La faglia del terrore, ovvero i circa venti chilometri di paura che partono da Visso fino ad Accumoli, continua a rilasciare scosse di terremoto violente.
Il sisma che domenica mattina alle ore 7,40 ha raggiunto la magnitudo 6.5. E in un giorno solo è stato seguito da una raffica di altre trecento scosse, di cui una quindicina di magnitudo superiore a 4.
“L’anima dell’Italia è inquieta. Il terremoto più forte dai tempi dell’Irpinia, dal 1980, ha devastato il cuore della nostra Penisola”. Anche il premier Matteo Renzi, così come gli esperti hanno riferito nelle ultime 24 ore, ha definito il violento movimento tellurico di Norcia come il più potente dai tempi del terremoto del 23 novembre di 36 anni fa quando ad Avellino e nelle province di Potenza e Salerno persero la vita quasi tremila persone.
“E’ il (terremoto, ndr) più forte in Italia dal terremoto dell’Irpinia del 1980”, ha detto Gianluca Valensise dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “Se l’energia che è stata rilasciata da tre grandi scosse e da uno sciame durato due mesi si fosse sprigionata in un colpo solo, avremmo probabilmente raggiunto una magnitudo 7, ha spiegato Paolo Messina, direttore dell’Istituto di Geologia ambientale del Cnr. La scossa, cioè, sarebbe stata quasi 6 volte più forte del terremoto di ieri e quasi 30 volte più potente del sisma del 26 ottobre.
Nessuno tra gli esperti però è in grado di fornire informazioni su quando terminerà questa escalation di forti scosse di terremoto, “A un certo punto perderà energia e incontrerà una faglia che non è più disposta a farsi attivare – spiega Valensise – .Ma per bene che vada, ci aspetta comunque un periodo di sciame”.
C’è però un aspetto, nel terremoto di ieri mattina, che i ricercatori non riescono bene a spiegare. Le scosse che hanno innescato questa sequenza, all’alba del 24 agosto, raggiungendo la magnitudo 6.0, sono migrate inizialmente verso nord durante la fase di assestamento. Dopo uno sciame durato due mesi e 18mila scosse, hanno poi colpito il 26 ottobre a Visso, con una magnitudo 5,9 che rientrava tutto sommato nelle previsioni. Ma poi, ieri mattina, il terremoto è sorprendentemente tornato verso sud, ancora a Norcia. “Personalmente, sono rimasto sorpreso – ha detto Alessandro Amato dell’Ingv – Le attivazioni di nuove faglie in genere avvengono alle estremità di quelle già colpite. Non verso il centro”.
“È stata – ha confermato Valensise – una scossa un po’ anomala. Non capiamo ancora bene come si inserisca nel puzzle. Temevamo che la sequenza proseguisse verso nord-ovest o verso sud-est. Invece l’epicentro di ieri è tornato indietro”.
LA FAGLIA E IL CONTAGIO – La “faglia del terrore” che ormai stiamo imparando a conoscere taglia gli Appennini da nord-ovest a sud-est, è lunga poco più di venti chilometri e inclinata verso il Mar Tirreno di circa 45 gradi. È anche affiancata da una serie di altre faglie, che si susseguono l’una parallela all’altra, o quasi, ogni 5-10 chilometri. Il fatto che queste spaccature della crosta siano piuttosto corte farebbe sperare che la faglia esaurisca presto la sua energia per tornare in uno stato di quiete. Ma il fatto che le fratture sotterranee siano così ravvicinate fa temere anche che il “contagio” possa avvenire più facilmente.
Il sisma di grado 7 che abbiamo evitato fino a oggi, d’altra parte, qui non stupirebbe nessuno. “In questa zona il rischio sismico è massimo. Ad Avezzano nel 1915 raggiungemmo questa magnitudo ” ricorda Pantosti. Né i terremoti “a puntate” sono sconosciuti al nostro paese. “Anche nel ’97 in Umbria il sisma avvenne in tre fasi a distanza di due mesi ” spiega Valensise. “La grande scossa dell’Irpinia, abbiamo scoperto solo dopo, era in realtà composta da tre sotto-scosse molto ravvicinate. La seconda ha seguito la prima di 20 secondi. E la terza è arrivata dopo 40 secondi. In Calabria, nel 1783, si sono susseguiti ben cinque terremoti di magnitudo 6.5 e oltre”.
L’Appennino centrale, con le sue faglie piccole, frastagliate e infide resta dunque un puzzle. Ed è impossibile sapere quando tutti i pezzi avranno raggiunto la loro posizione di quiete. “In questa sequenza è stata coinvolta forse una faglia, o forse due contigue, accanto ad altre faglie antitetiche che anziché essere orientate verso il Tirreno lo sono verso l’Adriatico” spiega Amato. “Abbiamo di fronte un sistema attivo e molto, molto complesso”.
(fonte: Repubblica)