Pietradefusi, il prof. Antonio Corbo sulla glorificazione di Padre Ludovico Acernese

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Lunedì scorso, 15  febbraio 2016, a Pietradefusi abbiamo assistito a due avvenimenti che passeranno alla storia locale per l’importanza religiosa e per la rilevanza  civile. Nella Collegiata di M.S.S.  Annunziata  si  è tenuta, infatti, la  glorificazione del cappuccino Padre Ludovico Acernese  con una cerimonia di assoluta solennità sacerdotale.

Basti pensare che a presiederla è intervenuto il Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini di Napoli e ad assisterla ha partecipato un  vescovo, che ha ricoperto la carica di Nunzio Apostolico in vari paesi europei, tra cui in Inghilterra e in Germania; nel totale nell’altare maggiore figuravano una quarantina di celebranti. 

A questo rito sacro, protrattosi per circa tre ore e a cui ha partecipato una folta folla di fedeli giunti finanche da Campobasso, è seguita l’inaugurazione del gruppo statuario dedicato al festeggiato  Padre Ludovico, già Servo di Dio.

Ancora una volta dobbiamo riconoscere che gli avvenimenti di maggiore rilevanza per Pietradefusi portano il “bollo” o sono legati alla presenza delle Suore Francescane Immacolatine, ordine fondato e diretto (a suo tempo), appunto, da Padre Ludovico del quale ricorre il centenario della morte (in odore di santità).   

Il gruppo statuario,in marmo saccaroide (quello di Carrara,per essere chiari) è composto dalla “figura” del Cappuccino e da due bambini,tutti in grandezza naturale, ed è stato collocato su un grosso  zoccolo (piedistallo) lapideo impostato,a sua volta, su un  supporto in basalto (vulgariter: pietra lavica) di oltre cinque metri quadri di ampiezza. 

Si tratta,in sostanza, di una struttura di grande magnificenza e,soprattutto, di grossa imponenza  per le sue dimensioni. 

Secondo le più elementari norme urbanistiche e l’abbecedario dell’architettura per la collocazione di un monumento simile sarebbe stata necessaria una superficie prati-cabile all’intorno,cioè a servizio, non inferiore a 400-500 mq  e, soprattutto, con piano (quota)   unico per l’intera estensione.

La scultura viene posta in un’area disarticolata in piccole superfici con numerosi  dislivelli entro cui si estende, addirittura, una fascia a ra  mpa, bordata e attraversata da parapetti e ringhiere in ferro. Certamente per disarticolare l’area con gradini, gradoni, scalini e scalette e sbalzi di  meglio non si poteva operare;in conclusione si è lavorato all’inverso di come viene suggerito dalla tecnica. Tale  area è stata appositamente preparata con tanto di programma preliminare e progetto esecutivo redatti,secondo “vox populi” a cura e a spese dell’Amministrazione comunale. 

Il paradosso risulta ingigantito se si considera che nella zona e in  contiguità (e quindi accorpabili) si estendono “spazi” sufficienti per attuare quei principi basilari suggeriti, a cominciare, da Vitruvio e, per finire, da Renzo Piano.

Sarebbe stato sufficiente, infatti, formare un terrapieno di esigue dimensioni nel lato est e ripianare con modestissimi volumi di materiale quella parte oggi figurante incli-nata. Con questi piccoli accorgimenti e con una spesa del tutto contenuta si sarebbe ricavato  lo “spazio operativo di servizio” per rendere compatibile il monumento  con l’ambito d’ inserimento . Si sarebbero raggiunti  i 400 mq previsti dai manuali di urbanistica e di architettura.

Quella preparata dal Comune, per dirla semplice,  è del tutto inadeguata per l’opera installata; è somigliante a quella casupola che ospita un elefante. Più che inquadrarla tra le piazze,essa dovrebbe essere inserita tra gli slarghi e,più precisamente, tra gli snodi viari, visto che nello stesso posto si incrociano varie vie cittadine.

Non sappiamo  chi siano  il curatore del progetto e il “padre” di questa iniziativa   e nemmeno ci interessano i nomi. Diciamo,anzi, che non intendiamo conoscerli perché in questa osservazione non c’è niente di personale; ce ne guardiamo bene. Vorremmo solo che le cose che si realizzano nel nostro paese siano eseguite,sotto l’aspetto tecnico, in modo corretto.

Ciò che interessa,invece, è che in  un breve giro di tempo si ponga riparo alla gaffe e che il fatto non susciti biasimo e sprezzo, come già è avvenuto lunedì 15 con una signora di Campobasso. D’altronde per certe osservazioni non occorre conoscenza specifica della materia. È sufficiente un pizzico  di  perspicacia.

In forma  sommessa sussurriamo allora all’autore del progetto  che  la prima regola suggerita già da Apollodoro di Damasco (siamo ai tempi di Traiano) e applicata in forma pedissequa da Le Corbusier  è quella di dimensionare le masse proporzionan-dole tra loro; ai bambini certamente non si fanno indossare i cappelli. Ad essi si riservano le cuffiette. E così all’inverso.

L’altro elemento, su cui non si può sorvolare, poiché la materia rientra nelle nostre competenze di geotecnico, riguarda la pavimentazione. Il tipo di pietra utilizzato (travertino),secondo i testi di Petrografia,viene prescritto per i rivestimenti e non per lastricature;difatti non è per niente usato in tal senso.

Trattandosi di materiale a bassa resistenza meccanica e ad alta porosità e,a punti, vacuolare, nel giro di pochi anni diviene   macchiato a tinte nerastre, laddove soleggiato, e verdastre, in quelle non soggette ai raggi solari. Anche questa,in sostanza, è stata una scelta infelice, per usare un termine eufemistico. Ma della zona va segnalata ancora un’altra deficienza e precisamente le brutture  e gli sconci  estetici di  alcuni fabbricati all’intorno che prospettano direttamente sul monumento. Ci limitiamo a ricordare l’ampia facciata a mattoni senza intonaco incro-ciata da pilastri e travi in calcestruzzo, il fabbricato in costruzione (da oltre 40 anni)in blocchi di tufo con porte e finestre tamponate con tavole “arabescate”da residui di malta , un casotto somigliante alle bidonville di Recife, la città più degradata del Brasi-le, il residuo di muro rivestito da piastrelle (per cucina) variopinte,con relativo intrec-cio di tubi metallici,che “impreziosisce” la base  dello spiazzo riservato a P. Ludovico.

Questi sono i principali “elementi ornamentali”  che fanno da cornice all’area di interesse, rendendola  un raro “gioiello estetico”:l’occhio è appagato, l’animo ne sente il beneficio e un gaudio interno pervade chi passa per la zona. E a dire che tale situazione indecorosa si osserva  in pieno centro cittadino da moltii lustri con assoluta indifferenza di chi è tenuto a curare anche l’esteticità urbana.

Ma ci si rende conto che quelle elencate rappresentano esempi di incuria, di scadi- mento e di  indecenza visiva e che,purtroppo, per la loro posizione in pieno centro,  fanno da “biglietto” di presentazione dell’intera cittadinanza?

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