Laceno d’Oro – Chiusura dedicata ai fratelli Taviani

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Il Laceno d’Oro 2015, festival internazionale del Cinema, giunto alla 40esima edizione, saluta il suo affezionato pubblico con un’ultima grande giornata di proiezioni, recital teatrali e istallazioni site-specific nelle due location dell’ex Carcere borbonico di Avellino e del Teatro 99 Posti di Mercogliano.

Si chiude così, dopo 17 giorni, decine di “nuove visioni”, cortometraggi, documentari, workshop, incontri con gli autori, concorsi, premiazioni, performance visive e sonore, una delle edizioni più ricche di sempre, che ha riportato il Festival del cinema che riflette, in giro per tutta l’Irpinia e al centro della programmazione culturale di 9 comuni.

Per l’ultimo giorno del festival, domani, mercoledì 30 settembre, si ripartirà dal Cinema Panopticon del complesso monumentale di via Dalmazia, location privilegiata di queste lunghe settimane dedicate al grande cinema d’autore, con una grande “nuova visione” dedicata ai fratelli Paolo e Vittorio Taviani. Alle 17:00 verrà proiettato “Meraviglioso Boccaccio”, pellicola che ha aperto l’ultimo Festival del Cinema di Pechino.

Alle 19.00, sempre al Cinema Panopticon dell’ex Carcere borbonico, ci sarà poi tempo per l’ultima pellicola della sezione “Nuove Visioni”: “Magicarena” di Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller, che tornano al Laceno d’Oro, dopo aver presentato ad Avellino “Polvere – il grande processo dell’amianto” sulla terribile vicenda di Casale Monferrato, con un omaggio alla grande opera lirica condensato in 90 minuti di grandi emozioni. I due autori saranno presenti in sala.

L’ultimo giorno del Laceno d’Oro 2015 porterà il pubblico di nuovo al Teatro 99 Posti di Torelli di Mercogliano dove, alle ore 21:30, Michele Vietri porterà in scena “Tutto il mio folle amore”, recital liberamente ispirato ai testi di Pier Paolo Pasolini con l’accompagnamento musicale dal vivo di Nicola Genovese.

Inoltre, domani sarà anche l’ultimo giorno utile per visionare le installazioni site-specific interattive e il Projection mapping ospitate al Carcere borbonico dall scorso 19 settembre e curate da Flussi Media Arts Festival.

SI tratta di installazioni sul tema del cinema, allestimenti scenografici di forte suggestione pensati appositamente per il Laceno d’oro, ma anche installazioni interattive e multimediali dislocate negli spazi espositivi per realizzare differenti livelli di engagement con i fruitori.

In particolare le installazioni prevedono proiezioni video, a contenuto cinematografico, basate sulla tecnica del projection mapping, una particolare tecnica di proiezione che consiste nel sagomare le immagini proiettate su una facciata architettonica (chiesa, palazzo, castello etc) o su una scenografia costruita ad hoc, tenendo conto dei profili caratteristici della facciata stessa o della particolare forma della scenografia.

STANLEY KUBRIK
Tribute to a master of cinema.

TOO DISGUSTING TO BE VIEWED ENTIRELY
Tribute to disturbing cinema.

THE ACT OF SEEING
Tribute to Stan Brakhage

SCHEDA FILM: MERAVIGLIOSO BOCCACCIO

Regia: Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Durata: 120’
Origine: Italia, 2015
Soggetto e sceneggiatura: Giovanni Boccaccio, Paolo Taviani, Vittorio Taviani
Interpreti: Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Jasmine Trinca, Paola Cortellesi, Michele Riondino, Kim Rossi Stuart
Fotografia: Simone Zampagni
Produzione: Luigi Musini, Donatella Palermo

I fratelli Taviani tornano alla regia tre anni dopo i trionfi di Cesare deve morire (Orso d’oro a Berlino e David di Donatello). Ripassano per la terra di Toscana e recuperano le loro immagini, il loro paesaggio, la loro lingua. Di fatto decidono di continuare a misurarsi con il racconto e a riflettere sulla sua messa in scena, sulle modalità oratorie, divulgative e rappresentative del testo scritto. Ecco allora il Maraviglioso Boccaccio, operazione filologicamente rischiosa e allo stesso tempo quasi inevitabile per questo ultimo percorso artistico, interamente giocato sul metacinema. Per questo riprendere in mano Il Decameron, da cui i fratelli registi estrapolano cornice e cinque novelle. L’inizio nella Firenze falcidiata dalla peste è potente, spiazzante per il disperato e astratto realismo. E’ l’orrore da cui far partire l’arte della narrazione – ed è curioso come dall’ultimo Martone de Il giovane favoloso a questi Taviani sia proprio la pestilenza a fare da detonatore estetizzante per una rilettura cinematografica del nostro passato culturale. Senza rispettare l’ordine letterario la scelta dei superstiti cade sui racconti dell’ingenu o Calandrino (Kim Rossi Stuart), di Catalina salvata dalla morte da Nicoluccio (Flavio Parenti), sulla tragica storia che vede coinvolti Tancredi (Lello Arena), la figlia Ghismunda (Kasia Smutniak) e Guiscardo (Michele Riondino), e poi ancora il divertente intrigo amoroso al monastero della badessa Ubalda (Paola Cortellesi) e infine la dolente e tenera storia d’amore tra Federigo degli Alberighi (Josafath Vagni) e monna Giovanna (Jasmine Trinca). Cinque pagine esemplari che di fatto sfiorano tanti diversi generi cinematografici: il melò, il comico, il dramma, il fantasy. Anche se in realtà ai Taviani non interessa il citazionismo né alcun riferimento a modelli cinematografici pregressi. È improprio quindi fare alcun confronto con il Decameron di Pasolini, denso di una fisicità espressiva e scatologica lontana anni luce dalle loro intenzioni. Qualcuno potrà sorridere e gridare all’operazione fallita, ma qui – con tutti i suoi limiti – c’è la verità di un cinema sempre più piccolo e genuinamente limpido.
SCHEDA : TUTTO IL MIO FOLLE AMORE

Michele Vietri, attore e performer vocale, e Nicola Genovese, cantautore jazzista e polistrumentista, sono insieme per uno spettacolo dai toni forti e dalla poetica viscerale, un recital che si costruisce sulle canzoni, le poesie e il mondo di Pier Paolo Pasolini. Una trama musicale elaborata da una strumentazione eclettica, grazie all’estro e la sensibilità di Genovese, si intreccia con la voce e la recitazione emozionale di Vietri, mettendo a frutto le esperienze approfondite di entrambi nell’ambito del teatro-canzone. Il ritratto di Pasolini di una società ancestrale condotta al patibolo dalla modernità, verso un cambiamento irrimediabile e distruttivo del proprio patrimonio umano, è fissato in note musicali, bozzetti teatrali e testi poetici, ma in essi pure si coglie quel palpitante soffio vitalistico, “pasolinianamente” unico, dei personaggi “de vita”, delle loro storie raccontate così, tra lo stornello e il dramma.

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