Addio Bud Spencer, insegna agli angeli a menare cazzotti

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Pasquale Manganiello – Le bacheche di facebook saranno già piene delle sue foto, i giornali italiani saranno già inondati da nostalgici coccodrilli, il web pieno di biografie. Quello che mi resta da scrivere è poco ma spero che racconti in maniera esaustiva il mito che Bud Spencer ha rappresentato per quelli della mia generazione, quelli abituati a vedere i suoi film con Terence Hill ogni anno, a cadenza fissa, su rete 4, ogni volta che li beccavamo.

Lo Chiamavano Trinità, Continuavano a Chiamarlo Trinità, Banana Joe, Altrimenti ci arrabbiamo, Bomber, Pari e Dispari, Due superpiedi quasi piatti, Non c’è due senza quattro ecc, io li avrò visti almeno una ventina di volte. Come tutti, forse.

E tutte le volte che li ho visti, tutte le volte che ho messo gli occhi sulla serie di cazzotti a martello, sulle avventure indimenticabili con il suo compagno ideale, quel Terence Hill che stasera vedrà la sua vita passare davanti agli occhi come un miraggio, non ho potuto fare altro che restare lì, sospeso e divertito, sorridente e felice, trascorrendo quelle due ore dimenticando tutto il resto.

Vedere un film un paio di volte, di solito, è già tanto, ma Bud Spencer che divora una coscia di pollo con ardore, la sua faccia annoiata da gigante buono, quelle battute indimenticabili che fermano il tempo, le risse infinite che si chiudono sempre con qualche dente a terra e con i buoni che vincono, non hanno fatto altro che alimentare la passione per quel tipo di cinema, quel cinema non hai mai più rivisto che non rivedrai mai più.

Sarebbe bello elencare tutte le scene che hanno segnato l’ammirazione infinita per i suoi film ma, in fondo, ognuno ha la sua scena preferita, ognuno ha la sua smorfia preferita, ognuno ha il suo cazzotto preferito, quello che fa rumore, quello che lascia un segno non solo su una mascella cinematografica.

Carlo Pedersoli è approdato nel cinema quasi per caso, Bud Spencer lascia un’esperienza epica, mitica, intramontabile, una grandezza che ha fatto sentire la settima arte italiana più vicina all’America con un linguaggio popolare.

Bud Spencer se ne è andato serenamente, dicendo “grazie” ai suoi cari. Il nostro “grazie” ideale va a lui per tutte le risate che ci ha regalato.

Ciao Bud, insegna agli angeli a menare cazzotti in testa. Sicuramente, da qui, ne sentiremo l’eco.

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