Avellino – Cambiano gli uomini, ma restano le idee: quelle del popolarismo interclassista e democratico di Sturzo e De Gasperi. Una riflessione ‘ad alta voce’, “Ulivo o partito democratico: c’è ancora un futuro per il popolarismo?”, che ha visto protagonisti i fedelissimi di Gerardo Bianco e i vertici del Fiorellino provinciale ieri pomeriggio nella sala auditorium del Viva Hotel (alla presenza tra gli altri, oltre a quella dell’on. Bianco, di Gennaro Salzano, delegato regionale Italia Popolare, Giandonato Giordano, ex sindaco di Guardia dei Lombardi, ancora Michele Forte, Enzo De Luca, Giuseppe De Mita, capogruppo provinciale del Fiorellino, Gerardo Capozza sindaco di Morra De Sanctis e Domenico Covotta, coordinatore provinciale della Margherita). Un confronto che è servito a ribadire la posizione di Italia Popolare all’interno del processo politico del Fiorellino in vista del partito unico e a rafforzare il ‘no’ nei confronti del Partito democratico. Un’idea, nata all’indomani del convegno di Orvieto, che ha accelerato i tempi per la costituzione del nuovo soggetto politico. Principio rafforzato in seguito alla ‘miopia’ “dei compagni popolari dopo l’esperimento fallito di Chianciano”. Tre i motivi alla base del diniego. Numero uno, la perdita di identità. “Tutti i partiti – spiega Giordano – finiranno in un contenitore indistinto che annullerà la storia dei grandi. Quella democratica, cattolica e popolare”. Secondo punto: la collocazione del Pd all’interno della politica internazionale. “Il popolarismo europeo ha perso i suoi connotati. Sul ceppo antico si sono innestati correnti diverse che ne hanno modificato la natura”. Terzo ed ultimo fattore, la prospettiva nell’evoluzione del sistema politico italiano. “Nella cultura di Prodi e Parisi esiste la volontà di creare un bipolarismo politico, contrario alla nostra ideologia centrista”. Sulla stessa linea d’onda il leader nazionale di Italia Popolare Gerardo Bianco: “Facciamo politica – sentenzia – senza vagheggiare acritici ritorni al passato né tantomeno riedizioni di stereotipate formazioni politiche, ma nella contemporanea certezza che i partiti del centrosinistra oggi non riescono a rappresentare appieno le istanze ed il metodo dell’area popolare di tradizione democratico-cristiana”. Una riflessione la sua che, partendo dall’analisi dell’attuale contesto politico “segnato da una rischiosa inclinazione verso forme di rappresentanza democratica oligarchica” finisce con l’evidenziare “l’esigenza di un ritorno alla politica come partecipazione, come necessaria espressione della storia ideologica che ha reso grande il partito popolare nella storia”. E ancora. “Se così non dovesse essere, sono pronto a lasciare la militanza attiva. Non voglio morire senza difendere i miei ideali”. È invece l’approccio sbagliato al partito unico, l’equivoco, secondo Giuseppe De Mita, alla base dell’incertezza e delle contraddizioni rispetto all’ipotesi di unità. “La condizione di approssimazione post elettorale nella quale si inserisce il dibattito, ha focalizzato i pro e i contro di un discorso politico che seppur interessante ha dato vita ad una forma di ancoraggio mentale: dalla prevalente tentazione di recuperare un posto di visibilità, alla rincorsa della novità, dal bipolarismo ‘coatto’ alla scarsa coesione partitica”. Tutti elementi che secondo De Mita junior conducono a due problemi di fondo che nascono da “una domanda errata”. Il primo di carattere sociologico (“perché non siamo riusciti a creare un radicamento all’interno di una società unita nell’incertezza”). Il secondo di stampo culturale (“La vera misura del cambiamento è rappresentata dalla culture politiche”). Il partito democratico risponde, dunque, alle aspettative dell’elettorato che “vanno ascoltate e rafforzate”. Insomma, contro “il matrimonio per procura”, l’Italia Popolare di Bianco si schiera a favore di una “cultura della politica sussidiaria”, vale a dire del “recupero di un metodo” che si scontra inevitabilmente con “i soliti carrozzoni politici”. (marianna morante)
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