mesi e un giorno e dunque dovrà quindi terminare non prima del settembre 2017.