Ordine degli Architetti:«Avellino non pianifica il proprio futuro»

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Avellino veduta aerea
Avellino veduta aerea

Il presidente dell’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Avellino Fulvio Fraternali non usa mezzi termini e fotografa una città che ha il fiato corto e che non riesce ad immaginare meccanismi e traiettorie per approdare verso un futuro più roseo per i suoi giovani.

Presidente Fraternali, qual è secondo lei lo stato di salute di Avellino?

«La pianificazione urbana avellinese manca di un disegno generale. Molti dei lavori fatti vengono eseguiti in favore dei finanziamenti concessi, ma dietro non c’è una visione lungimirante per la città che possa dare una speranza e delle risposte concrete ai giovani che dovranno decidere di rimanere o meno ad Avellino. Inoltre, in mancanza di tutto questo, il ruolo del capoluogo nel contesto provinciale e regionale è ancora evanescente. Ci vuole uno slancio nuovo che faccia scattare la locomotiva ma ad oggi questa intuizione manca ancora alla nostra classe politica».

Non crede che quando tutti i cantieri saranno conclusi la città potrà iniziare a guardarsi allo specchio e capire dove sta andando?

«Gli interventi aperti in città, al di là della condivisione, non modificheranno il ruolo della città nei confronti del territorio. Piazza Libertà, ad esempio, avrà solo una circolazione più accettabile, ma cosa cambierà nel quadro di uno sviluppo generale? Assolutamente niente. I tanti cantieri aperti negli ultimi mesi in città non andrebbero visti come singole tessere, purtroppo non sembrano dei veri e propri interventi di trasformazione urbana, ma semplici operazioni di sistemazione dell’esistente che spesso non tengono minimamente conto del contesto di riferimento. Tutte le opere, di ieri e di oggi, sembrano ampiamente scollegate tra di loro, mentre tutto andrebbe riammagliato, pianificato con sensibilità ed attenzione, dando ai progetti delle funzioni reali che possano davvero servire alla città e trattenere gli avellinesi e attrarre chi vive in provincia e in regione».

Cantieri scollegati tra di loro e opere poco funzionali alla città. Non si salva proprio nulla?

«La città di oggi rispetto a quella della mia infanzia è peggiorata nel disegno urbano e nella vivibilità delle zone residenziali e negli spazi di socializzazione. Si sono fatti pochi studi sulle ricadute sociali ed economiche scaturite dalle grandi opere pubbliche. Le scelte spesso sembrano calate dall’alto e non intercettano il volere degli avellinesi. Voler spostare un avamposto dei Vigili a piazza Kennedy, ad esempio, non genererà attrazione per un parco urbano abbandonato e vandalizzato. Nei prossimi bandi spero che l’amministrazione definisca meglio le funzioni e la gestione delle strutture e delle opere che andrà a realizzare prima di accedere ai finanziamenti europei. Abbiamo bisogno che venga garantito un ritorno occupazionale, a partire dall’ex Cinema Eliseo, fermo al palo da anni senza costi di gestione chiari e senza intuizioni capaci di creare economia. Se non si inverte la rotta continueremo ad avere scatole vuote con funzioni nulle o marginali».

Il comparto dell’Edilizia, però, non riguarda solo le opere pubbliche, ma anche il mercato immobiliare.

«Gli edifici realizzati in città negli ultimi anni posso piacere oppure no, ma esulano dai nuovi concetti dell’edilizia contemporanea come quello sull’autonomia energetica ad esempio. Se il costo della gestione energetica di un nuovo immobile non si avvicina allo zero, come garantito dalle nuove tecnologie e dai nuovi criteri edificatori, difficilmente il mercato immobiliare tornerà a correre. Chi ha le risorse non investe su appartamenti già obsoleti. Per questo c’è la necessità di intervenire in maniera diversa sul già costruito».

Pensa alla rigenerazione sostenibile?

«La decrescita della popolazione negli ultimi anni è evidente. Oggi rimane invenduto tutto ciò che è stato costruito con vecchi criteri. Si preferisce vivere nelle vecchie case. Il mercato è in crisi e va rilanciato, ma tutto questo non è stato studiato adeguatamente. Di conseguenza i servizi in città sono diminuiti e la popolazione avellinese ha continuato a trasferirsi in comuni limitrofi. Il Ri.u.so. deve essere davvero l’elemento trainante dei prossimi interventi sul territorio. E’ l’unica via d’uscita per rendere la città più bella, gli immobili più sicuri e meno impattanti e rilanciare il mercato del mattone. L’amministrazione comunale deve distogliere gli imprenditori a realizzare interventi su suoli agricoli vergini, in aree a verde incontaminate, piuttosto che intervenire sull’esistente».

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