“Ti amo ancora, gran p…!”. Quando l’amore si trasforma in violenza

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L’escalation della violenza sulle donne parte sempre da lontano, dalla non accettazione del distacco che proviene, spesso, anche da lutti familiari, da problemi sociali e personali che vanno al di là della conclusione del rapporto di coppia. Non è tanto un problema di leggi, in quanto in Italia sotto questo aspetto negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti con la legge contro lo stalking, quella per il contrasto al femminicidio, la ratifica della ‘Convenzione di Istanbul’.

C’è però ancora molto da fare nella prevenzione se, come si evince dagli ultimi dati Istat disponibili, circa 7 milioni di donne hanno subito violenza, fisica o psicologica (una donna su 3 fra 16 e 60 anni). Ma nemmeno il 12% di queste donne ha avuto la forza di denunciarla.

L’iter prevalente è particolarmente comune. La comunicazione della fine di un rapporto è il colpo al cuore, infonde un senso di abbandono perenne, instilla la disperazione più profonda che gradualmente fa pensare che si sta morendo lentamente. Facebook ed i social network diventano gli alleati per scaricare tutta la propria rabbia e la propria frustrazione. Non mancano esternazioni che evidenziano l’acuirsi della sensazione di solitudine, lo sconcerto che minaccia intenzioni di suicidarsi. I giorni trascorrono lentamente, gli umori sono variabili, le offese pubbliche rimbalzano richieste di perdono e viceversa, la donna amata passa da Dea dell’amore a meretrice più miserrima in un attimo, i tentativi di riconquistare la ex sono surclassati, in pochi momenti, da reazioni scomposte ad un post o ad uno sguardo di sfida. Si ha bisogno degli amici e a volte gli amici non ci sono, ci si chiude in se stessi per non mostrarsi indeboliti, ci si fa forza e nel momento in cui si spera di rinascere ecco che arriva il malefico sentimento che manda tutto a farsi benedire: la gelosia. Le invettive trascinano nel vuoto di quell’anima sconvolta, l’aggressività e l’odio crescono ed è violenza e follia.

Fondamentali per il contrasto al fenomeno sono i Centri Antiviolenza, sparsi su tutto il territorio nazionale, lottano sempre con la cronica mancanza di fondi per poterli far funzionare al meglio. E’ poi necessaria una profonda rivoluzione culturale e sociale, che coinvolga anche le scuole e le giovani generazioni che spesso sottovalutano o stimano come ineluttabile la violenza all’interno delle coppie, anche quelle di giovanissimi. E’ per questo, per sensibilizzare, che dal mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport si moltiplicano gli appelli e le iniziative a sostegno.

Il referente della Cooperativa sociale “La Goccia”, Rosario Pepe, evidenzia la situazione attuale nei centri antiviolenza di Avellino e Mercogliano:

“Purtroppo le richieste ci sono – dichiara a Irpinianews – con cinque situazioni prese in carico e di varia tipologia di violenze. Sono donne che vengono in particolare dalle periferie, soprattutto in relazione al mantenimento dell’anonimato. Ciò che stiamo registrando in questo primissimo periodo di attività è un fenomeno sommerso: la donna vittima di violenza non ha un lavoro e fa più fatica a denunciare, ha bisogno di trovare una sua autonomia. Si deve prima ricostruire come persona e poi può emanciparsi da questa violenza. Maturare questa decisione è complicato e per questo noi forniamo assistenza legale e consulenza psicologica come azioni prevalenti”.

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