Maselli: “Disponibile a candidarmi”

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di Teresa Lombardo – Solo rammarico: nessuna delusione per una politica, o forse un’esperienza che a torto o a ragione insegna ad essere cinici, a volta spregiudicati. A non essere troppo umili: l’umiltà è scambiata per debolezza. A non fidarsi troppo. Ma essere più determinati nel pretendere il rispetto così come lo si assicura agli altri: è l’ex Presidente della Provincia Francesco Maselli, ‘romantico’, diretto, fedele ai suoi ideali. Nonostante tutto. Contro la schiera di trasformisti pronti a svendersi per un piatto di lenticchie. Senza peli sulla lingua lancia messaggi sottili a compagni di avventura apparsi poco coerenti rispetto alle posizioni assunte in precedenza. E fa sapere: ci sono, o meglio “mi candido”. Nessuna pretesa: ma solo l’aspirazione o l’ambizione di recuperare un rapporto: quello tra Istituzioni e cittadini.
Ripensando al periodo elettorale, assumerebbe le stesse posizioni? Mi spiego meglio: si farebbe da parte, ancora una volta in nome del suo partito e di un’alleanza che ha dato i suoi risultati in termini di consenso?
“Probabilmente sì anche perché sono un inguaribile romantico. In questo mondo, un po’ di cinismo e di spregiudicatezza per poter sopravvivere non guasta. Forse è meglio essere troppo generosi che troppo freddi”.
Si sente tradito o deluso da qualche suo compagno di avventura? Mi riferisco al team – assessori e consiglieri – del quale si era circondato e che ha condiviso la sua legislatura.
“Nella campagna elettorale no. Forse più nella fase successiva. Mi sarei aspettato una continuità di comportamenti nell’amministrazione che non mi pare ci sia stata. E questo naturalmente non è imputabile a chi è arrivato dopo, ma a chi già c’era e ha continuato ad esserci. Forse un atteggiamento più coerente rispetto alle posizioni assunte in precedenza andava mantenuto”.
Deluso?
“Deluso… proprio no. Non me l’aspettavo. C’è solo un rammarico nell’esperienza politica di questi tempi: il dover verificare che per poter esserci, è necessario spingere le proprie ambizioni o le proprie aspirazioni fino a farle diventare quasi pretese. Perché fuori da questa condizione, la coerenza, il senso di appartenenza e i doveri che da essa discendono, rischiano di diventare disvalori”.
E delle posizioni di De Mita e Mancino? Le avevano prospettato una visibilità che fino ad oggi non ha avuto.
“Questo andrebbe chiesto a loro perché io non ho mai chiesto nulla in cambio. Poi in cambio di cosa. Piuttosto c’è stato chi si è sbilanciato in quella fase. Immaginando possibili collocazioni in altri sedi, parlando anche pubblicamente. Poi non so se le condizioni non si sono verificate perché ciò avvenisse ma di certo non è avvenuto”.
Da presidente della Provincia ad ingegnere, cosa rimpiange e cosa le piacerebbe ancora fare?
“Credo che ogni periodo della vita di una persona si caratterizzi per le contingenze che si determinano in quella fase storica. C’è stato un periodo nel quale sono stato chiamato a ricoprire l’incarico di presidente della Provincia. Ho cercato di portarlo avanti nel migliore modo possibile. Come meglio credevo. Secondo le mie possibilità, le mie capacità, secondo il contesto nel quale mi trovavo. Quel periodo è finito e se n’è aperto un altro. Come ho sempre fatto, adesso porterò avanti, al meglio, il mio lavoro di ingegnere. Non c’è alcun rimpianto per quello che non faccio più. Né c’è una particolare aspettativa per il futuro. Sicuramente sarò più determinato. Questa vicenda mi ha insegnato ad essere più ‘deciso’ nel pretendere rispetto così come lo si assicura agli altri”.
Quindi qualcuno le ha mancato di rispetto?
“Credo di sì”.
Cos’è il rispetto?
“E’ una relazione di lealtà reciproca che porta a comportarsi nei confronti degli altri così come si chiede agli altri di comportarsi nei propri confronti nella diversità di vedute, di posizioni ma avendo una reciprocità sincera o sincera reciprocità”.
Come giudica il modus operandi del nuovo presidente di Palazzo Caracciolo Alberta De Simone? Avrebbe gestito nello stesso modo la vicenda rifiuti? Inoltre se dovesse darle un consiglio, quale sarebbe?
“La De Simone non ha bisogno di consigli e soprattutto di consigli da parte mia. Non esprimo giudizi sull’operato di persone che mi hanno succeduto perché potrei, in ogni caso, essere frainteso sia nel senso positivo che negativo. Non spetta a me giudicare quest’amministrazione. Spetta semmai al corpo elettorale quando sarà chiamato ad esprimere il proprio giudizio, attraverso il voto. Mi dispiace sentir dire che si è ereditata una certa situazione perché prima di chi oggi amministra, l’ho ereditata io in passato. Sarebbe un gioco facile da realizzare perché si tradurrebbe nel classico scarica barile. Ognuno ha assunto le proprie responsabilità e in questa fase storica spetta a chi amministra, assumersi le proprie rispetto al contesto nel quale si trova”.
Da un bilancio tracciato alle sue prospettive in vista di un appuntamento importante: le regionali. Cosa si aspetta?
“Non mi aspetto niente ma vorrei creare le condizioni perché una prospettiva ci sia. Senza alcuna presunzione non solo per me ma anche per tanti amici che soprattutto negli ultimi tempi continuano a fare pressioni perché sia presente in questa campagna elettorale. Una presenza che avrei gradito fosse chiesta dal partito innanzitutto nella sua veste ufficiale. Al momento non c’è stata. Poiché ci sono questi amici, cittadini che chiedono di poter esprimere il proprio voto in una campagna elettorale – nella quale ci sia una maggiore presenza di posizioni articolate – ho deciso di dare la disponibilità alla mia candidatura. E’ arrivato il momento di smettere l’umiltà e un certo stile di fare politica perché nelle condizioni nelle quali ci troviamo, l’umiltà e lo stile vengono scambiati per debolezza. Voglio esserci, insieme agli altri amici. Voglio confermare che ci sarò anche in futuro (alle politiche, ndr)”.
Chi sono i suoi amici?
“Sono tanti… più gli iscritti, i militanti – può apparire presuntuoso – i cittadini, anche sconosciuti che mi fermano per strada che oltre ad esprimere il disappunto per quanto accaduto, mi spingono ad essere più presente attivamente piuttosto che aspettare che siano gli altri a coinvolgermi”.
Questa esperienza l’ha cambiata?
“Tutte le esperienze aiutano a forgiare la propria personalità, i propri comportamenti, atteggiamenti, il modo di affrontare la vita quotidiana. Positive o negative, sono un elemento che arricchiscono la personalità”.
La sua è stata un’esperienza positiva o negativa?
“Positiva. A parte il prestigio dell’incarico che ho ricoperto, mi ha consentito di avere relazioni con l’intera provincia e oltre la provincia stessa. Mi ha fatto capire tante cose di uomini e fatti”.
Se non dovesse avere la visibilità prospettata, continuerà ad essere della Margherita? E perché?
“Sì. Non c’è dubbio. Fin quando ci saranno le condizioni perché io mi senta di appartenere a questo partito, resterò nella Margherita. Per partito non intendo solo gli uomini ma quello che in termini culturali e politici intenderà esprimere. E semmai si dovesse verificare il contrario, certamente non andrò ad infoltire la schiera dei trasformisti che per un piatto di lenticchie sono pronti a passare da un partito all’altro. Questo indipendentemente dalle scelte che tanti hanno fatto con convinzione. Mi riferisco a quelli che cambiano, avendo qualcosa in cambio. Se avessi voluto pensare in questi termini, non avrei fatto ciò che ho fatto”.
Spesso ha lanciato delle provocazioni implicite a volte esplicite. Perché nonostante i corteggiamenti di un partito e l’altro, anche in campagna elettorale, non ha mai accettato di cambiare casacca?
“Perché la politica non è fatta di convenienze personali. Ecco che spunta il mio romanticismo. La politica è fatta di idealità, di intenzioni culturali, di agganci a determinati valori. E in una fase storica quale quella che stiamo vivendo e che sembra oramai davvero interminabile, è certamente più difficile restare che andare via. Poiché a me piacciono le cose difficili, preferisco continuare a fare quello che ho fatto finora”.
Si definisce un politico?
“Molti dicono che non sono un politico perché intendono la politica come lo strumento grazie al quale fare le cose che non si potrebbero fare. E’ chiaro che se qualcuno mi chiede delle forzature, dico di no. In questo caso, non sono più un politico. Credo che sia questo il modo per recuperare il rapporto tra cittadini ed istituzioni”.

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